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==''Eneide''==
{{Vedi anche|Eneide}}
===[[Incipit]]===
====Annibal Caro====
''L'armi canto e 'l valor del grand'eroe<br>che pria da Troia, per destino, a i liti<br>d'Italia e di Lavinio errando venne;<br>e quanto errò, quanto sofferse, in quanti<br>e di terra e di mar perigli incorse,<br>come il traea l'isuperabil forza<br>del cielo, e di Giunon l'ira tenace;<br>e con che dura e sanguinosa guerra<br>fondò la sua cittade, e gli suoi dei<br> ripose in Lazio: onde cotanto crebbe<br> il nome de' Latini, il regno d'Alba,<br> e le mura e l'imperio alto di Roma.''<br>
{{NDR|Virgilio, ''Eneide'', traduzione di [[Annibal Caro]]}}
 
====M. Scaffidi Abbate====
<poem>Canto le armi e l'uomo che per primo dalle terre di Troia
raggiunse esule l'Italia per volere del fato e le sponde
lavine, molto per forza di dèi travagliato in terra
e in mare, e per la memore ira della crudele Giunone,
e molto avendo sofferto in guerra, pur di fondare
la città, e introdurre nel Lazio i Penati, di dove la stirpe
latina, e i padri albani e le mura dell'alta Roma.</poem>
{{NDR|Virgilio, ''Eneide'', traduzione di M. Scaffidi Abbate, Newton Compton}}
 
===Citazioni===
;Libro I
*Sta riposta nel profondo dell'animo la memoria del giudizio di Paride, e dell'ingiuria fatta alla sua spregiata bellezza. (I, 26-27)
:''Manet alta mente repostum | Judicium Paridis spretaeque injuria formae''.
*Di tanto momento era il fondare il popolo di Roma. (I, 33)
:''Tantae molis erat Romanam condere gentem''.
*O tre e quattro volte beati. (I, 94)
:''O terque quaterque beati!''
*Appariscono pochi che nuotano nell'ampio gorgo. (I, 118)
:(Adparent) ''Rari nantes in gurgite vasto''.
*Le [[armi]] sono al servizio del furore. (I, 150)
:''Furor arma ministrat''.
*Forse un [[giorno]] ci allieterà [[ricordo|ricordare]] tutto questo. (I, 203)
:''Forsan et haec olim meminisse iuvabit.''
*Attraverso varie avventure, e tante vicende di cose. (I, 204)
:''Per varios casus, per tot discrimina rerum''.
*Perseverate, e serbatevi a migliore avvenire. (I, 207)
:''Durate, et vosmet rebus servate secundis''.
*''Al loro dominio non pongo né limiti di spazio né di tempo: | ho promesso un impero infinito''. (I, 278-9)
:''His ego nec metas rerum nec tempora pono: / imperium sine fine dedi''.
*Sono il [[pietà|pio]] Enea, noto per [[fama]] oltre i [[cielo|cieli]], e con la flotta mi porto appresso i Penati scampati al [[nemico]]. Cerco la [[patria]] [[Italia]] e gli [[antenati|avi]] miei, nati dal sommo Giove. (I, 378-380)
:''Sum pius Aeneas, raptos qui ex hoste Penates | classe veho mecum, fama super aethera notus. | Italiam quaero patriam et genus ab Iove summo.''
*{{NDR|Su [[Venere (divinità)|Venere]]}} Al camminare apparve veramente dea. (I, 405)
:''Vera incessu patuit dea''.
*Anche qui i tristi casi del mondo hanno le loro lacrime, e muovono gli animi a compassione. (I, 462; citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Indice:Chi l'ha detto.djvu|Chi l'ha detto?]]'', U. Hoepli, Milano, 1921, p. 275).
:''Sunt lacrimae rerum, et mentem mortalia tangunt''.
*Non ignara della sventura, ho appreso a soccorrere gli sventurati. (I, 630)
:''Non ignara mali, miseris succurrere disco''.
;Libro II
*Tutti si tacquero, e intenti tenevano i volti. (II, 1)
:''Conticuere omnes, intentique ora tenebant.''
*Tu mi comandi, o regina, di rinnovare un inenarrabile dolore. (II, 3)
:''Infandum, regina, iubes renovare dolorem''.
*Le quali miserrime cose io stesso vidi e in cui ebbi gran parte. (II, 5-6)
:''Quaeque ipse miserrima vidi | Et quorum pars magna fui''.
*Non credete al [[cavallo]], o Troiani. Io temo comunque i [[Grecia|Greci]], anche se recano [[dono|doni]]. (II, 48-49)
:''Equo ne credite, Teucri.<br />Timeo Danaos et dona ferentes.''
*Da uno capisci come son tutti. (II, 64-65)
:''Ab uno disce omnis.''
*Inorridisco nel raccontare. (II, 204)
:''Horresco referens''.
*Quanto mutato da quello. (II, 274)
:''Quantum mutatus ab illo''.
*Già ardono le vicine case di Ucalegonte. (II, 311-312)
:''Jam proxumus ardet | Ucalegon''.
*La sola [[speranza]] per i [[sconfitta|vinti]] è non sperare in alcuna [[salute|salvezza]]. (II, 354)
:''Una salus victis nullam sperare salutem.''
*Arma imbelle senza forza. (II, 544)
:''Telumque imbelle sine ictu''.
*Restai stupefatto, i capelli mi si drizzarono in testa, e la voce rimase soffocata in gola. (II, 774. Ripetuto in III, 48)
:''Obstupui, steteruntque comae, et vox faucibus haesit''-
;Libro III
*A cosa non spingi i cuori degli uomini, o esecrabile fame dell'[[oro]]! (III, 56-57)
:''Quid non mortalia pectora cogis,<br />Auri sacra fames!''
*Tu mura grandi a grandi prepara. (III, 159-160)
:''Tu moenia magnis magna para.''
*I fati troveranno la via. (III, 395)
:''Fata viam invenient''.
*Resti tale cura ai nostri nipoti. (III, 505)
:''Maneat nostros ea cura nepotes''.
*O Dei, allontanate dalla terra un tale flagello! (III, 620)
:''Dî, talem terris avertite pestem!''
*''Quinci partito allor che da vicino | Scorgerai la Sicilia, e di Peloro | Ti si discovrerà l'angusta foce, | Tienti a sinistra, e del sinistro mare | Solca pur via quanto a di lungo intorno | Gira l'isola tutta, e da la destra | Fuggi la terra e l'onde. È fama antica | Che di questi or due disgiunti lochi | Erano in prima uno solo, che per forza | Di tempo di tempeste e di ruine | (Tanto a cangiar queste terrene cose | Può de' secoli il corso), un dismembrato | Fu poi da l'altro. Il mar fra mezzo entrando | Tanto urtò, tanto ròse, che l'esperio | Dal sicolo terreno alfin divise: | E i campi e le città, che in su le rive | Restaro, angusto freto or bagna e sparte. | Nel destro lato è Scilla; nel sinistro | è l'ingorda Cariddi.'' ({{Source|Eneide (Caro)/Libro terzo|658|III, 658-675}})
*{{NDR|Su Polifemo}} Orribile mostro. (III, 658)
:''Monstrum horrendum''.
*''Nel destro lato è [[Scilla]]; nel sinistro | È l'ingorda [[Cariddi]]. Una vorago | D'un gran baratro è questa, che tre volte | I vasti flutti rigirando assorbe, | E tre volte a vicenda li ributta | Con immenso bollor fino a le stelle. | Scilla dentro a le sue buie caverne | Stassene insidïando; e con le bocche | De' suoi mostri voraci, che distese | Tien mai sempre ed aperte, i naviganti | Entro al suo speco a sè tragge e trangugia. | Dal mezzo in su la faccia, il collo e 'l petto | Ha di donna e di vergine; il restante, | D'una pistrice immane, che simíli | A' delfini ha le code, ai lupi il ventre. | Meglio è con lungo indugio e lunga volta | Girar Pachino e la Trinacria tutta, | Che, non ch'altro, veder quell'antro orrendo, | Sentir quegli urli spaventosi e fieri | Di quei cerulei suoi rabbiosi cani.'' ({{Source|Eneide (Caro)/Libro terzo|675|III, 675-694}})
*''Ma sì d'[[Etna]] vicino, che i suoi tuoni | E le sue spaventevoli ruine | Lo tempestano ognora. Esce talvolta | Da questo monte a l'aura un'atra nube | Mista di nero fumo e di roventi | Faville, che di cenere e di pece | Fan turbi e groppi, ed ondeggiando a scosse | Vibrano ad ora ad or lucide fiamme | Che van lambendo a scolorir le stelle; | E talvolta, le sue viscere stesse | Da sè divelte, immani sassi e scogli | Liquefatti e combusti al ciel vomendo | In fin dal fondo romoreggia e bolle.'' ({{Source|Eneide (Caro)/Libro terzo|897|III, 897-909}})
*''Giace de la Sicania al golfo avanti | un'isoletta che a Plemmirio ondoso | è posta incontro, e dagli antichi è detta | per nome [[Isola di Ortigia|Ortigia]]. A quest'isola è fama | che per vie sotto al mare il greco Alfeo | vien da Dòride intatto, infin d'Arcadia | per bocca d'Aretusa a mescolarsi | con l'onde di [[Sicilia]].'' ({{Source|Eneide (Caro)/Libro terzo|1093|III, 1093-1100}})
;Libro IV
*Conosco i segni dell'antica fiamma<ref>Traduzione di [[Annibal Caro]]; con queste parole Didone confessa alla sorella il suo amore per Enea.</ref>. (IV, 23)
:''Adgnosco veteris vestigia flammae.''
*La [[fama]], male di cui nessun altro è più veloce. (IV, 174)
:''Fama, malum qua non aliud velocius ullum''.
*La fama, andando, diventa più [[grandezza|grande]], e acquista vigore nell'andare. (IV, 174-175)
:''Fama crescit eundo | Viresque acquirit eundo''.
*Crudele [[Amore]], a che cosa non forzi i cuori degli uomini! (IV, 412)
:''Improbe Amor, quid non mortalia pectora cogis!''
*Resta immutato nel suo pensiero, e lascia scorrere inutilmente le lacrime. (IV, 449)
:''Mens immota manet, lachrimae volvuntur inanes''.
*La [[donna]] è sempre cosa varia e mutevole. (IV, 569-570)
:''Varium et mutabile semper | Femina''.
*Sorga dalle nostre ossa un qualche vendicatore! (IV, 625)
:''Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor!''
*Morrò invendicata! Ebbene, si muoia, disse. Così, cosi devo scendere fra le ombre. (IV, 658-659; citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Indice:Chi l'ha detto.djvu|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921)
:''Moriemur inultae! | Sed moriamur, ait. Sic, sic juvat ire sub umbras''.
*{{NDR|[[Ultime parole dai libri|Ultime parole]]}} ''Adunque | morrò senza vendetta? Eh, che si muoia, | comunque sia. Cosí, cosí mi giova | girne tra l'ombre inferne: e poi ch'il crudo, | mentre meco era, il mio foco non vide, | veggalo di lontano; e 'l tristo augurio | de la mia morte almen seco ne porte''. (Didone: IV, 993-999)
;Libro V
*Tienti vicino al lido... altri vadano in alto mare. (V, 163-164)
:''Litus ama... | Altum alii teneant''.
;Libro VI
*[[Guerra|Guerre]], orrende guerre. (VI, 86)
:''Bella, horrida bella''.
*Tu non cedere alle disgrazie, ma va' loro incontro con più coraggio. (VI, 95)
:''Tu ne cede malis, sed contra audentior ito''.
*Scendere agli [[Inferno|Inferi]] è facile: la porta di Dite è aperta [[notte]] e [[giorno]]; ma risalire i gradini e tornare a vedere il [[cielo]] – qui sta il [[difficoltà|difficile]], qui la vera [[fatica]]. (VI, 126-129)
:''Facilis descensus Averno:<br />noctes atque dies patet atri ianua Ditis;<br />sed revocare gradum superasque evadere ad auras,<br />hoc opus, hic labor est.''
*Appena strappato il primo, non tarda a comparirne un altro. (VI, 143)
:''Primo avolso, non deficit alter''.
*Lungi, lungi, o profani! (VI, 258)
:''Procul o! procul este profani''.
*Ora è d'uopo, Enea, di coraggio e di saldo petto. (VI, 261)
:''Nunc animis opus, Aenea, nunc pectore firmo''.
*La [[Fame]] cattiva consigliera e la [[Povertà]] vergognosa. (VI, 276)
:''Malesuada Fames ac turpis Egestas''.
*Imparate a vivere rettamente ed a non disprezzare gli dei. (VI, 620)
:''Discite iustitiam moniti, et non temnere divos''.
*Un'[[intelligenza]] muove tutta quella massa. (VI, 727)
:''Mens agitat molem''.
*Vincerà l'[[patriottismo|amor di patria]] e l'immenso desiderio di gloria. (VI, 824)
:''Vincet amor patriae, laudumque immensa cupido.''
*[[Perdono|Perdonare]] quelli che si sottomettono e sconfiggere i [[superbia|superbi]]. (VI, 853)
:''Parcere subiectis et debellare superbos.''
*Date [[giglio|gigli]] a piene mani. (VI, 884)
:''Manibus date lilia plenis''.
;Libro VII
*Se non posso muovere i celesti, smuoverò gl'[[Inferno|Inferi]]. (VII, 312)
:''Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo.''
;Libro VIII
*La [[paura]] aggiunse ali ai piedi. (VIII, 224)
:''Pedibus timor addidit alas.''
*''Caco ladron feroce e furïoso, | D'ogni misfatto e d'ogni sceleranza | Ardito e frodolente esecutore.'' {{NDR|[[Insulti dai libri|insulto]]}} ([[s:Eneide (Caro)/Libro ottavo|VIII]], 312-314; trad. Caro)
;Libro IX
*Su me, su me, su me solo che il feci, volgete il ferro, o Rutuli. (IX, 427-428)
:''Me, me (adsum qui feci) in me convertite ferrum | O Rutuli''.
*Così si sale alle stelle. (IX, 641)
:''Sic itur ad astra''.
;Libro X
*Perché mi obblighi a rompere il mio profondo silenzio? (X, 63-64)
:''Quid me alta silentia cogis | Rumpere?''
*La [[fortuna]] [[aiuto|aiuta]] gli [[audacia|audaci]]. (X, 284)
:''Audentes fortuna iuvat.''
*Ciascuno ha fissato il suo giorno. (X, 467)
:''Stat sua cuique dies''.
;Libro XI
*Credete a chi ha provato. (XI, 283)
:''Experto credite''.
*Ognuno sia [[speranza]] di se stesso.<ref name="multidieci"/> (XI, 309)
:''Spes sibi quisque''.
;Libro XII
*D'Italica forza possente sia la stirpe di [[Roma]]. (XII, 827)
:''Sit Romana potens Itala virtute propago''.
*E la vita gemendo fuggì angosciata fra l'ombre. (XII, 952)
:''Vitaque cum gemitu fugit indignata sub umbras''.
 
===Citazioni sull'''Eneide''===
*''De l'Eneïda dico, la qual mamma | fummi, e fummi nutrice, poetando: | sanz'essa non fermai peso di dramma.'' ([[Dante Alighieri]], ''[[Divina Commedia]]'')
*L'''Eneide'' è l'opera di un uomo dedicato alla morte ed è – secondo il simbolismo demonico di cui la storia si serve per illuminare tutto un complesso di rapporti – rimasta incompiuta, interrotta ad un passo dalla meta. È sorta nell'ultimo euforico barbaglio di una cultura vecchia di secoli a cui si è spezzato il cuore. Il suo sguardo estremo e illuminato nell'attimo in cui muore si volta intorno e in un momento magico rivive ancora una volta, l'ultima, tutto il passato mentre le porte del futuro già si spalancano e ne fiotta l'oro dell'eternità. ([[Rudolf Borchardt]])
*Nella storia di Enea sono fusi sia il carattere guerresco dell'<nowiki></nowiki>''Iliade'' sia le peregrinazioni dell'''Odissea'' [...]. ([[Nikolaj Dobroljubov]])
*Qui si tratta di una creazione che è una creatura, la figlia del mondo occidentale, un poema. Essa è custode di un'infinita attesa di qualcosa che è più di una fede o di una dottrina; è una dolce immensa distesa di tempo riservata alle messi e alle speranze di tutti i tempi. ([[Rudolf Borchardt]])
*Virgilio insomma ha compiuto il miracolo di far fiorire la poesia eroica dal seno di una coscienza matura, nutrita di esperienza storica e di filosofia. La differenza rispetto al modello omerico non potrebbe essere più profonda. [[Omero]] mirava, più che altro, alla rappresentazione dei fatti esterni, pur illuminandoli con un alto patetico senso di umanità; Virgilio invece rivolge l'attenzione ai moventi psicologici . ai travagli spirituali, alle leggi misteriose, eterne che governano i fatti e il divenire della storia. Perciò ritroviamo nell'Eneide il nostro poeta, ne' suoi aspetti più personali e suggestivi; lo ritroviamo tormentato dal senso del dolore, ansioso di pace, di rivelazione. ([[Augusto Rostagni]])
 
==''Georgiche''==