Robert Louis Stevenson: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Indicedx. Purtroppo è stato necessario sacrificare un'immagine
amplio
Riga 368:
*La docile e ampia presenza del principe Florizel di Boemia, quel misterioso monarca poco avvezzo a governare, è trattata con una specie di vasta e vaga riserva diplomatica, simile all'incubo confuso di un vecchio cortigiano cosmopolita. Il principe stesso sembra aver palazzi in ogni Paese; tuttavia l'ironico lettore sospetta, con metà del suo cervello, che egli non sia niente di più di un tabaccaio presuntuoso, che Stevenson poteva aver incontrato in Rupert Street e aveva scelto per farne l'eroe di una barzelletta. Questa doppia impressione, come quella del vero sognatore, viene suggerita con abilità straordinaria senza che la leggerezza del racconto sia mai aggravata dal peso del dubbio. L'ironia che nasce dalla colossale condiscendenza di Florizel non crea soltanto un personaggio nuovo, ma anche un nuovo tipo di personaggio. Si trova a metà fra realtà e irrealtà: è una specie di solida impossibilità. ([[Gilbert Keith Chesterton]])
*Lo Stevenson, con la sua ariostesca ironia e squisitezza d'arte, fu tra i primi ad avviare cotesta forma {{NDR|il romanzo poliziesco}} verso un destino superiore; allorché nel ''Club dei Suicidi'' e nel ''Diamante del Rajah'' inventò quel sorprendente ''deus ex machina'' ch'è Florizel principe di Boemia, arbitro metafisico tra la virtù e il vizio. ([[Emilio Cecchi]])
 
===''Il padiglione sulle dune''===
====[[Incipit]]====
Ero un tipo solitario, da giovane. Ero orgoglioso di starmene per conto mio e passare il tempo da solo, e posso dire di non aver avuto né amici né conoscenti finché non incontrai quell'amica che diventò la mia compagna e la madre dei miei figli. Con un uomo soltanto ero in confidenza, con il signor R. Northmour, di Graden Easter in Scozia. Ci eravamo incontrati al college, e, anche se non ci piacevamo troppo né eravamo in grande intimità, avevamo un carattere tanto simile da riuscire a stare insieme molto facilmente. Misantropi: questo eravamo convinti di essere, ma in seguito sono giunto alla conclusione che eravamo solo dei ragazzi selvatici. La nostra non era amicizia, ma una coesistenza fra disadattati. Il carattere straordinariamente violento di Northmour gli rendeva difficile vivere in pace con chiunque a parte me, e dato che lui rispettava il mio silenzio e mi lasciava andare e venire quando mi pareva, io potevo sopportare la sua presenza senza fastidio. Penso che ci definissimo amici.<ref>Robert Louis Stevenson, ''Il padiglione sulle dune'', traduzione di Giorgio Van Straten, L'Unità, Roma, 1997.</ref>
 
====Citazioni su ''Il padiglione sulle dune''====
*Mentre questo racconto gli sgorgava dalla penna, molti ambiziosi progetti e fantasie non ancora sedimentate dovevano far ressa nella mente dello Stevenson. Non inseguiva il disegno di una trama ordinata o, almeno, perfettamente definita: le sue inesplicite contraddizioni si riflettono sopra tutta una vicenda che giustappone temi diversi, sottili intarsi psicologici e spunti tipici della narrativa d'azione. Questi, bisogna aggiungere, fanno centro attorno alla sentita figura del protagonista, che finisce così col portare il peso di tutta la storia. ([[Antonio Debenedetti]])
*''The Pavilion on the Links'' è un grande gioco a nascondersi giocato da adulti: si nascondono e si spiano tra loro i due amici, e il loro gioco ha per posta la donna; e si nascondono e si spiano i due amici e la donna da una parte e i misteriosi nemici dall'altra, in un gioco che ha per posta la vita d'un quarto personaggio che non ha altro ruolo che quello di nascondersi, in un paesaggio che pare fatto apposta per nascondersi e spiarsi. ([[Italo Calvino]])
 
{{Int|''Il sire della porta di Malétroit''|in Robert Louis Stevenson, ''Il diamante del Rajà e altri racconti''.|h=3}}
Line 392 ⟶ 400:
«Un povero vecchio barbogio...» esclamò fra sé {{NDR|Villon}}. «Forse, chissà, le sue tazze valevano meglio di lui!»
 
===[[Incipit]] de ''La Provvidenza e la chitarra''===
===''Il padiglione sulle dune''===
Monsieur Léon Berthelini aveva gran cura del suo aspetto, e diligentemente accordava il suo contegno al costume dell'ora. Affettava un che di spagnolo nell'aria che si dava, e qualche cosa del bandito, con un tantino d'un Rembrandt domestico. Di persona era decisamente piccolo e incline alla pinguedine; il suo volto era il ritratto del buon umore; i suoi occhi scuri, che erano molto espressivi, rivelavano un cuor gentile, una natura attiva, allegra, e lo spirito più infaticabile. Se avesse portato i vestiti del suo tempo lo avreste classificato come un ibrido finora ancor da scoprire tra il barbiere, il padron di locanda, e l'affabile farmacista. Ma nell'eccessivo ornamento della giubba di velluto e del cappello dalle tese abbassate, dei pantaloni che meglio si sarebbero detti a maglia, del fazzoletto bianco annodato alla brava intorno al collo, a un ciuffo di riccioli olimpici che portava sulla fronte, ai piedi calzati con qualsiasi tempo con le più sottili scarpe alla Molière, bastava guardarlo per sapere d'essere alla presenza d'una Grande Creatura. Quando portava il soprabito, non si degnava d'infilare le maniche; un solo bottone lo teneva aderente alle spalle; era buttato all'indietro a mo' di mantello, ed era portato coll'andatura e il portamento d'un Almaviva. La mia opinione è che Monsieur Berthelini s'avvicinasse ai quaranta. Ma aveva il cuore d'un ragazzo, si beava dei suoi bei vestiti, e camminava nella vita come un bambino che reciti di continuo. Se non era un Almaviva, dopo tutto, non era certo perché non fingeva di esserlo. E fruiva del compenso dell'artista. Se non era veramente un Almaviva, a volte era felice come se lo fosse.<ref name=raccontiefavole>In Robert Louis Stevenson, ''Racconti e favole'', cit.</ref>
====[[Incipit]]====
Ero un tipo solitario, da giovane. Ero orgoglioso di starmene per conto mio e passare il tempo da solo, e posso dire di non aver avuto né amici né conoscenti finché non incontrai quell'amica che diventò la mia compagna e la madre dei miei figli. Con un uomo soltanto ero in confidenza, con il signor R. Northmour, di Graden Easter in Scozia. Ci eravamo incontrati al college, e, anche se non ci piacevamo troppo né eravamo in grande intimità, avevamo un carattere tanto simile da riuscire a stare insieme molto facilmente. Misantropi: questo eravamo convinti di essere, ma in seguito sono giunto alla conclusione che eravamo solo dei ragazzi selvatici. La nostra non era amicizia, ma una coesistenza fra disadattati. Il carattere straordinariamente violento di Northmour gli rendeva difficile vivere in pace con chiunque a parte me, e dato che lui rispettava il mio silenzio e mi lasciava andare e venire quando mi pareva, io potevo sopportare la sua presenza senza fastidio. Penso che ci definissimo amici.<ref>Robert Louis Stevenson, ''Il padiglione sulle dune'', traduzione di Giorgio Van Straten, L'Unità, Roma, 1997.</ref>
 
====Citazioni su ''Il padiglione sulle dune''====
*Mentre questo racconto gli sgorgava dalla penna, molti ambiziosi progetti e fantasie non ancora sedimentate dovevano far ressa nella mente dello Stevenson. Non inseguiva il disegno di una trama ordinata o, almeno, perfettamente definita: le sue inesplicite contraddizioni si riflettono sopra tutta una vicenda che giustappone temi diversi, sottili intarsi psicologici e spunti tipici della narrativa d'azione. Questi, bisogna aggiungere, fanno centro attorno alla sentita figura del protagonista, che finisce così col portare il peso di tutta la storia. ([[Antonio Debenedetti]])
*''The Pavilion on the Links'' è un grande gioco a nascondersi giocato da adulti: si nascondono e si spiano tra loro i due amici, e il loro gioco ha per posta la donna; e si nascondono e si spiano i due amici e la donna da una parte e i misteriosi nemici dall'altra, in un gioco che ha per posta la vita d'un quarto personaggio che non ha altro ruolo che quello di nascondersi, in un paesaggio che pare fatto apposta per nascondersi e spiarsi. ([[Italo Calvino]])
 
==''Lettere''==
Line 412 ⟶ 415:
{{Int|''Markheim''|in Robert Louis Stevenson, ''Racconti e favole''.|h=2}}
===[[Incipit]]===
«Sì,» disse il mercante, «abbiamo dei guadagni inaspettati di varie specie. Certi clienti sono ignoranti, e allora riscuoto un dividendo per la mia scienza maggiore della loro. E certuni son disonesti,» e qui alzò la candela, in modo da far cadere la luce direttamente sul suo visitatore, «e in questo caso,» continuò, «metto a profitto la mia virtù.»
 
===Citazioni===
Line 453 ⟶ 456:
[[Immagine:On the Island of Earraid (N.C. Wyeth).jpg|thumb|''On the Island of Earraid'' (N.C. Wyeth, 1913)]]
===[[Incipit]]===
====Originale====
Inizierò la storia delle mie avventure da una certa mattina, al principio di giugno, nell'anno di grazia 1751, quando, per l'ultima volta, tolsi la chiave dall'uscio della casa di mio padre. Il sole cominciava a brillare sulla cima delle colline, mentre scendevo per la strada e, quando giunsi al presbiterio, i merli cantavano tra i cespugli di serenella dei giardini, e la nebbia, che all'alba indugiava nella vallata, cominciava a dissolversi.<!-- p. 13 -->
''I will begin the story of my adventures with a certain morning early in the month of June, the year of grace 1751, when I took the key for the last time out of the door of my father's house. The sun began to shine upon the summit of the hills as I went down the road; and by the time I had come as far as the manse, the blackbirds were whistling in the garden lilacs, and the mist that hung around the valley in the time of the dawn was beginning to arise and die away.''
 
====Alberto Mario Ciriello====
{{NDR|Traduzione di Pietro Gadda Conti}}
Un mattino di giugno, l'anno di grazia 1751, di buon'ora, trassi, per l'ultima volta, la chiave dalla porta della casa paterna, e da quel momento ebbero inizio le mie avventure. Il sole splendeva già sopra le colline, mentre io me ne discendevo lungo la strada ed ero quasi arrivato alla casa del pastore, quando i merli presero a fischiare tra le serenelle dei giardini, e la nebbia, che prima, al sorgere dell'alba, indugiava giù nella vallata, cominciò ad alzarsi e a dissolversi.
 
{{NDR|Traduzione di ====Pietro Gadda Conti}}====
Inizierò la storia delle mie avventure da una certa mattina, al principio di giugno, nell'anno di grazia 1751, quando, per l'ultima volta, tolsi la chiave dall'uscio della casa di mio padre. Il sole cominciava a brillare sulla cima delle colline, mentre scendevo per la strada e, quando giunsi al presbiterio, i merli cantavano tra i cespugli di serenella dei giardini, e la nebbia, che all'alba indugiava nella vallata, cominciava a dissolversi.<!-- p. 13 -->
 
===Citazioni===
Line 462 ⟶ 470:
*Gente rude, come sono per la maggior parte i [[marinai]], uomini racimolati con ogni mezzo, condannati ad essere sbattuti sul mare tempestoso, sotto la sferza d'un padrone crudele. (David; VII; 2003)
:Erano una rozza combriccola davvero, come i marinai per lo più sono: essendo uomini privati alla radice di tutte le gentilezze della vita, e condannati ad accozzarsi sui mari agitati, con padroni per niente meno crudeli.
::''They were a rough lot indeed, as sailors mostly are: being men rooted out of all the kindly parts of life, and condemned to toss together on the rough seas, with masters no less cruel.''<ref>Robert Louis Stevenson, ''Kidnapped'', Cassell and Company, London, Paris & Melbourne, 1895.</ref>
*«Allora?» disse il gentiluomo dalla bella giacca. «È anche lei del partito degli onesti?» intendendo domandare se il capitano fosse un giacobita perché ogni partito, in tempi rivoluzionari, si arroga l'emblema dell'onestà. (IX; 2012, p. 76)
*''Il canto è questo della spada d'Alan: | il fabbro la forgiò con rosso fuoco | e or risplende nella mano d'Alan. || Molti eran gli occhi scintillanti intorno | dei nemici all'assalto: ma la spada | sola splendeva nella mano d'Alan. || Corsero i daini sopra i verdi colli, | sciamando a schiere. Ora solitario è il colle; | svaniscon quelli e solo il colle sta. || Venite a me dai colli di brughiera, | venite a me dall'isole del mare: | il vostro pasto è pronto, aquile nere!'' {{NDR|[[Canzoni dai libri|canzone]]}} (X; 2012, p. 91)
Line 684 ⟶ 692:
 
===''Olalla''===
«Adesso» disse il dottore «la mia parte è fatta e posso dire, con una certa vanità, fatta bene. Non vi rimane che andarvene da questa città fredda e velenosa, e concedervi due mesi d'aria pura e di coscienza tranquilla. Quest'ultima, è affar vostro. Per la prima, credo di potervi aiutare. È un caso piuttosto strano; proprio l'altro giorno il Padre è tornato dalla campagna, e poiché siamo vecchi amici, sebbene le altre professioni siano l'una il contrario dell'altra, si è rivolto a me per certi suoi parrocchiani, che si trovano in angustie. Si tratta di una famiglia... ma voi non conoscete la Spagna, e conoscete appena gli stessi nomi dei nostri nobili; e allora, basti ch'io vi dica che una volta erano gente d'importanza, e ora sono sull'orlo della miseria. Non possiedono più che una ''residencia'', e certe leghe di montagne deserte, nella maggior parte delle quali nemmeno una capra potrebbe trovar di che vivere. Ma la casa è bella e antica, ed è molto in alto sulle montagne, in luogo assai salubre; e non appena sentii le parole del mio amico, mi ricordai di voi. Gli dissi che avevo un ufficiale ferito, ferito per la buona causa, che adesso era in grado di muoversi; e gli proposi che i suoi amici vi prendessero come pensionante. Subito il viso del Padre si fece scuro, come avevo maliziosamente previsto. Non c'era neppure da pensarci, disse. "E allora, che muoiano di fame" dissi io "perché non ho nessuna simpatia per l'orgoglio degli straccioni." E così ci lasciammo, non molto contenti l'uno dell'altro; ma ieri, con mia meraviglia, il Padre ritornò e riconobbe una cosa; s'era informato, disse, e la difficoltà era minore che non avesse temuto; o, in altre parole, quella gente orgogliosa aveva messo da parte il suo orgoglio. Gli tornai a fare la mia offerta; e, a condizione che approviate, ho preso un appartamento per voi nella ''residencia''. L'aria di quei monti rinnoverà il vostro sangue; e la quiete nella quale vivrete vale tutte le medicine del mondo.»<ref name=raccontiefavole/>
«Adesso» disse il dottore «la mia parte è fatta e posso dire, con una certa vanità, fatta bene. Non vi rimane che andarvene da questa città fredda e velenosa, e concedervi due mesi d'aria pura e di coscienza tranquilla.»<ref name=raccontiefavole>In Robert Louis Stevenson, ''Racconti e favole'', cit.</ref>
 
==Citazioni su Robert Louis Stevenson==
Line 722 ⟶ 730:
*Robert Louis Stevenson, ''Il ragazzo rapito'', traduzione di Alberto Mario Ciriello, Garzanti, 2003. ISBN 8811361737.
*Robert Louis Stevenson, ''Il signore di Ballantrae'', traduzione di Oriana Previtali, Rizzoli, 1989. ISBN 88-17-12199-1.
*Robert Louis Stevenson, ''[https://archive.org/details/kidnappedbeingme04stev Kidnapped]'', Cassell and Company, London, Paris & Melbourne, 1895.
*Robert Louis Stevenson, ''L'isola del tesoro'', traduzione di Richard Ambrosini, Garzanti, 2000.
*Robert Louis Stevenson, ''L'isola del tesoro'', traduzione di Michele Mari, Rizzoli, 2011.