Maurizio Abbatino: differenze tra le versioni

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*{{ndr|Riguardo al suo arresto}} Nella mano sinistra avevo un sacchetto pieno di frutta appena acquistato al mercato. Carolina, la mia compagna venezuelana, era in casa. Non ci furono domande. Mi circondarono senza darmi il tempo di estrarre dalla cinta la pistola. [...] Rimasi per cinque giorni in una cella della questura centrale, guardato a vista. So che l'arma che mi sequestrarono al momento dell'arresto fu restituita alla mia compagna. Senza l'accusa di porto abusivo d'armi, per loro sarebbe stato più facile ottenere l'estradizione. Un giorno si presentò in carcere l'avvocato Luigi Mele e mi riferì che [[Enzo Mastropietro]], [[Giovanni Piconi]] e [[Renzo Danesi]] avevano messo a disposizione il denaro per far fronte alle spese legali. Mi chiese se era mia intenzione tornare in Italia o se, in alternativa, preferissi restare in Venezuela o essere estradato in altro paese, tipo il Messico. Mi fece anche capire che l'interessamento degli amici era dovuto al fatto che girava voce che io stessi collaborando. Non ci pensavo neanche ... volevo solo scappare. Uno strano piano di fuga mi fu proposto da un detenuto spagnolo quando ero nel carcere La Planta di Caracas. Mi avvicinò e mi disse di un tunnel scavato tempo prima, ancora intatto. Che da lì si poteva scappare con la complicità di una guardia. Sapevo chi ero. E questo mi mise in allarme. Come la sua decisione di non evadere con me. Il piano non mi convinse. Giorni dopo fui trasferito.
 
*{{ndr|Su Massimo Carminati}} Cacciarmi fuori dal programma è stato un messaggio agli imputati di quel processo. Hanno fermato chi voleva collaborare. E' stata una sorta di invito a tacere, rivolto forse anche allo stesso Carminati. lui non avrà l'associazione mafiosa, e la farà franca anche con Mafia Capitale. Sconterà gli anni concordati. Pochi. Ha negato i suoi rapporti con noi della Magliana, "quelli che spacciavano droga" ci ha definito. Lui invece è più onesto: ha fatto i soldi con gli immigrati. C'era anche lui nel tentato omicidio Parente-Marchesi .<ref>La sera del 19 settembre [[1980]], Maurizio Abbatino, [[Paolo Frau]], [[Edoardo Toscano]] e [[Marcello Colafigli]], appostati davanti ad una villa tra Ostia e Castelfusano abitualmente frequentata da Enrico Proietti detto ''er Cane'' fecero fuoco contro una macchina a bordo della quale c'erano Pierluigi Parente, avvocato ventottenne e figlio di un industriale, e la sua fidanzata Nicoletta Marchesi, completamente estranei al clan Proietti. Il ragazzo fece in tempo a darsi alla fuga, mentre la sua fidanzata rimase gravemente ferita. Il pentito Abbatino farà anche il nome di Carminati come membro del commando di quella sera; il ''nero'' però durante un confronto in aula smentirà di essere stato presente poiché sarebbe stato ricoverato all'[[Policlinico militare Celio|Ospedale militare Celio]].</ref> Era in macchina con me. Eppure è stato assolto, con un alibi tirato fuori a distanza di anni grazie alle amicizie che avevamo all'[[Policlinico militare Celio|ospedale militare del Celio]]. Da quando è stato imputato nel processo per l'omicidio Pecorelli, Carminati è sempre stato tutelato. Qualche scemo sarebbe disposto ad uccidermi solo per prestigio criminale. Massimo Carminati, ma non solo lui [mi vuole morto, ndr]. Nel corso del tempo ho ricevuto molti segnali. Carminati sicuramente è uno di quelli, poi ci sono gli apparati deviati. Era freddo, lucido. Il più freddo e lucido di noi. E quello con più potere di attrazione. A ogni assoluzione il potere di Carminati è cresciuto. Ha avuto la fortuna di godere di protezioni dall'alto e di essere imputato nell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli insieme a Giulio Andreotti. Non ero più protetto. E poi avevano ammazzato mio fratello, lo avrebbero fatto anche con me. Lo faranno, visto che lo Stato mi ha lasciato senza protezione. E le parla uno che ha un senso di rispetto per la giustizia. Ho collaborato proprio perché non avvenisse più niente di tutto quello che fu. Roma era il Far West. A un certo punto [nella collaborazione, ndr] mi sono fermato fino al punto in cui avevo le prove. Oltre non sono andato. Non potevo. Ma la storia della banda della Magliana è molto più complessa. E c'entra molto di più con la P2 rispetto a quanto è emerso. Lei tenga conto che ogni tanto il generale Santovito, l'ex capo del Sismi, mi faceva arrivare i saluti. Io non l'avevo neanche mai conosciuto. A un certo punto non so se per la nostra capacità di uccidere e il controllo del territorio, ma eravamo rispettati dai poteri deviati e da una certa politica, allora molto influente. E se Mafia Capitale, come è stata ribattezzata, è emersa quando ormai tutti sapevano e non potevano fare a meno che esplodesse lo scandalo, qualcuno li aveva coperti. Carminati sapeva benissimo che lo avrebbero arrestato.<ref>[https://www.ilgiornale.it/news/cronache/carminati-ci-vuole-morti-noi-potremmo-aiutare-i-servizi-cont-1207447.html "Carminati ci vuole morto" ] </ref> L'avvocato di Carminati ha messo in discussione le mie dichiarazioni e quelle di altri collaboratori parlando di "pentiti coccolati dalla procura". In realtà Carminati non mi ha mai querelato perché sa bene che ho detto la verità. Il Cecato ha svuotato cassette di sicurezza di magistrati e avvocati: io ho fatto la scelta di collaborare, lui quella di ricattare. Chi di noi è il più infame? Non è solo per quello che ho detto che sono un bersaglio. Ma per tutte le cose che so e che non ho raccontato perché impossibili da dimostrare. Carminati l'ha sempre fatta franca e anche questa volta finirà che lo grazieranno e sconterà solo qualche anno. Ha negato i suoi rapporti con noi della Magliana, ci ha chiamato "quelli che spacciavano droga".
 
==Note==