Salvatore Silvano Nigro: differenze tra le versioni

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*Quel tiranno di [[don Rodrigo]] si era incapricciato di [[Lucia Mondella|Lucia]]. E su di essa aveva fatto scommessa col cugino Attilio, suo «spensierato» complice nelle soverchierie. Cominciano le traversíe dei due operai. (Da ''Parte seconda, Capitolo I, Un falsario della prudenza e della Grazia'', p. 99)
*C'è molta affinità tra lo "studiolo" manierista descritto da [[Galileo]] e la cultura che si respira nella biblioteca di [[Don Ferrante (personaggio)|don Ferrante]] (passata dai quasi cento volumi del ''Fermo e Lucia'' ai quasi trecento dei [[I promessi sposi|Promessi sposi]]). L'aristotelico manzoniano, che si ostinerà a negare l'epidemia di peste (né «sostanza» né «accidente») pur mentre ne moriva «prendendosela con le stelle», melodrammaticamente, e in un aggiornamento del motivo antico del filosofo di proverbiale inettitudine nella vita pratica [...]. (Da ''Parte seconda, Capitolo I, Un falsario della prudenza e della Grazia'', pp. 101-102)
*[[Fra Cristoforo]], evocatore di santini, è un attore nel teatro della fede. Predilige le pose sceniche. Incantatorie. E profetiche, soprattutto; alla Nathan: il profeta che Dio mandò a David per annunciargli la punizione. (da ''Parte seconda, Un tirannello in linea retta'', p. 121)
*[[Fra Cristoforo]] si pone in mezzo, tra vessatori e vittime: i primi esorta, riprende e cerca di correggere con drastiche restrizioni morali; agli altri insegna a non «affrontare», a non «provocare» e a farsi «guidare» da lui. Il carattere del frate è di qualità ignea. Il cappuccino ha «indole focosa». Il suo volto è «infocato». Le parole dell'abuso gli fanno «venir le fiamme sul viso». E lo mandano in combustione: «Tutti que' bei proponimenti di prudenza e di pazienza andarono in fumo». (Da ''Parte seconda, Capitolo VI, Il carro del Sole'', pp. 145-146)
*Felicità. Cos'è la felicità, per [[Renzo Tramaglino]]? Si tenti l'avventura di entrare nel suo romanzo. Non in quello che uno scrittore di nome [[Alessandro Manzoni]] dice di trascrivere e riscrivere. Ma in quello autobiografico che, all'interno del [[I promessi sposi|romanzo manzoniano]], Renzo ama raccontare a se stesso. E agli altri, incontenibile. E, fra essi, all'anonimo romanzatore: suo improvvisato e incontrollabile segretario, nell'occasione. La propensione narrativa di Renzo imbocca dapprima, «nella sua fantasia», la strada di un romanzo precocemente operaio; ma poi l'abbandona, per assecondare un più disponibile e idillico romanzo familiare [...]. (Da ''Parte seconda, Capitolo IX, Tanti romanzi, a conferma'', p. 163)