Fernanda Pivano: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m sistemo
→‎Citazioni di Fernanda Pivano: Add due citazioni su Benetton e una sulla Toklas
Riga 5:
*{{NDR|Su [[Ottavio Rosati]]}} 50 anni! Non è possibile, per me ne avrai sempre 18 a spiegarmi cos'è il super io, a dirmi senza ridere che l'uomo è cacciatore, a chiedermi cosa vuol dire he took my cherry di Ginsberg. Quanti ricordi, quante birbonate, quanti petali dolcissimi della tua gentilezza, quante speranze per il tuo futuro di intelligenza e bravura. Grazie Ottavio, Dio ti protegga sempre.<ref>Da ''Ottavio Rosati'' in ''I miei quadrifogli'', Frassinelli, 2000, p. 61. ISBN 8876845917</ref>
*{{NDR|Sulla sua casa di Roma}} Amo Roma, ci venivo da bambina con i miei genitori all'Hotel Hassler, poi di nuovo fino al 1972, quando un giovane intervistatore, ora regista e psicanalista, Ottavio Rosati, mi spiegò l'inutilità d'un albergo costoso, quando c'era un'incredibile casa in via Lungara [...] Rosati mi aiutava. Smontavamo la casa e per 4 anni feci trovare l'omino delle caldarroste, tanti minuscoli alberi carichi di regalini per gli amici. Mi pareva di poter ricreare il salotto multinazionale che avevo avuto fino a poco prima. Era bello [...] Feci venire gli amici americani a leggere poesie. Vivevano tutti in questa casa. Gregory Corso, che non voleva dormire in una casa borghese, trascorreva la notte sulle panchine nel giardino li fuori. Per Allen Ginsberg divenne l'albergo fisso per la vita. Dormiva sul divano all'entrata, si lamentava di continuo perché avevo messo da poco l'impianto per irrigare le piante in terrazza. Naturalmente non funzionava, in compenso verso le 3 di notte c'era un incredibile afflusso d'acqua; lui era scandalizzato per tutta quell'acqua, diceva: "Ma cos'è questo imbroglio?"<ref>Citato in Fiorella Minervino, ''La mia America a via lungara'', ''La Stampa'', 6 luglio 2000; disponibile in ''[http://www.plays.it/ipod/scritti/fernanda-pivano/542-l-altra-america-a-via-lungara-di-fiorella-minervino Plays.it]''.</ref>
*{{NDR|Sulla Biblioteca Pivano creata da Luciano Benetton}} A un certo punto un imprenditore sente che una signora, che lui non conosce, ha fatto un testamento di bruciare tutti i suoi libri, quarantamila libri: "Bruciate tutto, libri, cassette, lettere, tutto!" E va a cercarla: "Signora, posso occuparmi io dei Suoi libri?" Ha cominciato con una saletta non tanto grande, pensando che io avessi la bibliotechina delle signore insomma… e sono cominciate ad arrivare le casse, e via via che arrivavano le casse aggiungevano una stanza di più. Io ancora adesso ho paura di svegliarmi e di vedere che non è vero niente. Che me lo sono sognato! Questo è stato un sogno diventato realtà! <ref> Dal film 'Generazioni d'amore: le quattro Americhe di Fernanda Pivano' di Ottavio Rosati, Istituto Luce Cinecittà, 2020</ref>
*{{NDR|Su [[Walt Whitman]]}} Centocinquant'anni sono passati da quando questo ragazzaccio scamiciato, col cappello da cowboy, fascinoso di un'ambigua bellezza, giornalista e tipografo, figlio di un falegname, detestato dai professori e adorato dai ragazzi del suo tempo, capace di abbracciare tutti e di lasciarsi abbracciare da tutti, ricco di un vibrante ritmo americano, diretto e sincero, capace di affrontare il problema della situazione del Nuovo mondo, ha pubblicato a sue spese un libretto piccolino chiamandolo Leaves of Grass (Foglie d'erba). Questo ragazzaccio, capace in una ventina di anni di diventare il poeta più importante della letteratura americana di tutti i tempi, quel suo po' di educazione rudimentale l'ha ricevuta nei sei anni che ha frequentato la scuola pubblica, cominciando nel 1825 e finendo a undici anni, quando si è impiegato come fattorino in un ufficio di avvocati.<ref name=whitman>Da ''[https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2005/dicembre/24/dai_versi_Whitman_rinacque_America_co_9_051224006.shtml Dai versi di Whitman rinacque l'America]'', ''Corriere della Sera'', 24 dicembre 2005, p. 41.</ref>
*{{NDR|A Federico Fellini}} Che bello! A Roma non faccio la Dolce Vita ma una vita dolce sì.<ref>Citato nell'intervista di Ottavio Rosati a Lewis Yablonsky; disponibile in ''[http://www.plays.it/ipod/scritti/ottavio-rosati/596-intervista-di-ottavio-rosati-a-lewis-yablonsky Plays.it]''.</ref>
Line 12 ⟶ 13:
*{{NDR|Sui film ''Generazioni d'amore'' e ''Fried Shoes Cooked Diamonds''}} Credo sia sempre emozionante vedere la propria vita raccontata da altri, tanto più quando è raccontata da amici. Per esempio solo Rosati poteva avere l'idea di circondarmi dei pappagalli di via Lungara, la mia kasbah, o di inserire nel film una scena storica di Gregory Corso mentre legge davanti a una riunione anti-nucleare il suo storico poema BOMB nel quale, da grande poeta, diede un'interpretazione immortale della non violenza. Quella scena viene da un film sul Naropa Institute in Colorado girato da Costanzo Allione nel 1978: e Allione, che è una persona generosa, ha concesso di inserirla nel film quando fu montato a Cinecittà [...] Allione mi aveva chiamata per intervistare Ginsberg, Burroughs, Leary e il Rimpoche Trumpa.<ref name=plays>Dall'intervista di Rossana del Chierico Moretti, ''Antiche amicizie'', "Via Condotti", cat. Fondazione Benetton studi e ricerche, A.3, n. 8-9, pp. 18-20; riportata in ''[http://www.plays.it/ipod/scritti/fernanda-pivano/302-quel-che-di-ottavio-mi-f Plays.it]''.</ref>
*{{NDR|Su Faulkner in italia nel 1955}} Dopo l'incontro all'USIS avrebbe dovuto andare in tre case diverse tra cui quella del Console americano; ma improvvisamente e imprevedibilmente disse che voleva andare a cena con la "''young lady and her husband''", la giovane signora e il suo marito, indicando una sua traduttrice che in quel momento non aveva denaro neanche per pagare la cena se stessa [...] Arrivammo a un ristorante con giardino in via Manzoni, dove sapevo che il direttore ci avrebbe fatto credito fino all'indomani. Lì al fresco, dopo aver accarezzato la tovaglia con le mani distese, sorrise col viso finalmente calmo e disse la sua battuta di routine, buona per tutti i paesi in cui si trovava, che "il pane e le donne d'Italia erano i migliori del mondo".<ref>Da ''[http://archivio.corriere.it/Archivio/interface/view.shtml#!/NTovZXMvaXQvcmNzZGF0aWRhY3MxL0A2NDU1Mg%3D%3D Quando Faulkner venne alla scoperta dell'Italia]'', ''Corriere della Sera'', 5 luglio 1982.</ref>
*{{NDR| Sul pragmatismo della letteratura americana}} E davvero agli inizi era eroico sostenere gli scrittori americani – anche Mark Twain, anche Faulkner – quando nessuno qui ne voleva sapere perché la loro base ideologica era il pragmatismo, e in Italia o non lo conoscevano o non lo accettavano. È stato riassunto con molta poesia da Fitzgerald nella frase: ‘il personaggio è l’azione, l’azione è il personaggio”. Invece nei romanzi europei il personaggio è pensiero, però poi il pensiero non è personaggio. E allora vengono fuori elucubrazioni, ragionamenti, fantasie dove il personaggio non ha una sua consistenza reale.<ref>Cit. in ''Cara Fernanda l'America ti scrive'' di Giulia Borgese, ''Corriere della Sera'', 28, 10, 1997.</ref>
*{{NDR|Su Henry Miller}} È stata un’amicizia molto importante. Era un grande saggio, già negli anni venti praticava lo Zen… i suoi libri vendevano moltissimo perché erano pornografici, la gente non capiva che erano soprattutto slanci vitali! Lui era molto pudico, l’ho visto arrossire quando qualcuno, un italiano, gli raccontò una barzelletta oscena. Aveva conosciuto la miseria, il suo editore dopo la guerra era fallito e quando lui era riuscito a farsi pagare, volle solo biglietti di piccolo taglio. Se li ficcava un po’ in tutte le tasche, ma una folata di vento glieli portò via. Lui scappò senza raccoglierli perché temeva di essere aggredito con tutti quei soldi che gli svolazzavano intorno. Come in un film di René Clair.<ref>Cit. in ''Cara Fernanda l'America ti scrive'' di Giulia Borgese, ''Corriere della Sera'', 28, 10, 1997.</ref>
*{{NDR|Su Jacob Levi Moreno e il Teatro di psicodramma}} È vero che Moreno pensava di essere l'autore della terza rivoluzione psichiatrica dopo Pinel e Freud? [...] Come mai lo psicodramma che è nato dalla ricerca della spontaneità, ha finito per richiedere un training così specializzato per la formazione dei suoi esperti? È così difficile la spontaneità?<ref>Dall'intervista di Zerla T. Moreno, ''Curarsi l'anima con il teatro'', ''Corriere della Sera'', 19 maggio 1980; riportata in ''[http://www.plays.it/ipod/curarsi-l-anima-con-il-teatro-di-fernanda-pivano-il-corriere-della-sera-2009 Plays.it]''</ref>
*{{NDR|Su Harold Brodkey in Italia}} "È un piacere scrivere questo libro", dice; intanto perché gli è stato commissionato e poi perché non avrà come destinatari i critici del ''New York Times''. Quando è venuto qualche giorno a Roma, ospite dello psicodrammatista Ottavio Rosati, con cui ha discusso a lungo del suo programma di Rai tre ''Da storia nasce storia'', abbiamo passato ore deliziose, fuori delle interviste preordinate, a discutere. I suoi libri sono intrisi di sensibilità psicoanalitica, e Brodkey ha confermato con divertimento osservazioni cliniche che nessuno gli aveva mai fatto. Intanto Hellen cucinava esoterici piatti macrobiotici e a tavola Brodkey raccontava che cosa aveva visto girando in motorino per Roma o protestava che Venezia non è soltanto Hemingway, è anche Thomas Mann, John Ruskin, Henry James. "Questo", diceva, "mi rende molto modesto".<ref>Da ''Brodkey: Io, clandestino all'ombra di James e Hemingway'', ''Corriere della Sera'', 5 maggio 1992.</ref>
Line 18 ⟶ 21:
*Forse il libro {{NDR|''[[Fight Club (romanzo)|Fight Club]]''}} aprirà una nuova vena narrativa; forse il linguaggio del futuro sarà questo revival di ripetizioni nel tentativo di raggiungere una tensione che va al di là perfino dell'anarchia fondamentale dell'autore.<ref name="fightclub">Dalla postfazione a Chuck Palahniuk, ''[[Fight Club (romanzo)|Fight Club]]'', Mondadori, 2013, pp. 189-191. ISBN 978-88-04-50835-9</ref>
*Ho per lei {{NDR|[[Laurie Anderson‎]]}} la stima che si deve avere per una grandissima artista multimediale, ma [[Lou Reed|Lou]] è un' altra cosa. Lui con la sua musica ha cambiato il mondo, non so se mi spiego. Peccato che a casa mia non possa sentire i suoi dischi: non sono capace di usare lo stereo.<ref>Citato in ''Corriere della Sera'', 29 giugno 2005.</ref>
*{{NDR|Su [[Luciano Benetton]]}} Ho offerto i miei 35.000 libri, le mie riviste underground, le lettere di Hemingway, Kerouac, Bukowsky e di tanti altri amici, ai sindaci di Milano e di Roma, a Renato Nicolini, al Vaticano, alla biblioteca Sormani, e tutti mi hanno detto di no [...] soltanto Luciano Benetton, principe rinascimentale, li ha accettati.<ref>Citato in Claudio Altarocca, 'Pivano: accademici bastardi', ''La Stampa'' 16, 12, 1998 p.24 </ref>
*I giovani di oggi hanno bisogno di un blue print, che qualcuno dica loro cosa fare, perché oggi le situazioni politiche sono così drammatiche, le situazioni sociali sono così perverse che non sanno che cosa pensare, che cosa cosa fare.<ref>Dall'intervista rilasciata nel 1997 in occasione dell'ottantesimo compleanno, trasmessa da Radio Tre il 19 agosto 2009.</ref>
*Il libro, {{NDR|''[[Fight Club (romanzo)|Fight Club]]''}} tra il sadico e il noir, è ispirato dalla disperazione, dalla alienazione, dalla violenza che conducono la [[Generazione X]] alla più completa anarchia, affondata nell'angoscia dei giovani contemporanei.<br/>Ne risulta un esempio di nichilismo quasi psicopatico, o se si vuole di fondamentalismo anarchico, realizzato con invenzioni contenutistiche del tutto inconsuete e una struttura vagamente alla William Burroughs, dove associazioni e gruppi perversi vengono presentati in un linguaggio basato su ripetizioni fin troppo letterarie, su espressioni vernacolari del più recente slang e su termini medici a volte esoterici.<ref name=fightclub/>
Line 25 ⟶ 29:
*{{NDR|[[Harold Brodkey]]}} Non ci rimane che guardare sbigottiti le migliaia di pagine dei suoi libri, ricordare lo charme sapiente e il suo humour irresistibile [...] Era straordinaria la stima che gli tributavano i suoi colleghi americani, giovani e vecchi: quando anni fa avevo detto al mio caro amico Don De Lillo, l'indimenticabile autore di Rumore Bianco, che andavo da lui, mi ha avvertito: "Conoscerlo ti cambierà la vita."<ref>Citato in ''Addio ad Harold Brodkey detto il "Proust d'America"'', ''Corriere della Sera'', 27 gennaio 1996.</ref>
*Ottavio Rosati mi è stato presentato nel 1973 per un'intervista, dall'editore che è rimasto il più caro della mia lunga serie: alludo a Raimondo Biffi, editore dell'Arcana che mi ha commissionato due libri rimasti nel mio cuore: ''C'era una volta un beat'' e ''Beat Hippie Yippie'' [...] Rosati che era molto giovane allora, palesemente molto più maturo della sua età, mi ha impressionato per la sua insolita genialità [...] La nostra lunga amicizia gli ha permesso di conoscermi bene, anche perché, da quando l'ho incontrato, so con quanta passione svolge la sua attività di regista. Sia in ambito clinico con i suoi psicodrammi, sia nella divulgazione della psicoanalisi, sia in campo puramente creativo [...] Di Ottavio mi diverte molto il suo humor che spesso è irresistibile sia quando gioca a canzonarmi, sia quando gioca a canzonare gli altri. Quello che di lui mi fa arrabbiare non riguarda nessuno.<ref name=plays/>
*{{NDR|Alice Toklas}} Parlavamo tutto il pomeriggio, anzi era lei a raccontarmi storie sempre diverse di tutti quelli che passavano da lei. Fumava lunghe Pall Mall tenendole tra le dita, ma alla base, perché non si macchiassero di nicotina. Mi ha regalato il bottone di corallo di Gertrude... Era piccola e sottile, era così buona. L'unico di cui l'ho sentita dir male era Hemingway perché si era innamorato di Gertrude Stein... doveva difendere il suo territorio. Se penso che delle sue famose ricette tre gliele ho date io he non so cuocere neanche un uovo! Quella più famosa, la crema all'hashish, da fare con la piantina di marijuana che cresce sul davanzale - che aveva fatto sequestrare il libro in America - gliela aveva mandata Paul Bowles.<ref>Cit. in ''Cara Fernanda l'America ti scrive'' di Giulia Borgese, ''Corriere della Sera'', 28, 10, 1997.</ref>
*[[Ottavio Rosati]] protervo e ribaldo, sfacciato e aggressivo, cinico e irruente, si capiva dopo cinque minuti che questa messa in scena proteggeva una generosità patologica e una gentilezza di altri tempi. A 20 anni era davvero convinto, (e lo è tutt'ora che ne ha più di 40) che per vivere le esperienze accessibili attraverso i funghi allucinogeni o LSD, lo psicodramma sia più che sufficiente.<ref>Dalla prefazione a ''Da Storia nasce storia'', Nuova Eri, 1994, p. 9. ISBN 8839707956</ref>
*[[Cesare Pavese|Pavese]] voleva che lo leggessi {{NDR|''[[Ernest Hemingway#Addio alle armi|Addio alle armi]]''}} per farmi capire la differenza tra la letteratura inglese e quella americana. Gli altri libri che mi lasciò quella sera con questa intenzione furono l'''Antologia di Spoon River'' di Edgar Lee Masters ''Autobiografia'' di Sherwood Anderson e i ''Fili d'erba'' di Walt Whitman.<ref>Dalla postfazione ad ''Addio alle armi'', p. 316.</ref>