Gesualdo Bufalino: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Su [[Ramón Gómez de la Serna]]}} Le volte (le parecchie volte) che mi succede di star male e di chiedere a un libro non un ennesimo contagio di complice desolazione ma l'inganno di un'euforia, la mano cerca negli scaffali pagine liete: il grande Feydeau, il grande [[Wodehouse]]... Se danno poco profitto e il sollievo ritarda, la risorsa suprema è tradurre qualcuna fra le innumerevoli (dodici mila? quindici mila?) ''greguerías'' di Ramón Gómez de la Serna. Magro il mio spagnolo, scolastico il vocabolario di cui mi servo, ma bastevoli a fare emergere, parola dopo parola, con lo stesso sfizio che se ne fossi io l'autore, da quei brevi o minimi testi un'acutezza bizzarra, un'analogia strabiliante, uno scatto di elettrico umore, come di fronte a un funambolo che guizzi da un trapezio all'altro, prima di scomparire a rompersi il collo dentro un buco del telone. Poiché questo sono le ''greguerías'': piroette e volteggi mentali, matrimoni morganatici fra creature di sangue diverso, combinati da un mezzano illusionista, dietro i cui passi penetriamo nel più mercuriale degli universi, un luogo ubiquo che è tutti i luoghi e nessuno, e dove fiori, pietre, animali, tavole pitagoriche e abbecedari, meteore e ''wagons-lits'' s'intrecciano con allegria, come in una quadriglia di lancieri o in una tela di [[Mirò]]. Giochi di prestigio adorabilmente datati, che domandano orecchie e occhi bambini.<ref>Da ''Nota''; in Ramón Gómez de la Serna, ''Sghiribizzi'', Bompiani, 1997, p. 5. ISBN 88-452-2967-3</ref>
*Quel libro che ho intitolato ''Museo d'ombre'' che cerca di recuperare dall'abisso della memoria perduta atteggiamenti, gesti, visi, mestieri scomparsi della nostra recente storia, potrebbe essere considerato una sorta di galleria di mimi, di bozzetti lanziani. Vero è che Francesco Lanza è riusciuto a ritagliarsi all'interno della letteratura siciliana un suo piccolo spazio, da petit-maître come dicono i francesi, ed è riuscito altresì a costruirsi come una specie di cellula gnomico-narrativa con venature di comico. All'interno di questa cellula si muove con una maestria e con un'agevolezza straordinarie. È veramente un peccato che in Italia, dove spesso si resuscitano libri che forse meriterebbero di restare cadaveri, non si sia pensato di rileggerlo, come merita di essere letto, come un piccolo classico.<ref name=Bufal>Da ''Un vertice letterario'' di Aldo Scimè, per Rai Teche; video disponibile in ''[http://www.regionesicilia.rai.it/dl/sicilia/video/ContentItem-d8fc6354-0b15-403a-afc8-7e6890a309ad.html Un vertice letterario]'', ''Regionesicilia.rai.it'', 1983.</ref>
*[[Refuso|«Refuso»]] recita il Tommaseo «dicesi della stampa andata a male, onde tutte le lettere sono in confuso». In parole spicce il refuso sarebbe un puro incidente tipografico al quale chi scrive è meglio che si rassegni in anticipo, senza conferirgli nessuno stemma di persecuzione o di sgarro metafisico. Qui sta il mio debole, invece. Nel sospettare in ogni insurrezione dell'alfabeto un complotto contro di me, diretto da un innominato in camice da lavoro, un tizio dalle mezze maniche, comunque si chiami, proto o linotipista: in realtà un nebbioso tiranno che ha preso a malvolermi sin dal principio.<ref>Da ''Cere perse'', Sellerio, Palermo,1985, pp. 33-34.</ref>
*Se tanto ti turba dover abbandonare una vita minuziosamente infelice, vorrà dire che il bilancio ne è stato, contro ogni apparenza, in attivo; e che il semplice respirare e guardare la luce ti compensò d'ogni strazio. Convinciti dunque, finché respiri e guardi, che sei beato e perfetto: un irripetibile dio.<ref name=sordi/>
*Si moriva facilmente a [[Comiso]], allora. Si moriva quando la piena invernale tramutava i declivi delle strade in alvei di fiumi senza freno, che scalzavano talvolta i muri di tufo e se li portavano via. Si moriva d'inedia e di stenti, come durante la carestia del '95, quando la popolazione si ridusse a nutrirsi quasi esclusivamente di carrube.<ref>Dall'introduzione a Gioacchino Iacono, Francesco Meli, ''Comiso ieri. Immagini di vita signorile e rurale'', Sellerio, Palermo, 1978, p 4.</ref>
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*[[Lettura|Leggere]] non servì soltanto da risorsa conoscitiva, utile a esplorare, dal fondo del mio pozzo buio, il più che potessi del lontanissimo cielo: significò soprattutto mangiare, saziare una mia fame degli altri e delle loro vite veridiche o immaginarie: dunque fu, in qualche modo, una pratica cannibalesca. (''Leggere, vizio punito'', p. 25)
*Forse in questo momento in un'aula d'asilo si stanno rifiutando di imparare le aste i futuri incendiari di biblioteche. (''Leggere, vizio punito'', p. 26)
*[[Refuso|«Refuso»]] recita il Tommaseo «dicesi della stampa andata a male, onde tutte le lettere sono in confuso». In parole spicce il refuso sarebbe un puro incidente tipografico al quale chi scrive è meglio che si rassegni in anticipo, senza conferirgli nessuno stemma di persecuzione o di sgarro metafisico. Qui sta il mio debole, invece. Nel sospettare in ogni insurrezione dell'alfabeto un complotto contro di me, diretto da un innominato in camice da lavoro, un tizio dalle mezze maniche, comunque si chiami, proto o linotipista: in realtà un nebbioso tiranno che ha preso a malvolermi sin dal principio.<ref>Da (''CereL'inchiostro persedel diavolo'', Sellerio, Palermo,1985, pp. 33-34.</ref>)
*Un [[libro]] non è soltanto, o non è sempre, un tempio delle idee o un'officina di musica e luce, è anche un luogo oscuro di sfoghi e di rimozioni, dove si combatte un duello senza pietà, con la sola scelta di guarire o morire. (''Ostaggio dello spavento'', p. 95)