Indro Montanelli e Mario Cervi: differenze tra le versioni

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====Citazioni====
*L'[[Secessione dell'Aventino|Aventino]] avvertì, con irrimediabile ritardo, l'umore di buona parte del paese: e capì che [[Benito Mussolini|Mussolini]] non si era abbandonato immediatamente, dopo l'arresto di Zaniboni e Capello, a spettacolari misure repressive – rifiutò per il momento il ripristino della pena di morte che gli veniva richiesto a gran voce da molti – proprio per consentire che il processo di fascistizzazione morbida si svolgesse senza sussulti. Evirati i grandi giornali di opposizione, vessati i quotidiani di partito (alcuni, come ''La Rivoluzione liberale'' e ''Il Popolo'', erano stati costretti a chiudere), l'Aventino poteva riacquistare una voce solo tornando in aula. I comunisti l'avevano capito quasi immediatamente, ed infatti si erano ripresentati alle sedute. In altri gruppi la tendenza al ritorno acquistava forza crescente. Ma a questo punto, reso forte, nella sua intransigenza, dal complotto Zaniboni, politicamente provvidenziale, Mussolini era risoluto a sbarrare loro il passo. Gli aventiniani non avrebbero potuto rovesciare i rapporti di forza in un Parlamento dove la maggioranza governativa era solida. Ma le loro critiche e le loro polemiche sarebbero state fastidiose.
*L'iniziativa di [[Patto di Locarno|Locarno]] era stata vista con sospetto da Mussolini, soprattutto per una ragione: essa «raddoppiava» la difesa della [[Francia]], ma lasciava senza garanzie la frontiera del Brennero. Per poter vantare una paràparità internazionale con l'[[Inghilterra]], l'altra garante, e anche per non restare isolato, Mussolini si rassegnò a firmare. Ma non perse più occasione di dichiarare che lo spirito di Locarno si andava «decolorando», che le illusioni da esso suscitate erano mal riposte, e che la corsa agli armamenti non ne era stata minimamente frenata: il che era vero. (cap. 7, p. 135)
*Per sottoscrivere il 16 ottobre 1925 il trattato, Mussolini tornò, da Capo del governo, in Svizzera. A questo suo viaggio oltre frontiera non ne seguirono altri per 12 anni. Forse un incidente con i giornalisti contribuì all'avversione di Mussolini per gli ambienti esteri nei quali non fosse protetto – come sarebbe accaduto in Germania dopo l'avvento di Hitler – dallo scudo di una propaganda amica, e nei quali non gli venisse garantita una Tasserella, tappezzata di applausi ed elogi. Duecento corrispondenti incaricati di seguire i lavori della conferenza si erano impegnati a boicottare un'eventuale conferenza stampa del Duce che, informatone, affronto nel salone del Palace Hotel l'inviato del ''Daily Herald'', George Slocombe, portavoce dei corrispondenti esteri. «Ebbene, va sempre avanti il comunismo?» domandò Mussolini, corrucciato, a Slocombe. «Non saprei dirvelo, non sono comunista» fu la risposta. «Bene, allora mi sbaglio» borbottò Mussolini allontanandosi. Al che George Nyples, un olandese, gli lanciò alle spalle un «già, a lei capita spesso».
*I frutti di Locarno furono effimeri, anche perché in [[Germania]], eletto il vecchio maresciallo [[Paul von Hindenburg|Hindenburg]] alla presidenza della Repubblica, già si profilava il revanscismo; e la Francia reagiva alla minaccia riarmandosi. Contro la Francia si accaniva di pie la stampa fascista: e alla Francia Mussolini presentava, con arroganza verbale, un «cahier de doléances» che andava dalla spartizione ingiusta dei mandati coloniali allo statuto degl'italiani di Tunisi, da una pie favorevole sistemazione dei confini meridionali della Tripolitania alla mano libera nei Balcani, e alla situazione dei fuorusciti antifascisti. Proprio nei Balcani, in quello scorcio di anni, l'Italia raggiungeva, con re Zog di [[Albania]], un accordo che inseriva saldamente il piccolo Stato nell'orbita italiana, stabilendo un rapporto di alleanza e protezione che il [[Renzo De Felice|De Felice]] ha paragonato a quello tra l'Inghilterra e il [[Portogallo]] e che impensieriva, naturalmente, la Jugoslavia. (cap. 7, p. 136)