Indro Montanelli e Mario Cervi: differenze tra le versioni

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*Di gran lunga più risonante e sentimentalmente dolorosa, tra le due, la seconda tragedia. Cinque anni dopo il suo ritorno «sui colli fatali di Roma», l'Impero fascista già veniva relegato tra i fascicoli d'archivio della storia. Tuttavia questa mutilazione, a guerra ancora aperta ad ogni esito – almeno così credevano [[Adolf Hitler|Hitler]] e [[Benito Mussolini|Mussolini]], e con loro molti tedeschi e italiani – poteva essere temporanea, una pagina triste e isolata. Ma la nuova catastrofe in mare denunciò, una volta ancora, le condizioni di inferiorità in cui si batteva la Marina italiana, sprovvista di portaerei e pertanto di una adeguata capacità di osservazione delle forze nemiche e di protezione, dal cielo, delle proprie; e inoltre priva del ''radar''.
*Prima che l'Armir fosse distrutta, Mussolini pronunciò il 2 dicembre 1942, alla Camera dei fasci e delle corporazioni, l'ultimo importante discorso politico fino alla caduta: qualcuno lo definì il suo «canto del cigno». Buona parte di esso ebbe il significato di una risposta a Churchill che aveva pronunciato la famosa frase: «Un uomo, e un uomo soltanto, ha portato il popolo italiano a questo punto». In tono insieme autodifensivo e aggressivo, Mussolini disse che «questa è una guerra che io proclamo sacrosanta e dalla quale non potevamo in nessun modo esimerci». Fu vago circa gli obbiettivi territoriali e politici che «hanno perduto alquanto della loro importanza» perché «oggi sono in giuoco valori eterni, è in giuoco l'essere e il non essere». Ma il discorso fu rivelatore là dove disse agli italiani quale fosse già l'entità delle distruzioni che i bombardamenti avevano causato nelle città del nord, e quale il costo della guerra in morti e prigionieri. 2.414 case colpite a Milano, 3.230 a Torino, 1.020 a Savona, 6.121 a Genova, 1.986 morti e 3.332 feriti sotto le macerie. «Bisogna sfollare le città – ammonì il Duce – bisogna organizzare lo sfollamento definitivo o semidefmitivo.» Annuncio che, a due anni e mezzo di distanza dall'intervento italiano, suonava come una confessione clamorosa di imprevidenza. Mussolini rivelò inoltre che si erano contati tra le Forze Armate 40 mila morti, 37 mila dispersi (da considerarsi morti) 232 mila prigionieri. Un dato di raffronto era umiliante. In mano italiana erano 40 mila prigionieri dell'armata britannica dell'Africa Settentrionale.
*[...] il piano {{NDR|per l'invasione della Sicilia, in codice operazione ''Husky''}} non convinse tutti, in particolare non convinse [[Bernard Law Montgomery|Montgomery]] che puntava sistematicamente su una preponderanza enorme di forze in un settore determinato (non per nulla veniva chiamato «il Generale quindici a uno»). Ed Eisenhower, Comandante in capo e mediatore, doveva convivere sia con Alexander sia con Montgomery, uomini con caratteri opposti: l'uno distaccato e snob, l'altro spigoloso, testardo, presuntuoso. (cap. 13, 2005, p. 220)
*Nella notte tra il 9 e il 10 luglio l'armata anglo-americana, con i suoi 2.800 tra navi e mezzi da sbarco, i suoi 150 mila uomini, i suoi 600 carri armati, i suoi 1.000 cannoni, si presentò davanti alle coste siciliane. Eisenhower capeggiava, tra Algeria, Tunisia e [[Libia]], forze equivalenti a 35 divisioni: ne utilizzò 7. Un lancio di 3.400 paracadutisti ebbe esito quasi fallimentare perché il forte vento disperse quella truppa, insufficientemente addestrata, su un territorio molto vasto. Ma le segnalazioni sulla presenza di soldati nemici, provenienti da settori diversi e lontani, determinarono un panico ingiustificato, fin dal primo momento, in comandi e capisaldi italiani che soffrivano di una cronica insufficienza di collegamenti. Per il resto l'attacco fu un completo successo, anche se le acque agitate del canale di Sicilia avevano messo in qualche difficoltà i natanti. (cap. 13, 2005, p. 221)
*Del complotto militare {{NDR|contro Mussolini}} erano depositari soprattutto due uomini, [[Vittorio Ambrosio|Ambrosio]] e il suo ufficiale addetto generale [[Giuseppe Castellano|Castellano]]. Le loro personalità si integravano. Castellano, cinquantenne, era il più giovane generale dell'esercito. Siciliano di riflessi rapidi e di scilinguagnolo sciolto, mondano, i capelli accuratamente impomatati a coprire la incipiente calvizie, svelto nell'intrigo, era l'antitesi umana del suo capo. L'«ideologia» di Ambrosio, che non pativa pruriti democratici, si fondava su due dogmi: la totale fedeltà alla monarchia e l'avversione per i tedeschi. (cap. 14, 2005, p. 230)