Fernanda Pivano: differenze tra le versioni

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*Molti passaggi dei suoi Diari raccontano quello che ha fatto e dove, e come e quando, nei minimi dettagli. Ma non dicono con chi. Scrive: ''Qualcuno mi portava al Parco Nazionale… Qualcuno mi faceva un film...'' Questi racconti alla [[Eugène Ionesco|Ionesco]] sono la sua fiction. Una fiction che crea ''desaparecidos'', direbbe la [[Oriana Fallaci|Fallaci]]. Eppure in questa fiction Fernanda è sincera. La sua integrità (il valore di cui andava fiera) coesisteva con la dissociazione. Come figlia di Riccardo Pivano, lei non era integrale. Ogni tanto disintegrava ma era integra.
*Nanda mi aiutava a un livello e io la aiutavo a un altro. Aiutante e aiutabile! È il massimo perché quello che tutti noi vorremmo dai nostri genitori non è solo ricevere ma anche dare qualcosa che li faccia felici. Se hai una madre ferita la cosa che più desideri al mondo è di restituirle il sorriso. Tutto questo era un sintomo o una terapia? Forse entrambe le cose
*Nei Diari pubblicati da Bompani l’anno della sua morte, a novanta anni, scrive 'La farsa Roma-Barcellona' per dire che lei veniva a Roma giusto come risposta a Sottsass che andava dalla ragazza in Spagna. Solo che la storia di Sottsass durò pochi mesi mentre la nostra durò 30 anni. Quindi, più che un vaudeville di Feydeau, fu una serie di Netflix. In tre decenni, anzi quattro perché mi arrivarono lettere di Fernanda anche dopo la ''damnatio memoriae'' che fece di noi due, nei Diari. La sua, fu una vera scomparsa. ''La mia Nanda si negò''. Lo so che sembra il titolo di una romanza di Verdi ma il mio trauma è durato tre anni. Uno per decennio
*Nei tre giorni in onore del gemellaggio [[Luigi Pirandello]]-[[Jacob Levi Moreno]] che ebbero luogo al teatro Flaiano di Roma nel marzo del 1983 [...] Fernanda Pivano, come americanista, e Alessandro Fersen consegnarono a Zerka Moreno, da parte della città di Roma, una targa celebrativa, sottolineando l'influenza che lo psicodramma, nato in Europa e sviluppatosi in America, va esercitando da anni in Italia nel vasto settore di ricerca e lavoro che spazia dalla psicoanalisi di gruppo, all'intervento nelle istituzioni, alle scuole di arte drammatica. La Pivano però rimase fedele al suo stile e ai suoi ragazzi poeti e musicisti: organizzò una festa chic ma pure beat e mise sottosopra non solo le nostre case ma tutta la kasbah, come lei chiamava il palazzo di via lungara a Trastevere.
*Ostentava una pseudo fedeltà eterna a Sottsass che l’aveva lasciata. Anche e soprattutto al Maurizio Costanzo show e simili. Si poneva come la vedova del rogo sulle rive del Gange, non come un ex moglie che, tra una lacrima e l’altra, era spesso felice. Anche molto felice. In privato era diverso. Ricordo che una volta a Cinecittà disse a [[Federico Fellini|Fellini]]: ''Federico, a Milano non si vive, si lavora. A Roma non faccio la dolce vita ma una vita dolce sì''.