Salvatore Silvano Nigro: differenze tra le versioni

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*C'è molta affinità tra lo "studiolo" manierista descritto da [[Galileo]] e la cultura che si respira nella biblioteca di [[Don Ferrante (personaggio)|don Ferrante]] (passata dai quasi cento volumi del ''Fermo e Lucia'' ai quasi trecento dei [[I promessi sposi|Promessi sposi]]). L'aristotelico manzoniano, che si ostinerà a negare l'epidemia di peste (né «sostanza» né «accidente») pur mentre ne moriva «prendendosela con le stelle», melodrammaticamente, e in un aggiornamento del motivo antico del filosofo di proverbiale inettitudine nella vita pratica [...]. (Da ''Parte seconda, Capitolo I, Un falsario della prudenza e della Grazia'', pp. 101-102)
*[[Fra Cristoforo]], evocatore di santini, è un attore nel teatro della fede. Predilige le pose sceniche. Incantatorie. E profetiche, soprattutto; alla Nathan: il profeta che Dio mandò a [[Davide|David]] per annunciargli la punizione. (da ''Parte seconda, Un tirannello in linea retta'', p. 121)
*La dimensione comica salva donna Prassede dalla perdita del nome. Ma non dalla sottile insinuazione del tartufismo. Donna Prassede è personaggio molieriano. Fa professione di devozione. Laddove i «devoti nel cuore» non «[...] veulent point prendre, avec zèle extrême, les intérêts du Ciel plus que'il ne veut lui-même».<ref>Molière, ''Il misantropo'': «con esagerato zelo [non] vogliono fare gli interessi del Cielo più che il Cielo non voglia».</ref> La malignaccia morirà di peste. E «di Donna Prassede, quando si dice ch'era morta, è detto tutto». Non servono addii. (Da ''Parte seconda, Capitolo V, Un tiranno più lto delle somme altezze'', p. 138)
*[[Fra Cristoforo]] si pone in mezzo, tra vessatori e vittime: i primi esorta, riprende e cerca di correggere con drastiche restrizioni morali; agli altri insegna a non «affrontare», a non «provocare» e a farsi «guidare» da lui. Il carattere del frate è di qualità ignea. Il cappuccino ha «indole focosa». Il suo volto è «infocato». Le parole dell'abuso gli fanno «venir le fiamme sul viso». E lo mandano in combustione: «Tutti que' bei proponimenti di prudenza e di pazienza andarono in fumo». (Da ''Parte seconda, Capitolo VI, Il carro del Sole'', pp. 145-146)
*[[Fra Cristoforo]] crede di aiutare i giovani promessi, costretti alla fuga dal borgo, con due lettere di presentazione. Li spedisce in due conventi, a Monza e a Milano. E finisce per consegnarli, sprovveduti, a due sconvolgenti romanzi: [[Lucia Mondella|Lucia]] inciampa nelle trame di sangue della Monaca e dell'[[Innominato|innominato]]; e nell'allegra follia di una «coppia d'alto affare» ([[Don Ferrante (personaggio)|don Ferrante]] e donna Prassede); [[Renzo Tramaglino|Renzo]] si dissipa, tra strade e osterie, nel «''grosse Welt'' della storia»: da Milano a Bergamo, andata-ritorno-andata, via carestia e peste [...]. (Da ''Parte seconda, Capitolo VII, Il sugo della storia'', p. 150)