Guido Piovene: differenze tra le versioni

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*[[Ascoli Piceno]] [...] è una tra le più belle piccole città d'Italia, e non ne vedo altra che le assomigli. [[André Gide|Gide]] la prediligeva [...] bella come alcune città della [[Francia]] del sud, non tanto per questo o quel monumento in modo speciale, ma per il suo complesso, per la qualità antologica, per un incanto che viene da nulla e da tutto. Più di qualsiasi altra dev'essere difesa da stupidi sventramenti. Bisogna avervi passeggiato, a cominciare dalla piazza del Popolo, la piazza italiana che insieme con quella di San Marco a [[Venezia]] dà più un'impressione di sala, cinta da porticati, chiusa dalla stupenda abside di San Francesco; o costeggiando il Battistero del Duomo; o lungo le rive scoscese del Tronto; e per le strade strette, chiamate «rue», dove i palazzi non si contano; e che si allargano in piazzette [...] Ascoli è città di torri, antologica come si è detto, perché vi si succedono molti stili, il romanico, il gotico, il rinascimentale, il barocco. Ma il romanico resta il fondo costante, il colore; chiese dalle pareti di pietra, senza finestre; un travertino d'un grigio caldo, uniforme, senza intonaco [...] Quel marmo grigio è tutto ornato, lavorato, istoriato [...] qui, su ogni porta e finestra, vedi frutta, fogliami, cariatidi femminili, fiori, animali, stelle, o anche semplicemente proverbi e sentenze scolpite. (2013, p. 534)
*[[Benevento]] non è Napoli, e ci tiene a farlo sapere. Già la loro indole, mi fanno notare i beneventani, differisce molto da quella del resto della Campania: più dura, più chiusa, più alpina. [[Salerno]] ha qualcosa di milanese per quanto è possibile nel Mezzogiorno; ho ritrovato ad [[Avellino]] esemplari perfetti di un certo tipo d'intellettuale del Sud, intelligente, pessimista, che contempla se stesso e i suoi malanni come un capitolo di storia. I beneventani invece trasportano se mai nel Sud qualche caratteristica dei trentini. Lo stesso clima è freddo, poco campano; gli splendidi panorami della provincia sono alpestri.<ref name=benevento>Citato in Gianandrea de Antonellis, ''Storia di Benevento'', Edizioni Realtà Sannita, maggio 1997.</ref> (2013, p. 496)
*[...] conoscere [[Andrea Palladio|Palladio]], la Basilica, la Loggia del Capitanio, la Rotonda, il teatro Olimpico, il palazzo Chiericati e gli altri attraverso gli studi è una conoscenza imperfetta. Bisogna vederlo a [[Vicenza]]. (2013, p. 49)
*Come ha trovato modo di convivere con i santi, con i miracoli, con la scienza e la tecnica, questo popolo vive in confidenza con le forze occulte e la potenze cosmiche. Dovunque si destreggia con la sua malizia, come la piccola barca sulle onde del mare. Anche per questo credo che il [[Vesuvio|vulcano di Napoli]], come gli scavi archeologici del Napoletano, non abbiano equivalenti in nessuna parte del mondo: tutto a Napoli, è umanizzato due volte. (2013, pp. 464-465)
*[...] conoscere [[Andrea Palladio|Palladio]], la Basilica, la Loggia del Capitanio, la Rotonda, il teatro Olimpico, il palazzo Chiericati e gli altri attraverso gli studi è una conoscenza imperfetta. Bisogna vederlo a [[Vicenza]]. (2013, p. 49)
*Dopo la caduta di Roma, Benevento ebbe un'altra epoca di splendore sotto il dominio longobardo, e fu il più importante feudo longobardo del Sud. Sotto Roma, e nel Medio Evo, fu grande centro di traffico commerciale fra Tirreno e Adriatico. I beneventani tengono a quello sfondo lontano di internazionalismo. Gli stessi nomi, mi dicono gli studiosi, nei documenti degli archivi, dimostrano che le famiglie provenivano da ogni parte; la popolazione aveva una composizione internazionale, e Benevento qualche cosa della metropoli.<ref name=benevento/> (2013, p. 496)
*Dovunque si sente lo spazio. Perciò L'Aquila è gaia. Posta ad oltre 700 metri, il più alto, se non erro, tra i capoluoghi di provincia italiani dopo Enna e Potenza, è una città che respira. Lo sguardo, appena trova un varco, subito va lontano, con l'immediatezza di un corpo sommerso che viene a galla, fino al [[Gran Sasso]] ed al [[Sirente]], dominanti la vasta conca. (2013, pp. 557-558)