Roberto Capucci: differenze tra le versioni

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*Ci aveva due pappagalli [...] e io ho detto 'guarda quello li che divertente! Poi dico "ma quello è [[Ottavio Rosati]]" che l'avevo conosciuto ai tempi quando lui stava con [[Fernanda Pivano]], e lui, carino, mi ha messo subito i pappagalli addosso. [...] E mi ha detto: "Sai che voglio fare un documentario su di te?" [...] E c'era l'accordo che non dovevano fare altri registi nessun film prima che finisse... ci sono voluti sette anni... ma ne valeva la pena. Si, assolutamente.<ref>Dall'intervista di [[Alessandro Cecchi Paone]] presso l'IED, Roma, giugno 2019. [https://www.youtube.com/watch?v=pFEzI0WMj0g Video] disponibile su ''Youtube.com''.</ref>
*Caro [[Ottavio Rosati|Ottavio]], ho visto l'inizio del tuo documentario ''Le Code Le Ali'' sulla mia mostra alla Venaria Reale. Sono rimasto entusiasta dell'energia che hai messo in questo lavoro. Svelto, giovane, veloce e interessante. Quanta fantasia e immaginazione! Andiamo avanti e mettiamo tutto questo nel film per il Luce!<ref>Citato in [https://www.plays.it/plays/produzioni/le-code-le-ali ''Le code le ali''], ''Plays.it''.</ref>
*L'Italia degli anni Cinquanta e i primissimi Sessanta, prima della [[La dolce vita|Dolce Vita]], fu un laboratorio di umiltà e talento come non si verificò in nessuna parte di Europa. Nel mio lavoro non c'era l'assillante problema della pubblicità, della griffa. Una donna come Irene Brin poteva con leggerezza e ironia raccontare quel mondo restituendone perfettamente la letterarietà [...] C'era la marchesa Olga di Grésy, la baronessa Clarette Gallotti, la contessa Gabriella de Robilant, le principesse Lola Giovannelli e Giovanna Caracciolo. Poi c'era il marchese Emilio Pucci, la principessa russa Irene Galitzine, che era stata alla corte dello zar. In quell'Italia ancora povera, dignitosa e stracciona, un manipolo di aristocratiche non creò delle griffe o dei marchi, ma un gusto e uno stile. La più affascinante e inquieta di tutte fu Simonetta Colonna di Cesarò, moglie di Galeazzo Visconti di Modrone.<ref>Dall'intervista di Antonio Gnoli, ''[https://www.repubblica.it/cultura/2016/10/16/news/roberto_capucci_nella_mia_vita_ho_voluto_vestire_i_sogni_oggi_pero_siamo_circondati_da_stracci_-149911301/ Nella mia vita ho voluto vestire i sogni, oggi però siamo circondati da stracci]'', ''Repubblica.it'', 16 ottobre 2016.</ref>
 
{{Int|Dal docufilm di Ottavio Rosati ''La Moda proibita: Roberto Capucci e il futuro dell'Alta Moda'' |DVD ''La moda proibita'', Istituto Luce Cinecittà, Italia 2019. Disponibile parzialmente in [https://www.plays.it/plays/documenti/la-moda-proibita/26-la-moda-proibita ''Plays.it''].}}
*C'è anche una rosa Capucci? Sì, quella me la chiese Barni: "Posso fare Una rosa col suo nome?", "Volentieri, sarebbe un onore." "Come la vuole?". Io incosciente gli dissi: “La vorrei viola sfumata di verde mela dentro." Al che mi disse: "Ma lei è pazzo!" Allora me l'ha fatta rosa, chiara chiara chiara, ma dentro più scura. Profumata.
*Io ho avuto una soddisfazione con Mozart. Quando c'è stata la mostra all'Albertina di Vienna nella ricorrenza della morte di [[Mozart]], avevano fatto questa mostra pazzesca, che era costata miliardi, tutto su Mozart. Mi avevano chiamato da Vienna perché io feci anni fa una marsina rossa, tutta plissettata, molto bella devo dire. E loro l'avevano presa come simbolo. Perché Mozart si fece una marsina a Parigi, rossa, e scrisse al padre una lettera che aveva fatto questa marsina rossa. Quindi a Vienna, nella prima stanza dell'Albertina c'era una stanza nera e la mia marsina che girava piano piano; c'era un quadro con la marsina di Mozart e la lettera, su un leggio, del padre. È stato molto emozionante e per tutto il periodo, i mesi della mostra, tutta Vienna era tappezzata con la mia marsina e vicino Mozart, e ho avuto questo connubio meraviglioso, che la Moda non te lo dà.
*Io non amo molto queste scarpe, questa specie di affaroni sotto perché da piccolo le amiche di mia madre, seguaci della moda, portavano queste scarpe. Allora io ero convinto, ero bambino, che ammazzavano I bambini con i tacchi. Allora, mi è rimasta questa immagine curiosa. Quando venivano le amiche di mia madre con i tacchi alti, dicevo: "Mamma, ma quelle ammazzano i bambini?", "Ma no: quella è la moda!"
*I vestiti sexy vanno bene per i Lido di Parigi, le ballerine, gli artisti, i puntini ma la vera donna sexy, la donna misteriosa, le parte tutto dalla testa, non dalla scollatura o dal vestito. Posso dire che la [[Silvana Mangano]], che è stata l'attrice che più ho amato nella mia carriera, era una donna che io guardavo mentre provava i miei vestiti, e potevo pensare di lei tutte le cose più incredibili. Perché? Perché era una donna affascinante, di una bellezza misteriosa. Lì c'era qualcosa che partiva dalla testa, non dal vestito.
*Non siamo più nel Quattrocento, mio caro. Siamo in un secolo di distruzione. Qua si crea per distruggere, così si ricompra. E si distrugge, e si ricompra e si distrugge.
*Oggi vediamo tante bellezze sui giornali, sono tutte ritoccate con i vari sistemi moderni di modo che si vedono solo delle bellissime ragazze senza un filo di rughe, di niente, perché il computer [...] Oggi la donna ha acquistato una grande libertà, sacrosanta, indispensabile, magnifica, bellissima, però è stata utilizzata in una maniera un po' sbagliata. I giornali propongono immagini di ragazzine di 18 o 24 anni al massimo, le altre escluse, non esistono più. Allora, voglio dire, cosa ci ricava una donna copiando quello che vede che è fotografato su donne alte due metri, magre magre, giovani, ritoccate sotto tutti i punti di vista dal computer o dal chirurgo plastico? Tutto questo non aiuta la donna, assolutamente. E questo non dà alle donne, perché ogni donna ha qualcosa da mostrare: gli occhi, la faccia o la bocca, le spalle, la vita, o quello che sia. Invece quando si camuffano, perdono il novanta per cento della loro bellezza. Ecco, questo è il grosso sbaglio di oggi. Questa specie di caos che si è creato: è difficile dire cosa è la bellezza, cosa non è la bellezza.
*Ti giuro guarda, ormai c'ho 82 anni e ho iniziato che ce ne avevo 20. E non mi sono mai chiesto nulla. Una matita che si muove, una testa che si muove, idee che escono fuori e più disegni, più c'hai idee. Perciò è un esercizio bellissimo. Infatti mi chiedono ancora oggi come faccio ad avere tante idee... Non lo so, come la [[Maria Callas|Callas]] che cantava, che ne so… Siamo arrivati oramai in archivio a quasi 50.000 disegni che ho fatto nella mia carriera dagli anni cinquanta a oggi.
 
{{Intestazione|Dall'intervista di Antonio Galdo, ''Panorama'', 2006}}
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*L'alta [[moda]] è morta.
*L'[[eleganza]] è [[seduzione]], fascino, mistero. Non [[apparenza]].
 
{{Intestazione|Dall'intervista di Arianna Boria, “Rompa Lei il ghiaccio con la Mangano" ''Il Piccolo'', 8 maggio 2014 }}
*'''[Su [[Pier Paolo Pasolini]]]''' non lo conoscevo, ma avevo letto tutto di lui, lo ammiravo profondamente. Un giorno mi telefonarono dalla produzione e mi dissero che voleva incontrarmi per i costumi di [[Teorema]]. Quando venne da me, ero emozionatissimo. Lui non fece il nome dell’attrice, disse solo: ‘Maestro, non potrà mettere i suoi capolavori, è una donna borghese’. Tornò dopo due giorni con la scaletta del film e mi rivelò che era [[Silvana Mangano]]. Provai una gioia immensa: ‘Posso rivelarle un segreto?”, gli risposi. ‘Avevo due desideri nella vita, conoscere Pasolini e vestire la Mangano’. E lui: ‘Ogni desiderio che lei culla nel cuore con amore e con un’ambizione sua, segreta, prima o poi si avvera. Ma attenzione, perché vengono anche i desideri nefasti...’. Diventammo amici. Nel mondo del cinema, dove c’è violenza, prepotenza, Pasolini era una persona eccezionale, educata, silenziosa.
*'''[Su [[Franco Zeffirelli]] e Danilo Donati]''' 'Mi devi fare un vestito per Olivia Hussey, perché dobbiamo presentare il film Giulietta e Romeo alla regina Elisabetta. Mi raccomando qualcosa di semplice, di pulito, che le schiacci il petto perché quella mangia venti cioccolate al giorno... Verrà con Danilo Donati’. Donati ci telefonò: ‘Quando vedete uno unto, sporco, con l’aria da salumaio, aprite perché sono io’. Era un uomo innamorato del suo lavoro, che realizzava cose che non esistevano. Prendeva la stoffa, la plissettava, la bagnava, la asciugava al sole, la plissettava di nuovo, creava una “corteccia”. Pierino Tosi era un perfezionista, lavorava con [[Luchino Visconti|Visconti]]. Donati inventava, altrimenti non si divertiva. Era simpaticissimo, semplice, viveva in una casa modesta come ogni enorme artista.
*'''[Su Silvana Mangano]''' Quando è successo ho scoperto in lei un essere umano meraviglioso. Al cinema perdeva tanto, nella vita c’erano i suoi silenzi, i suoi occhi enormi, sgranati, la sua educazione, la gioia di aiutare gli altri. “Teorema” mi ha crocifisso, dopo quel film non ho più accettato costumi per il cinema. Mai più si sarebbe verificata quella magica coincidenza, un regista e una donna che amavo. Io non credo che le cose si ripetano nella vita con la stessa intensità. C’è un solo amore, una sola emozione. Ringrazio dio per questo incontro. La sogno ancora, quando disegno faccio il profilo del suo naso. E io le ho vestite tutte le dive, tranne la [[Gina Lollobrigida|Lollobrigida]] e la [[Monica Vitti|Vitti]], tutte. Ma la Mangano aveva una classe superiore. Non aveva origini nobili, era la figlia di un ferroviere, ma indossava un vestito da sera con la semplicità di un cardigan, e un tubino blu come una tiara regale. Mi ricordo la sua prima apparizione in sartoria, con un tailleur grigio di tweed, una borsa di coccodrillo un po’ fané, i tacchi di sei centimetri. Aveva gambe meravigliose. […] Pasolini mi disse: colore solo alla fine, quando lei scopre il sesso. E le ho fatto un tailleur di lino corallo. Nelle altre scene vestiva come le mie clienti quando stavano con le amiche o giocavano a carte, per la maggior parte tailleur e bluse di chiffon e georgette.
*'''[Su [[Rita Levi Montalcini]]]''' Non voleva l’abito con quel po’ di coda. ‘Mi inciampo’, mi diceva. Poi mi chiamò per raccontarmi che la regina di Svezia le aveva fatto i complimenti. Le ho disegnato quarantasette vestiti, l’ultimo a cent’anni. Alla fine, quello del Nobel me l’ha regalato per la Fondazione. Era pazza di gioia quando in televisione dissero che le scienziate vestono male e che solo la Montalcini era elegante. Una volta mi chiese un vestito per un ricevimento al Quirinale. ‘Professoressa, in sei giorni non ce la faccio, metta l’ultimo’. E lei: ‘No, me l’hanno già visto’.
 
{{Intestazione|Citato in ''Capucci: «Roma volgare, basta con le sfilate»'', ''Corriere della Sera'', 4 luglio 2009}}