Nikolaj Vasil'evič Gogol': differenze tra le versioni

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*I [[Cane|cani]] sono gente di cervello, conoscono ogni nesso politico.<ref>Da ''Il diario di un pazzo'', in ''I racconti degli «Arabescchi»'', p. 87</ref>
*I librai sono una razza tale che senza nessun rimorso di coscienza li si potrebbe impiccare al primo albero!<ref>Da una lettera a [[Aleksandr Sergeevič Puškin]], 7 ottobre 1835; citato in ''Polnoe sobranie sočinenij'', Vol. X, Leningrad 1940</ref>
*In me non c'era un qualche vizio troppo forte che spiccasse con più evidenza di tutti gli altri, così come non c'era nessuna virtù pittoresca, che potesse conferirmi un pittoresco aspetto; ma in compenso in me erano riunite tutte le possibili brutture, ognuna in piccola dose, ma in così gran numero come non ne ho mai incontrate in nessun altro.<ref>Da una lettera; citato in ''Brani scelti dalla corrispondenza con gli amici'', [http://books.google.it/books?id=lEemYH1zBUQC&pg=PA90 Brani scelti dalla corrispondenza con gli amici]'', p. 90].</ref>
*''[[Italia]] – magnifico paese! | Per te l'anima geme e si strugge...''<ref>Citato in ''Quattro poeti russi per l'Italia'', a cura di [[Mirella Meringolo]], ''Poesia'', n. 193 aprile 2005, Crocetti Editore</ref>
*Le {{sic|novita}} come sapete voi stessa non abita in [[Roma]], qui tutto è antico: Roma, Papa, le chiese, i quadri.<br> A mio parere, le {{sic|novita}} sono inventate da quelli, che {{sic|s’annojano}}, ma sapete voi stessa che nessuno può {{sic|annojarsi}} in Roma {{sic|fiuorche}} quelli che hanno l’{{sic|animo fredda}} come gli abitanti di Pietroburgo.<ref>Da una lettera a Varvara Osipovna Balabina. La lettera fu scritta in italiano da Gogol, il testo citato riproduce la versione originale, non emendata, della lettera {{cfr}} ''Gogol a Roma: «La patria dell'anima»'', ''Corriere della Sera.it Roma / Arte e Cultura'', 16 settembre 2009. Citato in Lauretta Colonnelli, ''[https://roma.corriere.it/notizie/arte_e_cultura/09_settembre_16/salotti_gogol_roma-1601775780774.shtml Gogol a Roma: «La patria dell'anima»]'', ''Corriere della Sera.it Roma / Arte e Cultura'', 16 settembre 2009.</ref>
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*Non c'è destino migliore che morire a Roma; qua l'uomo è di una "versta" più vicino al cielo.<ref>Da una lettera a P. A. Pletnev, in ''Polnoje sobranije socinenij v 14 tomakh'', vol. XI, Pisma, 1836-1841, 1852, p. 289. Citato in Alexandra Savelyeva, ''L'immagine di Roma nella cultura russa nei secoli XVIII e XIX'', traduzione di Alexandra Savelyeva; in ''Luoghi d'Europa. {{small|Spazio, Genere , Memoria}}'', a cura di Maria Pia Casalena, ArchetipoLibri, Bologna, 2011, [https://books.google.it/books?id=w8TRAwAAQBAJ&lpg=PA38&dq=&pg=PA38#v=onepage&q&f=false p. 38]. ISBN 9788866330349</ref>
*{{NDR|Su Roma}} [...] non la mia patria, bensì la patria dell'anima mia ho veduto.<ref>Du una lettera a Varvara Osipovna Balabina, citato in ''Gogol' e l'Italia. {{small|Atti del convegno internazionale di studi Nicolaj Vasil'evic Gogol', uno scrittore tra Russia e Italia}}'', [https://books.google.it/books?hl=it&id=DysYAQAAIAAJ&dq=gogol+nostalgia+per+roma&focus=searchwithinvolume&q=patria p. 190].</ref>
*Quanto più elevate sono le verità, tanto più bisogna trattarle con attenzione, altrimenti si trasformano subito in luoghi comuni, e ai luoghi comuni non si crede.<ref name=brani/><ref name=diz/>
*Vale la pena soltanto di fissare lo sguardo più attentamente nel presente, il futuro sopraggiungerà all'improvviso da solo. È sciocco chi pensa al futuro prima che al presente.<ref name=brani>Da ''Brani scelti della corrispondenza con gli amici''.</ref><ref name=diz/>
 
==''Il cappotto''==
===[[Incipit]]===
Nel dipartimento di... ma è meglio non dire in quale dipartimento. Non c'è nessuno più suscettibile della gente che sta nei dipartimenti, nei reggimenti, nelle cancellerie, in una parola, del ceto dei funzionari.<ref name=diz>Citato in ''Dizionario delle citazioni'', a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X</ref>
 
===Citazioni===
*Di questo sarto non occorrerebbe certo dir molto, ma poiché è ormai invalso l'uso che in un racconto venga dichiarato appieno il carattere di ciascun personaggio, così non v'è nulla da fare: serviamo, allora, in tavola anche questo Petrovič! (''Il cappotto'', p. 445)
*Vedete fino a qual punto, nella Santa Russia, tutti sono contaminati dall'imitazione: ciascuno mette in ridicolo il proprio superiore – e poi lo scimmiotta. (''Il cappotto'', p. 456)
*E Pietroburgo rimase senza Akakij Akakievič, come se non ci fosse mai neanche esistito. Si dileguò, scomparve un essere che non era protetto da nessuno, a nessuno caro, e che non interessava nessuno; che non aveva richiamato su di sé l'attenzione neppure del naturalista, il quale non manca di infilzare nello spillo anche una comune mosca e studiarla al microscopio; un essere che aveva sofferto umilmente ogni beffa dei compagni d'ufficio, e che era disceso nella tomba senza aver compiuto nulla di notevole nella vita, ma a cui, tuttavia, sia pure all'estremo declino della vita, era comparso fuggevolmente l'ospite luminoso nelle parvenze di un cappotto, ravvivando per un fugace istante la sua misera esistenza; ma sul cui capo si era poi abbattuta ineluttabilmente la sventura, così come essa si abbatte sopra i potenti della terra!... (''Il cappotto'', p. 459)
 
==''L'ispettore generale''==
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'''Artemij Filippovič''': Che ispettore?<br>
'''Sindaco''': Un ispettore di Pietroburgo. In incognito. E per di più in missione segreta.<br>
 
{{NDR|Nikolaj Vasil'evič Gogol', ''L'ispettore generale'', traduzione di Cristina Moroni e Luca Doninelli, Garzanti, 2009}}
 
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'''Artemij Filippovič''' — Che ispettore?<br>
'''Abitante''' — Un ispettore da Pietroburgo, in incognito. E per di più in missione segreta.<br>
 
{{NDR|Nikolaj Vasilevič Gogol', ''L'ispettore'', citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993}}
 
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===[[Incipit]]===
====Agostino Villa====
Nell'androne d'una locanda della città di N., capoluogo di governatorato, entrò una graziosa, piccola vettura a molle, di quelle in cui viaggiano gli scapoli: tenenti colonnelli a riposo, capitani in seconda, proprietari di campagna che possiedono un centinaio d'anime di contadini: in una parola, tutti quelli che si dicono signori di mezza taglia. Nella carrozza sedeva un signore, che non era proprio un bell'uomo, ma non era neppure di brutto aspetto, né troppo grosso né troppo esile; non si poteva dire che fosse anziano, ma neppure, d'altronde, che fosse troppo giovane. Il suo arrivo non sollevò in città il minimo scalpore, e non fu accompagnato da alcunché di singolare: solo due ''mužík'' russi, piantati sulla porta d'un'osteria di faccia alla locanda, fecero qualche osservazioncella, che si riferiva del resto piuttosto alla carrozza, che non a colui che vi sedeva dentro. – Non vedi? – disse uno dei due. – Guarda che ruota! Che dici, tu: ci arriverebbe quella ruota lí, mettiamo caso, fino a Mosca, o non ci arriverebbe? – Ci arriverebbe, – rispose l'altro. – Ma fino a Kazàn', dico io, mica ci arriverebbe? – Fino a Kazàn' non ci arriverebbe, – rispose l'altro; e con questo la conversazione ebbe termine. C'è ancora da aggiungere che nel momento in cui la carrozza s'accostava alla locanda, un giovanotto s'era trovato a passare, in bianchi calzoni di bambagino assai stretti e corti, con un frac che aveva grandi pretese di moda, e lasciava risaltare la pettina della camicia, chiusa da una spilla di Tula con pistola di bronzo. Il giovanotto s'era voltato indietro, aveva guardato la carrozza, s'era acchiappato con la mano il berretto, lí lí per volar via con una ventata, e se n'era andato per la sua strada.<br>
 
{{NDR|Nikolaj Vasilevič Gogol, ''Le anime morte'', traduzione di Agostino Villa, Oscar Mondadori, 1965}}
 
====Fruttero & Lucentini====
Nel cortile dell'albergo di N, cittadina del governatorato di NN, entrò una di quelle carrozze non grandi, ma ben molleggiate e di bella apparenza, in cui viaggiano di solito gli scapoli di un certo ceto: tenenti colonnelli a riposo, capitani dei servizi d'intendenza, proprietari di terre con non più d'un centinaio d'anime di contadini, insomma quelli che vengono chiamati signori di mezza tacca.<br>
 
{{NDR|Nikolaj Vasilevič Gogol, ''Le anime morte'', citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993}}
 
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===Citazioni su ''Le anime morte''===
*Ho letto la seconda parte delle ''Anime morte'', goffa. ([[Lev Tolstoj]])
 
==''Mirgorod''==
===Citazioni===
*Allora il senato, composto di teologi e filosofi, spediva grammatici e retori, armati di sacchi, al comando di un qualche filosofo – a volte anche questi prendeva parte diretta all'azione – a far man bassa negli orti altrui: ed ecco che al Seminario compariva la minestra di zucche. I senatori si impinguavano talmente di meloni e cocomeri che, il giorno dopo, i capiclasse risentivano loro due lezioni anzi che una: ché l'una usciva fuor dalla bocca, l'altra gorgogliava nel ventre senatoriale. Ginnasiali e seminaristi portavano certe parvenze di gabbane che giungevano loro ''insino all'era presente'': termine tecnico che stava a dire, al di là dei calcagni. (''Mirgorod'', p. 281)
*– Povera testolina! E perché sei venuta in questi paraggi?<br />– Così, signor mio bello; a domandar l'elemosina, a vedere se raccapezzo almeno quel tanto che occorre per un tozzo di pane.<br />– Hm! Che forse vorresti del pane? – chiedeva di solito Ivan Ivanovič.<br />– Come non volerlo! Ho una fame da lupi.<br />– Hm! – rispondeva di solito Ivan Ivanovič: – Allora, forse, avresti voglia anche di un poco di carne?<br />– Ma di tutto quel che la signoria vostra vorrà regalarmi sarò contenta.<br />– Hm! Forse che la carne è meglio del pane?<br />– Ma cosa volete che scelga chi ha fame! Sarà buono tutto quel che vi degnerete di darmi. – Qui la vecchia, di solito, tendeva la mano.<br />– Be'! Va' pure con Dio, – diceva Ivan Ivanovič. – E che te ne resti lì, come un palo? Non voglio mica picchiarti! (''Mirgorod'', p. 307)
*Tutto il gruppo formava un quadro poderoso: Ivan Nikiforovič eretto in mezzo alla stanza nella sua intera bellezza, senza verun ornamento! La vecchia, a bocca aperta, e l'espressione più stolta sul viso spiritato! Ivan lvanovič col braccio in alto, così come si raffigurano i tribuni romani! Un attimo raro fu quello, una scena grandiosa! E, pur nonostante, non vi era che un solo spettatore: il ragazzino dall'incommensurabile pastrano, che stava lì assai tranquillo, scaccolandosi il naso con un dito. (''Mirgorod'', p. 315)
*Agafija Fedoseevna aveva una scuffia sul capo, tre verruche sul naso, e una vestaglia color caffè a fiori gialli. I suoi fianchi parevano un mastello, e perciò ritrovarne la cinta sarebbe stato arduo altrettanto come vedersi il naso senza lo specchio; le gambe le aveva assai corte, e a foggia di due cuscini. Spettegolava, e mangiava barbabietole lesse al mattino, e possedeva l'arte di leticare in modo perfetto; e nel corso di tutte queste molteplici cure mai un solo momento il suo viso cambiava espressione; cosa di cui, per solito, sono capaci soltanto le donne. (''Mirgorod'', p. 317)
*Se voi farete il vostro ingresso dal lato della piazza, vi soffermerete certo ad ammirarne la vista: v'è una [[pozzanghera]], una superba pozzanghera! Unica, quale mai ne vedeste di simili! Occupa quasi tutta la piazza. Stupenda pozzanghera! Case e casette, che da lontano si possono scambiare per biche di fieno, la circondano, e stupiscono della sua venustà. (''Mirgorod'', p. 319)
 
===Explicit===
*Noia, a questo mondo, signori! (''Mirgorod'', explicit, p. 339)
 
==''Racconti di Pietroburgo''==
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==''Tutti i racconti''==
*Fino al mezzo del Dnepr non osano spingere lo sguardo: nessuno, all'infuori del sole e del cielo azzurro, ha potuto mai giungervi con gli occhi; fino al mezzo del Dnepr pochi uccelli sono capaci di giungere in volo. Superbo! Non ha pari esso al mondo. (''Veglie'', p. 225)
*Allora il senato, composto di teologi e filosofi, spediva grammatici e retori, armati di sacchi, al comando di un qualche filosofo – a volte anche questi prendeva parte diretta all'azione – a far man bassa negli orti altrui: ed ecco che al Seminario compariva la minestra di zucche. I senatori si impinguavano talmente di meloni e cocomeri che, il giorno dopo, i capiclasse risentivano loro due lezioni anzi che una: ché l'una usciva fuor dalla bocca, l'altra gorgogliava nel ventre senatoriale. Ginnasiali e seminaristi portavano certe parvenze di gabbane che giungevano loro ''insino all'era presente'': termine tecnico che stava a dire, al di là dei calcagni. (''Mirgorod'', p. 281)
*– Povera testolina! E perché sei venuta in questi paraggi?<br />– Così, signor mio bello; a domandar l'elemosina, a vedere se raccapezzo almeno quel tanto che occorre per un tozzo di pane.<br />– Hm! Che forse vorresti del pane? – chiedeva di solito Ivan Ivanovič.<br />– Come non volerlo! Ho una fame da lupi.<br />– Hm! – rispondeva di solito Ivan Ivanovič: – Allora, forse, avresti voglia anche di un poco di carne?<br />– Ma di tutto quel che la signoria vostra vorrà regalarmi sarò contenta.<br />– Hm! Forse che la carne è meglio del pane?<br />– Ma cosa volete che scelga chi ha fame! Sarà buono tutto quel che vi degnerete di darmi. – Qui la vecchia, di solito, tendeva la mano.<br />– Be'! Va' pure con Dio, – diceva Ivan Ivanovič. – E che te ne resti lì, come un palo? Non voglio mica picchiarti! (''Mirgorod'', p. 307)
*Tutto il gruppo formava un quadro poderoso: Ivan Nikiforovič eretto in mezzo alla stanza nella sua intera bellezza, senza verun ornamento! La vecchia, a bocca aperta, e l'espressione più stolta sul viso spiritato! Ivan lvanovič col braccio in alto, così come si raffigurano i tribuni romani! Un attimo raro fu quello, una scena grandiosa! E, pur nonostante, non vi era che un solo spettatore: il ragazzino dall'incommensurabile pastrano, che stava lì assai tranquillo, scaccolandosi il naso con un dito. (''Mirgorod'', p. 315)
*Agafija Fedoseevna aveva una scuffia sul capo, tre verruche sul naso, e una vestaglia color caffè a fiori gialli. I suoi fianchi parevano un mastello, e perciò ritrovarne la cinta sarebbe stato arduo altrettanto come vedersi il naso senza lo specchio; le gambe le aveva assai corte, e a foggia di due cuscini. Spettegolava, e mangiava barbabietole lesse al mattino, e possedeva l'arte di leticare in modo perfetto; e nel corso di tutte queste molteplici cure mai un solo momento il suo viso cambiava espressione; cosa di cui, per solito, sono capaci soltanto le donne. (''Mirgorod'', p. 317)
*Se voi farete il vostro ingresso dal lato della piazza, vi soffermerete certo ad ammirarne la vista: v'è una [[pozzanghera]], una superba pozzanghera! Unica, quale mai ne vedeste di simili! Occupa quasi tutta la piazza. Stupenda pozzanghera! Case e casette, che da lontano si possono scambiare per biche di fieno, la circondano, e stupiscono della sua venustà. (''Mirgorod'', p. 319)
*Noia, a questo mondo, signori! (''Mirgorod'', explicit, p. 339)
*Di questo sarto non occorrerebbe certo dir molto, ma poiché è ormai invalso l'uso che in un racconto venga dichiarato appieno il carattere di ciascun personaggio, così non v'è nulla da fare: serviamo, allora, in tavola anche questo Petrovič! (''Il cappotto'', p. 445)
*Vedete fino a qual punto, nella Santa Russia, tutti sono contaminati dall'imitazione: ciascuno mette in ridicolo il proprio superiore – e poi lo scimmiotta. (''Il cappotto'', p. 456)
*E Pietroburgo rimase senza Akakij Akakievič, come se non ci fosse mai neanche esistito. Si dileguò, scomparve un essere che non era protetto da nessuno, a nessuno caro, e che non interessava nessuno; che non aveva richiamato su di sé l'attenzione neppure del naturalista, il quale non manca di infilzare nello spillo anche una comune mosca e studiarla al microscopio; un essere che aveva sofferto umilmente ogni beffa dei compagni d'ufficio, e che era disceso nella tomba senza aver compiuto nulla di notevole nella vita, ma a cui, tuttavia, sia pure all'estremo declino della vita, era comparso fuggevolmente l'ospite luminoso nelle parvenze di un cappotto, ravvivando per un fugace istante la sua misera esistenza; ma sul cui capo si era poi abbattuta ineluttabilmente la sventura, così come essa si abbatte sopra i potenti della terra!... (''Il cappotto'', p. 459)
*Tu hai talento, il talento è il più prezioso dono di Dio: non sciuparlo. Ricerca, studia ogni cosa vedi, sottomettila al tuo pennello, ma sappi sempre disvelare l'idea che vi si cela, e massimamente adoperati al fine di attingere al sublime mistero della creazione. Beato l'eletto che vi ha accesso. Non vi è per lui in tutta la natura oggetto vile. […] Preserva la purezza dell'anima tua. Colui che racchiude in sé il talento deve essere tra tutti il più puro d'anima. Ad altri vien molto perdonato, ma a lui non è dato perdono. (''Il Ritratto'')
 
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===''Il naso''===
Il 25 marzo accadde a Pietroburgo un fatto incredibilmente strano.<brref>Citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993.</ref>
{{NDR|citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993}}
 
==Citazioni su Nikolaj Vasil'evič Gogol'==