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=== Vol. VI ''Lo sviluppo del capitalismo e del movimento operaio 1871-1896''===
*I grandi avvenimenti del 1870-71 conclusero un periodo di guerre e di rivolgimenti politici durato una ventina d'anni e aprirono un'epoca di pace in Europa che durò fino al 1914, turbata soltanto da alcune guerre nei Balcani, a cui fece riscontro il grande sviluppo delle conquiste coloniali in Africa e in Asia. Quest'epoca fu caratterizzata inoltre dalla relativa stabilità dei regimi politici, accompagnata in molti paesi dal consolidamento delle istituzioni liberali, da una graduale evoluzione verso la democrazia e dallo sviluppo dei partiti socialisti e dei sindacati operai. (cap. 1I, p. 7)
*La diffusione delle idee socialiste in Italia, [...], era stata tutt'altro che trascurabile già prima del '48. Tuttavia i primi tentativi di passare dalle discussioni puramente teoriche alla formulazione di programmi, che possono dirsi per vari aspetti socialisti, connessi con la concreta situazione dell'Italia, si manifestarono nella polemica antimazziniana, svolta nel 1850-51 dagli uomini dell'Estrema sinistra democratica, primi fra tutti [[Giuseppe Ferrari]] e [[Carlo Pisacane]]. Questi ultimi sulla base dell'esperienza del '48 affermarono la necessità di identificare la rivoluzione nazionale con la rivoluzione sociale e di far leva per attuarla soprattutto sui contadini. (cap. 1I, pp. 35-36)
*Il declino del [[Cristianesimo liberale|cattolicesimo liberale]], iniziatosi alla metà del secolo, si accelerò nel decennio 1860-70, sia per motivi ideologici di carattere generale, sia per motivi politici. Infatti, mentre da un lato il Papato accentuava col ''Sillabo'' la sua intransigenza di fronte al pensiero moderno e ai tentativi di conciliarlo con la dottrina cattolica, dall'altro la diffusione del positivismo e del materialismo favoriva l'affermarsi nella cultura e nella politica di principî laici e di tendenze fortemente anticlericali. Per di più in Italia l'aspro contrasto del nuovo Stato unitario col Papato e con la Chiesa, imperniato sulla questione romana e sui problemi della legislazione laica e dell'eversione della proprietà ecclesiastica, stimolò da una parte l'anticlericalismo dei liberali e dei democratici e dall'altra l'irrigidimento della maggior parte dei cattolici militanti su posizioni di intransigenza verso il nuovo Stato e verso il liberalismo. (cap. 1, p. 58)
*Secondo [[Stefano Jacini|Jacini]], era urgente reagire alla politica estera megalomane e alla politica finanziaria disastrosa di [[Francesco Crispi|Crispi]] chiamando a raccolta le forze conservatrici intorno a tre punti programmatici principali: politica estera di raccoglimento e di equilibrio; politica interna di decentramento regionale; politica religiosa di ravvicinamento al Vaticano in vista di una conciliazione fondata possibilmente sulla soluzione già da lui indicata nel 1887. (cap. 5V, pp. 403-404)
 
===Vol. VII ''La crisi di fine secolo e l'età giolittiana 1896-1914''===
*Il 22 aprile 1897 un fabbro di idee vagamente anarchiche, certo [[Pietro Acciarito]], tentò di colpire con un pugnale Umberto I, mentre questi si recava in carrozza all'ippodromo delle Capannelle<ref>Ippodromo romano, situato nell'omonima zona, sulla via Appia.</ref>. Il re rimase illeso e l'attentatore, arrestato poco dopo, dichiarò di avere agito di sua iniziativa senza alcun complice. Ma la polizia, sulla base di labili indizi, volle sostenere la tesi contraria, incitata in questo senso da personaggi della corte e del governo. (cap. primoI, p. 39)
*[...] i [[Moti di Milano|fatti del '98]]<ref>Rivolta di una parte della popolazione di Milano contro il governo, che si svolse tra il 6 e il 9 maggio del 1898.</ref>, [...], non furono soltanto una rivolta della fame, poiché ebbero anche alcuni caratteri politici abbastanza evidenti. Infatti i tumulti contro il caropane si accompagnarono dovunque alla richiesta, essa pure diffusa dai socialisti, della gestione municipale dei forni; inoltre di fronte alla reazione generalmente molto dura della forza pubblica, i tumulti assunsero il carattere di una lotta elementare per la libertà, tanto è vero che raggiunsero il punto culminante proprio a Milano, dove il rincaro del pane era stato nel complesso meno gravoso che altrove, perché i salari erano un po' più elevati e la disoccupazione un po' meno diffusa; infine l'estrema durezza della repressione governativa, assolutamente sproporzionata alla gravità dei tumulti, accentuò in modo drammatico il carattere politico degli avvenimenti novantotteschi rendendoli memorabili come esempio di operazione reazionaria di vasta portata attuata col pretesto di reprimere un preteso tentativo rivoluzionario. (cap. primoI, pp. 55-56)
 
===Vol. VIII ''La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l'avvento del fascismo 1914-1922''===
*[...] la Nota<ref>''Nota ai capi dei popoli belligeranti'', datata 1º agosto 1917.</ref> di [[Papa Benedetto XV|Benedetto XV]], in particolare la definizione della guerra come "inutile strage", ebbe larga risonanza poiché contribuì ad accentuare le speranze dei popoli in una prossima pace e al tempo stesso pose il papa in una posizione di grande prestigio morale rafforzando la sua autorità di capo religioso e di campione dell'umanità tanto gravemente offesa dagli orrori del conflitto in corso. (cap. 2II, p. 179)
*In realtà alle origini della sconfitta {{NDR|di [[Battaglia di Caporetto|Caporetto]]}} c'erano gravi errori militari, di cui Cadorna stesso era il primo responsabile, derivati dalla impostazione esclusivamente offensiva data fin dal principio alla guerra da lui e da tutti i dirigenti politici e militari italiani. Questi errori facilitarono il successo del piano di battaglia austro-tedesco, peraltro assai ben congegnato e messo in atto con grande precisione. (cap. 2II, p. 189)
*La nascita del [[Partito Comunista d'Italia|partito comunista]] fu senza dubbio un grande fatto nella storia dell'Italia contemporanea. Basta pensare alla lunga e difficile strada che il PCd'I (poi PCI) doveva percorrere e all'importanza che esso doveva assumere nella lotta contro il fascismo e nella vita nazionale dopo la seconda guerra mondiale. Ma la scissione di Livorno, sebbene fosse il punto di partenza di un chiarimento teorico e pratico divenuto ormai necessario, non risolse la crisi profonda che travagliava il movimento operaio italiano e non rafforzò questo nella lotta contro il fascismo. Infatti anzitutto il PSI, che fu seguito dalla maggioranza del proletariato (come si vide nelle elezioni del maggio 1921), continuò ancora ad essere lacerato da un'aspra crisi interna che portò alla scissione tra riformisti e massimalisti nel 1922. D'altra parte il partito comunista non solo fu internamente meno compatto di quanto sembrò in un primo momento ma in pratica fu assai più piccolo di quanto i suoi fondatori avevano sperato. (cap. 4IV, pp. 361-362)
*[...] l'immagine di un fascismo di sinistra nella fase iniziale è sostanzialmente errata e fuorviante. Il fascismo diciannovista<ref>Del 1919, anno di fondazione dei Fasci italiani di combattimento, movimento trasformatosi nel 1921 in Partito Nazionale Fascista.</ref> infatti usò una fraseologia di sinistra nel programma, ma nella pratica fu un movimento antisocialista e nazionalistico. (cap. 4IV, p. 421)
 
===Vol. IX ''Il fascismo e le sue guerre 1922-1939''===
*L'imperialismo fascista per alcuni aspetti fu la continuazione di quello prefascista, sia per la preminenza dell'azione dello Stato rispetto alle forze capitalistiche private (che peraltro accettarono e sfruttarono l'iniziativa dello Stato), sia per le direttrici geografiche dell'espansione, che furono ancora i paesi balcanici, ed ora anche quelli danubiani a causa della dissoluzione dell'Impero asburgico, da un lato; il Mediterraneo e l'Africa dall'altro. Ma vi furono anche nell'imperialismo fascista alcuni caratteri nuovi, molto significativi per la comprensione storica del fascismo in generale. Il più appariscente, ma non il più importante di essi, che impressionò particolarmente l'opinione pubblica italiana e straniera, fu il modo di procedere mussoliniano, punteggiato da colpi a sorpresa, da improvvisi mutamenti di obiettivi, da discorsi roboanti e minacciosi. Esso si dovette in parte al carattere esibizionista, vanitoso e demagogico di Mussolini, in parte alla tattica da lui usata a ragion veduta per disorientare gli avversari, in parte a qualche sua subitanea ritirata di fronte a difficoltà oggettive insuperabili. (cap. 2II, p. 160)
*Per circa venticinque anni [[Gioacchino Volpe|Volpe]] si interessò soprattutto di storia medioevale, della quale fu allora il maggior cultore italiano. Scrittore efficacissimo, animato da un vivace senso della storia come perenne trasformazione, egli rivolse via via sempre più il suo interesse al problema della nascita dello Stato moderno e alla formazione della nazione italiana. All'epoca della grande guerra fu interventista ed assunse una posizione politica liberal-nazionale, dalla quale passò al fascismo. (cap. 3III, p. 191)
*Secondo [[Alfredo Rocco|Rocco]] lo Stato è l'unica forma possibile di organizzazione della nazione, da lui concepita a sua volta come unica forma naturale di società umana in perpetua lotta con le altre nazioni. Tutta la società civile deve pertanto essere assorbita e regolata dallo Stato, unica forza capace di dominare i conflitti tra le classi, i ceti, le categorie produttive, i gruppi sociali. I sindacati, le associazioni di ogni genere e lo stesso partito fascista dovevano quindi divenire organi dello Stato ed essere guidati da questo alla realizzazione dei fini generali della nazione, cioè alla sempre maggiore potenza di questa. (cap. 3III, p. 192)
*Mentre veniva attuata la costruzione del regime fascista, i partiti e i gruppi antifascisti, messi fuori della legalità dalle leggi del novembre 1926, furono costretti a rifugiarsi nell'esilio e nella clandestinità oppure ad abbandonare a lotta politica e ad assumere un atteggiamento di attesa in un avvenire, giudicato via via sempre più lontano dagli osservatori più attenti, nel quale per effetto di avvenimenti imprevedibili, l'Italia sarebbe tornata ad una situazione di libertà. (cap. 3III, p. 213)
*Gli anni<ref>La seconda metà degli anni trenta del Novecento.</ref> in cui i partiti comunisti legali e clandestini dell'Occidente portarono avanti la collaborazione con gli altri partiti antifascisti per difendere o per riconquistare la libertà e la democrazia furono dunque anche quelli nei quali si svolsero in Unione Sovietica i famigerati processi e le [[grandi purghe]] volute da Stalin, che annientarono non solo la maggior parte dei vecchi bolscevichi che avevano guidato la rivoluzione di Ottobre, come Kamenev, Zinoviev, Bucharin, Rykov e tanti altri, ma anche la maggior parte del comitato centrale in carica nel 1934, una grande quantità di quadri intermedi, di generali e di ufficiali delle forze armate. E le stragi staliniane non risparmiarono i partiti "fratelli", alcuni dei quali furono praticamente decapitati dei loro gruppi dirigenti, mentre migliaia di comunisti stranieri, divenuti sospetti alla polizia staliniana, finirono nei campi di concentramento e molti furono uccisi o morirono di stenti. Tra gli italiani, comunisti e simpatizzanti, emigrati in URSS durante il fascismo, molti (forse più di cento o addirittura duecento) caddero vittime del terrore staliniano. (cap. 5V, pp. 462-463)
 
===Vol. X ''La seconda guerra mondiale, il crollo del fascismo, la Resistenza''===
*La [[seconda guerra mondiale]], come la prima, fu il risultato di una serie di contraddizioni e di tensioni internazionali ed interne, tipiche dei paesi economicamente più sviluppati e politicamente più forti del mondo. In sostanza fu anch'essa il prodotto dell'imperialismo o, più esattamente, di una certa fase di sviluppo a cui era giunto al principio del secolo XX la società capitalistica, e insieme di un certo tipo di civiltà (quindi di istituzioni, di cultura, di ideologie e di costume), che i paesi più progrediti avevano in parte ereditato dal passato e in parte fatto sorgere nel corso dell'Ottocento e dei primi anni del Novecento. (cap. 1I, p. 13)
*Di scarsa intelligenza e poco esperto di politica, [[Ettore Muti|Muti]] si rivelò ben presto poco propenso a seguire i consigli del suo protettore {{NDR|Galeazzo Ciano}} e fece pessima prova nella difficile carica {{NDR|di segretario del Partito Nazionale Fascista}} che gli era stata affidata, sicché l'ambizioso ministro degli esteri finì per rimpiangere quasi il filotedesco Starace. (cap. 1I, p. 30)
*Finite le ostilità contro la Francia e sfumate rapidamente le speranze tedesche e italiane che l'Inghilterra accettasse di trattare la pace, Hitler decise il 16 luglio {{NDR|1940}} di dare esecuzione al piano per l'invasione dell'Inghilterra (denominato operazione [[Operazione Leone marino|"leone marino"]]) e respinse l'offerta fattagli da Mussolini già il 26 giugno in vista della probabilità dell'operazione stessa, di un corpo di spedizione italiano per partecipare all'invasione motivando il rifiuto con difficoltà logistiche. (cap. 1I, p. 65)
*Sostenitore di una religiosità indipendente da qualsiasi forma di chiesa o di setta, fondata sulla fratellanza umana, la non violenza e il pacifismo, [[Aldo Capitini|Capitini]] rimase sempre decisamente antifascista, sebbene non volesse mai far parte di alcuna organizzazione propriamente politica (neppure del partito d'azione) e si limitasse ad una funzione di ispiratore morale. (cap. 2II, p. 144)
*Per il governo Badoglio, l'[[armistizio di Cassibile]] ebbe un aspetto positivo e uno negativo. Il primo consistette nel riconoscimento da parte degli anglo-americani del governo stesso, come controparte legittima che servì a confermare per l'avvenire la continuità dello stato italiano e, per un certo periodo, anche della monarchia. Il secondo consistette invece nel fatto che l'armistizio sanzionò la fine della linea politica adottata dal gruppo badogliano subito dopo il 25 luglio, imperniata sull'idea che si potesse operare un rovesciamento delle alleanze anziché accettare un documento di resa, e soprattutto di ottenere che gli anglo-americani sbarcassero in Italia con forze così grandi da rendere possibile una rapida eliminazione dei tedeschi dal Centro e dal Sud del paese senza che fosse necessaria una forte azione dell'esercito italiano contro i tedeschi stessi, in particolare senza che questa azione assumesse fin dall'inizio un carattere apertamente offensivo. (cap. 2II, pp. 215-216)
*[...] in pratica il nuovo stato fascista {{NDR|la [[Repubblica Sociale Italiana]]}} fu per i tedeschi il mascheramento del loro dominio militare, mentre Mussolini fu costretto a scendere un altro gradino della carriera a ritroso che aveva cominciato a percorrere da quando si era alleato con Hitler: egli infatti passò dal grado di alleato subalterno a quello di governante fantoccio di questo Stato italiano vassallo del Grande Reich. (cap. 3III, p. 242)
*{{NDR|[[Rastrellamento del ghetto di Roma]]}} [...] nella notte tra il 15 e il 16 ottobre {{NDR|1943}}, {{NDR|[[Herbert Kappler|Kappler]]}} fece circondare il ghetto, dove risiedevano gli ebrei più poveri, da reparti delle SS arrivati appositamente a Roma e fece dare la caccia agli israeliti che abitavano in altri quartieri della città. Più di mille ebrei furono catturati e rinchiusi provvisoriamente nel locali dell'ex Collegio militare; quindi il 18 ottobre furono caricati su di un treno composto di carri merci, che, dopo un viaggio bestiale di sei giorni, li scaricò al campo di sterminio di Auschwitz in Polonia, ove quasi tutti furono uccisi nelle camere a gas. In tutto, tenuto conto degli ebrei catturati negli altri quartieri della città durante i nove mesi dell'occupazione tedesca, 2.091 israeliti di Roma furono inviati nei campi di sterminio. Di essi sarebbero ritornati soltanto 73 uomini e 28 donne. (cap. 3III, p. 264)
*L'[[Sbarco di Anzio|operazione "Shingle"]], come fu chiamato dagli anglo-americani lo sbarco ad Anzio e a Nettuno, fu voluta soprattutto da Churchill, il quale, pur avendo accettato nelle già ricordate conferenze di Teheran e del Cairo che il principale sforzo alleato in Europa fosse effettuato nella Francia settentrionale, era rimasto del parere che fosse possibile anche un'operazione in Italia allo scopo di prendere Roma e di conseguire così un grosso successo di prestigio oltre che strategico, in quanto i tedeschi sarebbero stati probabilmente costretti ad abbandonare l'Italia centrale. (cap. 3III, p. 268)
 
===Vol. XI ''La fondazione della Repubblica e la ricostruzione. Considerazioni finali''===
*[...] la [[dottrina Truman]] fu anche il punto di partenza di una rottura tra Occidente e Oriente che, per molti aspetti dura tuttora. Infatti non solo essa provocò come conseguenza immediata il fallimento della conferenza di Mosca sulla sistemazione della Germania, peraltro già pregiudicata nel senso della divisione con la creazione della Bizona, ma implicò una serie di altre decisioni contrapposte sia degli Stati Uniti sia dell'Unione Sovietica. In questo senso si può porre nel marzo 1947 l'inizio di quella forma nuova di conflitto, che pochi mesi dopo il giornalista americano [[Walter Lippmann]], con un'espressione che ebbe grande fortuna, definì la "guerra fredda". (cap. 2II, pp. 98-99)
*[...] l'elaborazione della nuova [[Costituzione della Repubblica Italiana|carta costituzionale]] {{NDR|italiana}}, sulla cui importanza è superfluo insistere, fu caratterizzata fino alla sua conclusione da una collaborazione tra la democrazia cristiana e gli altri partiti antifascisti, che invece nel campo politico ed economico si era definitivamente rotta con la crisi del maggio '47. L'approvazione della Costituzione repubblicana fu pertanto l'ultimo atto comune dei partiti che avevano lottato contro il fascismo e aveva contribuito al suo abbattimento col movimento della Resistenza. (cap. 2II, p. 141)
*[...], l'estromissione dei comunisti e dei socialisti dal governo nel maggio 1947 non fu imposta dal governo americano, ma da questo fu approvato e incoraggiato in seguito alle sollecitazioni di [[Alcide De Gasperi|De Gasperi]], che sua volta si fece interprete delle pressioni delle forze conservatrici e moderate italiane. (cap. 3III, p. 157)
*Dopo l'enunciazione della dottrina di Truman<ref>Stategia di politica estera del Presidente statunitense per contrastare l'espansionismo comunista nel secondo dopoguerra.</ref> e il fallimento della conferenza di Mosca del marzo-aprile 1947, la prima mossa importante del governo di Washington fu il lancio del [[piano Marshall]] (detto poi ufficialmente ERP: ''European Recovery Program''), così chiamato dal nome del segretario di Stato, George Marshall, che ne indicò le linee generali in un discorso tenuto all'Università di Harvard il 5 giugno 1947, al quale fu dato un grande rilievo propagandistico. (cap. 3III, p. 157)
*Il piano {{NDR|Marshall}}, preparato dal Dipartimento di Stato per opera soprattutto di Dean Acheson e di George Kennan, partiva dalla constatazione che al principio del '47 la ripresa economica dei paesi europei procedeva lentamente e non aveva ancora raggiunto il livello dell'anteguerra, pur con differenze tra un paese e l'altro. Di conseguenza, secondo i dirigenti americani, anche la situazione politica di vari paesi europei presentava elementi di incertezza di cui potevano approfittare i comunisti per tentare azioni eversive o per appoggiare una penetrazione sovietica. Pertanto il principale scopo del piano era quello di facilitare la ripresa economica europea con grossi interventi finanziari americani rivolti a stabilizzare la situazione sociale e politica dell'Europa occidentale e a rendere quindi impossibile eventuali azioni espansionistiche dell'URSS appoggiate dai comunisti. (cap. 3III, pp. 157-158)
*La fondazione del [[Cominform]] (ufficialmente: Ufficio informazione dei partiti comunisti ed operai) fu stabilita da un convegno, tenuto a Szklarska Poreba in Polonia dal 22 al 27 settembre 1947, a cui parteciparono i rappresentanti dei partiti comunisti sovietico, polacco, cecoslovacco, ungherese, romeno, bulgaro, jugoslavo, francese e italiano. Questa nuova organizzazione non ebbe quindi un 'estensione mondiale, come la Terza Internazionale (Comintern) sciolta nel 1943, ma riguardò soltanto i sette partiti al potere nell'Europa orientale, e i due maggiori partiti di opposizione dell'Europa occidentale. I limiti geografici del Cominform indicavano dunque abbastanza chiaramente che esso nasceva in contrapposizione ai governi europei che avevano aderito al [[piano Marshall]]. (cap. 3III, p. 159)
*La trasformazione delle democrazie popolari dell'Est Europeo in regimi di tipo staliniano avvenne nel corso di alcuni mesi con un processo che, pur con diversità nei vari paesi, presenta alcuni caratteri comuni. Tra questo sono da ricordare l'assorbimento dei partiti socialisti da parte di quelli comunisti, la soppressione dei partiti contadini che avevano collaborato coi comunisti all'attuazione di vaste riforme agrarie; l'eliminazione di partiti democratici e moderati, preceduti o seguiti dalla fuga all'estero o dalla eliminazione dei rispettivi ''{{sic|leaders}}''. Queste misure furono accompagnate o seguite da una serie di processi che colpirono con condanne a morte o alla prigione dirigenti comunisti invisi a Stalin. (cap. 3III, p. 160)
*[[Amintore Fanfani|Fanfani]], che pure proveniva dalla sinistra dossettiana, non osteggiò i governi centristi ma si allontanò sensibilmente dalla linea prevalentemente liberista seguita da De Gasperi per favorire una tendenza neocapitalistica caratterizzata da un'accentuazione dell'intervento pubblico nell'economia. Il nuovo ''leader'' democristiano favorì lo sviluppo degli enti pubblici come l'IRI e l'ENI, e l'insediamento di uomini della DC o a questa graditi nei quadri dirigenti degli enti stessi, degli istituti di credito, della RAI-TV ecc. (cap. 5V, p. 328)
*La crisi di alcune impostazioni ideologiche non significa rinuncia agli ideali di libertà, di democrazia e di progresso, purché sia chiaro che il [[progresso]] non è una legge della storia ma è un obiettivo che la volontà umana deve proporsi. (cap. 5V, p. 339)
 
===[[Explicit]]===
Il problema generale che oggi si pone è quello di indirizzare il progresso tecnologico verso il conseguimento della democrazia del massimo possibile di benessere e di cultura per gli uomini comuni, che lavorano, soffrono e lottano per una vita migliore. Si tratta di un problema che ovviamente riguarda tutto il mondo e non solo l'Italia, ma alla cui soluzione l'Italia può dare un contributo importante anche se non decisivo. <!--(vol. 12, cap, 5V Considerazioni finali: l'Italia moderna, pp. 339-340)-->
 
==Citazioni su Giorgio Candeloro==