Ippolito Nievo: differenze tra le versioni

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*La popolazione pare una turba di spettri; sembra che camminino in punta dei piedi come per non svegliare gli echi delle case deserte; sembra che i loro occhi girino meravigliati come un fanciullo allevato in una spelonca che vegga sole per la prima volta. Povera [[Padova]]! mi vengono le lagrime agli occhi guardando il salone detto della Ragione in cui si difendevano un giorno i diritti degli oppressi... Padova non è una città per chi ama i fracassi della vita allegra; sarebbe lo stesso che il voler danzare nei sotterranei d'un cimitero.<ref>Dalla lettera a Matilde Ferrari, 29 agosto 1850; citato in ''[http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3AIEI0106354_298114&mode=all&teca=MagTeca+-+ICCU&q=Ippolito+Nievo&fulltext=1 Ippolito Nievo]'', ''L'Indipendente'', 8 marzo 1911, p. 1.</ref>
*Le [[Nazione|nazioni]] sono composizioni d’uomini; risorgono le nazioni quando risorge uno per uno a virtù ed a civiltà, a concordia di voleri la maggioranza degli uomini che le compongono.<ref>Da ''Due scritti politici'', a cura di M. Gorra, Padova, Liviana, 1988, p.65''.''</ref>
*Quanto a me se non ha mai saputo nulla le darò in quattro tocchi la mia biografia presente e quasi anche futura. Fui letterato a Milano fino all'Aprile, soldato con Garibaldi fino ad ora, e d'ora in poi imbecille campagnuolo fino a nuovo ordine. Credo che quando sarò stufo di spaventare a fucilate le passere del vicinato prenderò la via di Modena, intanto faccio compagnia alla mamma che appunto per questo è uscita da [[Mantova]] e scrivacchio versi a ore perdute. (dalla lettera a Marietta Armellini Zorzi, in ''Tutte le opere)''<ref name=spe/>)
*Son vivo, intendiamoci, quel tanto che basta per infilzar due parole e consegnarle al capriccio della posta; del resto a trovarmi quì in questa campagna deserta e scolorata {{NDR|Fossato nel comune di Rodigo}} dopo quattro mesi di sì vaste ed operose speranze, mi sento morto più che non bisogni per implorare un ''De profundis''.<ref>Gorra Marcella (a cura di) : ''Ippolito Nievo, Lettere'', Milano, Mondadori, p. 602, lettera n. 407 spedita ad [[Arnaldo Fusinato]] il 8 ottobre 1959. </ref>
*Ti giuro che mi disperava tra me per non esser un grand'uomo, e non avere nelle mani l'anima di [[Omero]], di [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], di [[Dante Alighieri|Dante]], d'[[Vittorio Alfieri|Alfieri]] e di [[William Shakespeare|Shakspeare]] [''sic''] per fare, ma fare e non iscrivere, per fare ti ripeto, dieci poemi epici, e sopratutto ventimila tragedie. Se potessi riuscire ad esprimere solo la metà di quanto ho sentito dentro me in quei giorni malaugurati<ref name=":0" />, tu avresti allora ragione d'attribuirmi qualche talento poetico: ma per quanto mi ci abbia provato, a nulla mi riesciva ogni sforzo.<ref name=":1" />
*Ti ho detto molte volte, che io non sono niente affatto curioso, e che supplisco coll'[[immaginazione]] a tutte le cose che voglio sapere, ma questa volta la immaginazione mi ha dato risorse tanto sconfortanti, che io ho creduto meglio per la mia quiete di lasciarla dormire e non punzecchiarla troppo: poiché se sapesti cosa è capace di fare una immaginazione un po' riscaldata!<ref>Dalla lettera a Matilde Ferrari, 20 luglio 1850.</ref>