Arnaldo Cipolla: differenze tra le versioni

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==''Nell'impero di Menelik''==
*La legge abissina vieta in modo perentorio e minaccia le pene più gravi a coloro che si permettessero di sospettare pubblicamente lo stato meno che ottimo della salute dell'Imperatore. In Abissinia il [[Negus]] che riassume in sè tutti i poteri non è concepibile agli occhi della folla che come una divinità sottratta alle cause comuni che possono indebolire gli organismi dei semplici mortali. (p. 15)
*La potenza di Taitù dipendeva essenzialmente dalla vita di Menelik, la sua caduta poteva essere una delle prove più sicure della morte dell'Imperatore. (p. 15)
*Menelik checchè se ne dica lascerà l'Abissinia ben poco differente dal punto di vista dell'unità nazionale da quello che era agli inizi del suo regno. L'amalgama dei cento popoli compresi entro i confini dell'impero è apparente, incerta, come lo era venticinque anni or sono. Il prestigio personale dell'Imperatore ha sopito le cause di conflagrazione interna, ma non le ha certo neutralizzate, e dato che nessuna nazione europea ha per ora nelle sue vedute, l'idea di attentare alla integrità dell'impero, rimane senz'altro scartata la possibilità di una provocazione che riesca a suscitare un movimento simile a quello verificatosi nel novantasei contro di noi. Al giorno d'oggi scioani, galla, tigrini ed amhara si odiano non meno profondamente di come si odiavano per il passato. (pp. 19-20)
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*Gli azebù galla sono considerati dalle altre popolazioni come una razza di schiavi. È in mezzo ad essi che si compiono ancora oggi le retate più numerose di quegli infelici. (p. 78)
*La cultura in Abissinia è assolutamente primitiva basandosi soltanto sul Vangelo dopo del quale lo spirito etiopico mostra di ignorare o per lo meno di trascurare qualsiasi altra manifestazione che possa essere sortita dal pensiero umano. (p. 80)
*La posizione dello schiavo in Abissinia non è certo la medesima che esisteva nell'Africa Centrale prima della occupazione europea. Gli schiavi che vivono in Etiopia non sono nè percossi nè soggetti a lavori inumani, ed il loro padrone deve in certo qual modo rispondere dinanzi al ''Feta negast'' (la legge abissina) della vita del suo schiavo. Ma questi derelitti che disimpegnano tutti i lavori più gravosi, non hanno famiglia, beni, diritti e la questione della schiavitù in Abissinia, che le potenze civili si sono tacitamente impegnate di non sollevare, costituisce un obbrobrio che non accenna affatto a diminuire. (pp. 97-98)
*Tutti sanno che Menelik ha aderito alla conferenza di Bruxelles per l'abolizione della schiavitù e chi è stato in Abissinia sa pure come sia assolutamente proibito e mostrare di sapere che la schiavitù è in fiore. (p. 98)
*[[ligg Iasù|Yasu]], il figlio di Micael, l'erede del trono, mi ha lasciato una indimenticabile impressione di dolcezza, di bontà e di mitezza. (p. 109)
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*Mi ero immaginato Yasu di una ingenuità assai diversa di come le sue prime parole me lo facevano apparire. In tutto il mondo etiopico non esiste una figura che contrasti maggiormente con l'ambiente. Simpatia, squisitezza di sentimenti e di modi, leggiadria dell'aspetto esteriore, tutte le qualità insomma che formano la seduzione dell'adolescenza, Yasu le possiede e le ispira. (p. 110)
*{{NDR|Su [[Gugsà Oliè]]}} È magro, ha rari capelli grigi e pochi peli sul mento. Il colorito della pelle è molto chiaro. Parla piano lentamente socchiudendo gli occhi e come cercando le frasi. Io non ho molta voglia di fargli dei complimenti. (p. 126)
*Gli abissini non possegonoposseggono nulla di quello che forma la ''joie de vivre''. Non sembrano mai lieti, sono dilaniati e decimati da una quantità di malattie che i selvaggi ignorano, hanno soppresso l'amore sopprimendo nella donna la sorgente della sensualità, hanno soppresso la danza, hanno delle chiese misteriose ed impenetrabili al volgo. [...] Io credo fermamente che questa condizione di cose, questo immenso velo di tristezza che si estende in tutta l'Etiopia e ne fa la vita priva di ogni bellezza, sia opera di quella specie di cristianesimo rozzo, crudele, impenetrabile che ha preso a prestito una folla di credenze dalle religioni feroci degli avi antichissimi e che è rimasto giudaico nel fondo, con tutta l'ineffabile melanconia che ha caratterizzato le forme e la vita del popolo ebreo. Del resto, quella povera gente è la più pacifica del mondo. Fra di essa non deve mai succedere un delitto, sembra un paese rassegnato sotto il peso di un dolore che tolga alle anime degli uomini ogni motivo per amare la vita. (p. 152-153)
*Gli abissini hanno ricevuto dall'Europa il dono delle sue armi perfezionate ma non quello di sapervi adattare il loro costume guerriero. (p. 174)
*Dal punto di vista abissino Ras Oliè non era un cattivo amministratore, proteggeva anzi i contadini (gli abissini benintesi non i suoi sudditi di altre razze) ed aveva come pregio una certa rude sincerità che lo rendeva abbastanza amato. Era anche favorito dal fatto di comandare il più bel paese di Abissinia ed il più fertile. (p. 192)
*Oliè dunque non era un cattivo capo, ma aveva delle crisi veramente pazzesche per cui più di una volta i sudditi medesimi furono costretti ad imbavagliarlo ed a legarlo. (p. 192)
*I giudizi abissini sono condotti con sottigliezza ed acume. L'amministrazione della giustizia forma del resto l'occupazione principalissmaprincipalissima di tutti coloro che detendonodetengono un comando od una carica. Dopo la passione per le armi, credo che quella per i tribunali sia nell'anima abissina la più forte. (p. 202)
*La mentalità abissina non fa distinzione fra il merito di sopprimere un nemico della patria e quello di abbattere un elefante. È gloria del medesimo genere, onorata dagli stessi segni esteriori in vita ed in morte, con l'anellino d'oro appeso all'orecchio a mò di pendente e con il fascio delle bacchette sulla fossa. (p. 210)
*Gli abissini si riservano un solo mestiere per il quale dimostrano ottime attitudini ed una passione straordinaria: quello del commerciante girovago, del ''nagadi''; il vero, l'instancabile viaggiatore del suo paese, occupazione che risponde del resto alla passione per la vita nomade diffusissima in Etiopia. (p. 214)
*La conquista dei galla, iniziata da Menelik nel 1870 ebbe fine nel 1897 con l'assoggettamento dei borana. I galla difesero con la forza della disperazione le loro terre: solo le scordiediscordie fra tribù e tribù e i fucili dei quali l'Europa aveva invaso l'Abissinia finirono per avere ragione sul loro valore e sul loro numero. Decimati dalla strage e dalle carestie susseguenti alle guerre ed alle razzie che popolarono l'Abissinia di schiavi, i galla si sottomisero agli scioani, ma l'odio di razza cova in loro tenace e paziente fomentato dalle tristi condizioni provocate dal governo dispotico e crudele dei luogotenenti abissini. (p. 239)
*I galla non hanno una religione ben determinata ma tengono in onore più di qualunque altro popolo d'Abissinia e forse di Africa la carità e la tolleranza. Le loro credenze sono un miscuglio di giudaismo, di islamismo e di paganesimo. Adorano Oul dio del cielo assisstitoassistito da quarantaquattro geni secondari e quelli fra i galla che sono cristiani continuano ad invocare cotesti geni fra le preghiere di un cristianesimo denaturato. L'islamismo dei galla, dov'è diffuso, ha essenzialmente carattere di opposizione politica agli abissini copti. (p. 250)
*Il Tigrè vive e respira unicamente sulla nostra Eritrea, sul porto di [[Massaua]]. (p. 272)