Bernardo Valli: differenze tra le versioni

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*Chi comanda in [[Ungheria]] da più di trent'anni, fino alla vigilia dell'89, è [[János Kádár|Janos Kadar]]: il più riuscito esempio di leader restauratore di un comunismo afflitto dall'incapacità di rendersi tollerabile. La sua carriera politica ha seguito un percorso zigzagante, tra stalinismo e riformismo, scandito da scomuniche e promozioni. Il suo è il classico curriculum vitae di un dirigente dell'Est. All'inizio non ha osteggiato l'insurrezione del'56, ma poi è stato uno dei "normalizzatori". Il pragmatico Kadar ha preso le distanze dal tumultuoso disordine, troppo traboccante di {{sic|sognie}} di passioni, al tempo stesso rivolto contro il comunismo e in favore di un comunismo migliore. E ha finito col chiedere l'intervento sovietico, che comunque ci sarebbe stato. Con lo stesso realismo, arrivato al vertice del partito, ha adottato la politica dell'indulgenza. Non verso la contestazioneo la critica politica; ma verso i piaceri più individuali. L'Ungheria è diventata con lui la meta dei privilegiati degli altri paesi comunisti, attirati dalle vetrine in cui erano esposti, non senza gusto e con insolita abbondanza, tanti prodotti introvabili nelle loro città, dai tessuti di qualità ai cosmetici più raffinati. Non mancavano la buona cucina e la vita notturna con la sua dose di erotismo. L'ideologia dei consumi, accompagnata da un certo {{sic|laissezfaire}} nell'illusoria satira dei cabaret, funzionava da surrogato delle libertà fondamentali chieste durante l'insurrezione del'56 e respinte con la repressione. Con il suo comunismo "al gulash" Kadar raggiunse un consenso passivo invidiabile nelle altre capitali del socialismo reale, alcune delle quali assai più dotate di risorse dell'Ungheria, paese economicamente gracile con una testa enorme e fantasiosa quale era (ed è) la sua capitale.<ref>Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/09/18/ungheria-quel-funerale-che-apri-le-porte.html?ref=search ''Ungheria. Quel funerale che aprì le porte alla democrazia''], ''la Repubblica'', 18 settembre 2009</ref>
*{{NDR|Su [[Mohammad Reza Pahlavi]]}} Un monarca che si richiamava a Ciro il Grande, ossia all’epoca preislamica, e che pensava di essere sotto la tutela della superpotenza americana.<ref name="stradeteheran"/>
*Gli occidentali avevano da tempo voltato le spalle a [[Nicolae Ceaușescu|Ceausescu]], dopo averlo a lungo adulato per assecondare le sua insubordinazione nazionalista nei confronti di Mosca. E nella stessa Unione Sovietica, dopo una burrascosa visita di Gorbaciov a Bucarest, nell'87, si sopportava sempre meno il caparbio, a tratti sprezzante, rifiuto del regime rumeno ad accettare la decisiva svolta del Cremlino, basata sulla perestrojka e la glasnost (la revisione economica e la trasparenza politica). Ceausescu appariva come l'estremo baluardo di un comunismo irriformabile, ancorato a un dittatore, il cui carattere assumeva sempre più aspetti psichiatrici. E il Paese era sull'orlo di un'esplosione.<ref name="cacciammoceausescu">[https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/10/22/cosi-cacciammo-ceausescu-bucarest-il-sangue-dell.html?ref=search '''Così cacciammo Ceausescu'. Bucarest il sangue dell' 89''], ''la Repubblica'', 22 ottobre 2009</ref>
*Alle 14,50 del giorno di Natale, in una caserma a neppure cento chilometri da Bucarest, sono sbrigativamente fucilati Nicolae ed Elena Ceausescu e con loro si spegne il comunismo paranoico, alla cui testa non c'era più da tempo il partito ma la famiglia: la famiglia dei coniugi Ceausescu. La quale, come se cercasse il riscatto di una lunga sinistra megalomania, ha un sussulto di dignità davanti alla morte.<ref name="cacciammoceausescu"/>
*Può darsi che i successori, racimolati di gran fretta dall'esercito per evitare un pericoloso vuoto di potere, siano in realtà dei pretoriani, pronti a difendere nei limiti del possibile gli interessi dell'esule. Ma resta il fatto che il Maghreb ha perduto un dittatore e che gli occidentali (Stati Uniti, Francia, Italia) hanno un alleato "laico" in meno nel mondo musulmano.<ref name="dittatorelaico">Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/01/15/il-dittatore-laico-da-idolo-del.html?ref=search ''Il dittatore laico. Da idolo del ceto medio a tiranno''], ''la Repubblica'', 15 gennaio 2011.</ref>
*La decolonizzazione è stata l'esperienza più importante della mia vita professionale. Era esaltante, per il giovane cronista degli ultimi anni Cinquanta e poi dei Sessanta, veder nascere tanti Paesi africani, sulle coste mediterranee, atlantiche e dell'Oceano Indiano. Dal Congo alla Somalia, dall'Algeria al Madagascar. Come poi fu deprimente assistere alla rapida degradazione di molti di quei Paesi, dove i capi della lotta per l'indipendenza si erano trasformati in tiranni spesso corrotti. Ma la storia recente non cancella quella passata. E nella storia dell'epoca coloniale, sia pur rivisitata e aggiornata con nuove ricerche e più pacate valutazioni, restano la schiavitù, il lavoro forzato, i massacri, la tortura, le umiliazioni... Tanti crimini, insomma, contro l'umanità.<ref name="colonie">Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/12/16/colonie-la-cattiva-coscienza-dell-occidente.html?ref=search ''Colonie. La cattiva coscienza dell'Occidente''], ''la Repubblica'', 16 dicembre 2005.</ref>