Ingo Schulze: differenze tra le versioni

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*Ci sono naturalmente città più rumorose, più profumate, più puzzolenti, più anguste, più veloci, più grandi, più imprevedibili – [[Calcutta]], San'a, [[Il Cairo]], [[Tokyo]]. Posso amarle oppure odiarle, ma sono città straniere. Napoli invece è come il tipo strambo in famiglia che turba molto più di un pazzo incontrato alla stazione, Napoli è la bella zia o la bella nipote che confonde i pensieri più di qualunque ragazza pinup.<ref>Da ''Arance e angeli. {{small|Bozzetti italiani}}'', con fotografie di Matthias Hoch, traduzione di Stefano Zangrando, Feltrinelli, Milano, 2011, [https://books.google.it/books?id=39YUqAs3yW0C&lpg=PA1&dq=&pg=PA121#v=onepage&q=pin&f=false p. 121]''. ISBN 978-88-07-01853-4</ref>
*[[Napoli]] è per me un insieme di densità e ampiezza dello sguardo. Il contatto è subito fisico, lo spazio è limitato e denso: rumori, profumi, cattivi odori, tutto è immanente, la storia qui non è lingua morta. E poi la vista del mare e del golfo, che si apre improvvisa e sembra racchiudere l'intera cultura di cui siamo fatti, da Ulisse e Virgilio fino ai giorni nostri. Mi sembra che Napoli possieda una sua intensità in tutte le sue espressioni, nel bene come nel male.<ref>Dall'intervista di Valentina Di Rosa, ''[https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/arte_e_cultura/2013/8-maggio-2013/ingo-schulze-narro-conflitti-sud-2121035765302.shtml Ingo Schulze: narro i conflitti del Sud.]'', ''corrieredelmezzogiorno.corriere.it'', 8 maggio 2013.</ref>
*Napoli è una città che sperpera la propria bellezza, non solo a causa della criminalità e del degrado. Qui le chiese più sontuose ti si parano davanti all'improvviso, tanto che quasi non riesci a vederne la facciata, per non dire a ricavarne una visuale d'insieme. Il vero sfarzo si rivela spesso solo nei cortili interni. In {{sic|nessun' altro}} luogo l'aria è tanto satura di odori, che passo dopo passo si trasformano. Si viene squadrati, toccati, spintonati, non vi è mai tregua. Lo scoppiettio dei motorini costringe a guardarsi continuamente le spalle. Ma questa densità nulla sarebbe senza la corrispettiva vastità. A volte basta salire qualche gradino o cambiare lato della strada o anche solo voltarsi, e già ti coglie la vertigine alla ''vista del mare'' [...].<ref>Da ''Arance e angeli. {{small|Bozzetti italiani}}'', p. 120.</ref>
 
==Note==