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→‎Beria: culto della personalità di Beria
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==''Beria''==
*Nel 1936 il culto della personalità di [[Lavrentij Pavlovič Berija|{{sic|Beria}}]] era, dunque, ormai esploso in tutta la Transcaucasia e in particolare in Georgia; industrie, fattorie collettive, teatri, istituti scolastici, stadi, una delle più graziose piazze di Tiflis<ref>Variante di Tbilisi, capitale e maggiore città della Georgia.</ref>, e un intero distretto (''rajon'') portavano il suo nome. Dovunque si poteva vedere il suo ritratto, anche sui testi di scuola, accompagnato da esaltazioni della sua saggezza e del suo ingegno. La stampa riferiva instancabilmente notizie sulle sue attività e sui suoi innumerevoli incontri con lavoratori e gruppi organizzati. Nelle redazioni dei giornali affluivano lettere di operai e contadini cariche di ammirazione nei confronti di Beria; gli venivano perfino dedicate canzoni e poesie. (cap. III, p. 76)
 
*Beria si accanì in modo particolare contro la famiglia di Lakoba<ref>Nestor Lakoba (1893 – 1936), leader del partito comunista dell'Abcasia.</ref>. Come Stalin, anche lui sapeva essere particolarmente crudele nei confronti di coloro che conosceva bene. Roj Medvedev racconta che la giovane moglie di Lakoba venne arrestata poco dopo la morte del marito; L'NKVD georgiano la prelevava dalla sua cella tutte le sere per sottoporla a interrogatorio, e ogni mattina vi veniva ricondotta priva di conoscenza e coperta di sangue. Gli interrogatori miravano a farle firmare un documento in cui si dichiarava che Lakoba aveva tradito l'Abcasia in favore della Turchia, ma la donna si rifiutò ostinatamente di farlo anche quando minacciarono di uccidere il figlio quattordicenne Rauf, che veniva bastonato in sua presenza. Dopo un'ennesima tortura, la moglie di Lakoba morì e il figlio venne mandato in uno speciale campo di lavoro per ragazzi. Qualche tempo dopo si dice che Rauf scrivesse a Beria chiedendogli che fosse permesso a lui e a due suoi compagni di continuare gli studi; ricevuta la lettera, Beria ordinò che i tre ragazzi venissero condotti a Tiflis dove furono fucilati. A quel tempo, ormai quasi tutti i familiari e amici di Lakoba erano<ref>Nel testo ''era''.</ref> stati fucilati o imprigionati. (cap. IV, p. 96)