Adolfo Venturi (storico dell'arte): differenze tra le versioni

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→‎La pittura del Cinquecento: ampliamento Zuccari
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*{{NDR|Esaminando l'''Adorazione dei Magi'' di [[Andrea Sabatini]] nella chiesa dei Gerolamini di Napoli}} [...], composta con elementare semplicità: Madonna e Bambino sopra un banco di pietra, davanti a una nicchia, San Giuseppe in piedi, con le mani incrociate sul bastone e sulle mani poggiata la testa, i re Magi e un paggio dei re. Qualche eco umbro raffaellesca risuona nelle figure giovanili, ma forse traverso [[Cesare da Sesto]]; e la Vergine e Gesù con i tondi lineamenti ristampano in forme pedestri i moduli di Leonardo, da cui deriva anche il moto istantaneo del bimbo. L'insieme è fiacco, stentato, meschino: le dinoccolate figure dei giovani, mascherette di grazia, la Vergine, sciatta e sonnolenta, contrastano col grottesco San Giuseppe, che nello sforzo d'irrigidirsi e far da pilastro tende una gamba, e guata bieco dall'alto in posa da tiranno da marionette. (vol. IX, parte 5, pp. 711-712)
 
*Nello scenario veneto, in cui persino riappaiono, in angolo a destra, i lastroni marmorei cari a Jacopo Bassano, i personaggi si dispongono lungo le due linee a V frequenti nell'arte veronesiana; ma nel disporle [[Federico Zuccari]] mostra di non aver la minima idea del valore cromatico delle costruzioni sfaccettate di Paolo {{NDR|Veronese}}, e delle conseguenti rifrazioni di colore: egli rimane il manierista romano che mira a un'eleganza di pose compassata e frigida. La sensibilità del giovane, non ancora qui soffocata dalle aride formule, si riflette nella grazia decorativa che viene al quadro da una distribuzione di figure sparsa e {{sic|leggiera}}, culminante nel nodo serico della Vergine e degli angeli. Il bimbo, minuscolo gingillo, dà l'ultimo tocco a questo singolare esempio manieristico di eleganza languente e preziosa. Anche il colore, nelle sue note basse e fioche, ci presenta in questo esordio di Federico Zuccari un'opera studiata, fredda, ma gentile, aliena da pretensioni spirituali e formali, e come timida in quel tentativo incerto e commovente di conciliare il mondo d'arte da cui è uscita e il nuovo raggiante in Venezia. (vol. IX, parte 5, pp. 872)
 
*Il pittore ufficiale {{NDR|[[Agnolo Bronzino]], al servizio di Cosimo I de' Medici}} mise in opera tutto il suo talento, tutte le finezze delle sue figurate costruzioni, tutti i fregi, i ricami, i merletti, i tessuti più belli a gloria della corte medicea. Uscito di corte, non parve più così lustro e superbo; lasciò scorgere le sue convenzioni nei quadri chiesastici freddi e grevi. L'artificio s'impadronì dei corpi e della natura circostante, vi sparse l'acqua colata dalla ghiacciaia del Concilio di Trento e della Controriforma. (vol. IX, parte 6, pp. 69-70)