Pier Paolo Pasolini: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m +wikilink
Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile
Riga 82:
==''L'odore dell'India''==
*Fortunatamente l'[[induismo]] non è la religione di stato. Perciò i santoni non sono pericolosi. Mentre i loro fedeli li ammirano (ma mica tanto, poi), c'è sempre un mussulmano, un buddista o un cattolico che li guarda con compassione, ironia o curiosità. È un fatto, comunque, che in India l'atmosfera è favorevole alla religiosità, come dicono anche i referti più banali. Ma a me non risulta che gli indiani siano molto occupati da seri problemi religiosi. Certe loro forme di religiosità sono coatte, tipicamente medioevali: alienazioni dovute all'orrenda situazione economica e igienica del paese, vere e proprie nevrosi mistiche, che ricordano quelle europee, appunto, del medioevo, che possono colpire individui o intere comunità. Ma più che una religiosità specifica (quella che dà i fenomeni mistici o la potenza clericale) ho osservato tra gli indiani una religiosità generica e diffusa: un prodotto medio della religione. La non violenza, insomma, la mitezza, la bontà degli indù. Essi hanno forse contatto con le fonti dirette della loro religione (che è evidentemente una religione degenerata) ma continuano a esserne dei frutti viventi. Così la loro religione, che è la più astratta e filosofica del mondo, in teoria, è, ora, in realtà, una religione totalmente pratica: un modo di vivere.
*Ci sono sessantamila lebbrosi, a [[Calcutta]], e vari milioni in tutta l'India. È una dellledelle tante cose orribili di questa nazione, davanti a cui si è del tutto impotenti: in certi momenti ho provato dei veri impulsi di odio contro [[Jawaharlal Nehru|Nehru]] e i suoi cento collaboratori intellettuali educati a Cambridge: ma devo dire che ero ingiusto, perché veramente bisogna rendersi conto che c'è ben poco da fare in quella situazione.
*Sia ben chiaro che l'India non ha nulla di misterioso, come dicono le leggende. In fondo si tratta di un piccolo paese, con solo quattro o cinque grosse città, di cui una sola, Bombay, degna di questo nome; senza industrie, o quasi; molto uniforme e con semplici stratificazioni e cristalizzazioni storiche.<br>In sostanza si tratta di un enorme sottoproletario agricolo, bloccato da secoli nelle sue istituzioni dalla dominazione straniera: il che ha fatto sì che quelle sue istituzioni si conservassero e, nel tempo stesso, per colpa di una conservazione così coatta e innaturale, degenerassero.
*La gente che in [[India]] ha studiato, o possiede qualcosa, o comunque compie quella funzione che si chiama del «dirigere», sa che non ha speranza: appena uscita, attraverso una coscienza culturale moderna, dall'inferno, sa che dovrà restare all'inferno. L'orizzonte di una sia pur vaga rinascita non si delinea in questa generazione, e neanche nella prossima, e chissà in quale delle future. L'assenza di ogni attendibile speranza fa sì che i borghesi indiani, ripeto, si chiudano in quel po' di certo che possiedono: la famiglia. Vi si chiudono per non vedere e per non esser visti. Hanno un nobilissimo senso civico: e i loro ideali, Gandhi e Nehru, sono lì a testimoniarlo: possiedono una qualità assolutamente rara, nel mondo moderno: la tolleranza. Ciò nonostante l'impossibilità ad agire li costringe a uno stato di rinuncia che rimpicciolisce il loro orizzonte mentale: ma tale angustia, per ora, è indefinitamente più commovente che irritante. E questo è certo: che non è mai volgare. Benché l'India sia un inferno di miseria è meraviglioso viverci, perché essa manca quasi totalmente di volgarità.