Henri Michaux: differenze tra le versioni

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*È preferibile non viaggiare con un morto. (da ''La Nuit des Bulgares'' in ''Plume'', 1938; tagline del film ''[[Dead Man]]'', 1995)
*L'[[aggressività]], questa meschina parvenza d'audacia. (da ''Brecce'', traduzione di D. Grange Fiori, Adelphi, 1984)
*La [[pittura cinese]] è la precisione, l'assenza d'[[impressionismo]], di tremolio. Tra gli oggetti non c'è aria, ma un etere puro. Gli oggetti sono tracciati, sembrano dei ricordi. Sono loro, eppure sono assenti, come fantasmi delicati che il desiderio non ha chiamato. Il cinese ama soprattutto gli orizzonti lontani, ciò che non si può toccare.<br>L'europeo vuole poter toccare. L'aria dei suoi quadri è spessa. I suoi nudi sono quasi sempre sporcaccioni, anche nei soggetti tratti dalla ''Bibbia''. Il calore, il desiderio, le mani li tastano. (da ''Un barbaro in Asia''<ref>Traduzione di Antonio Mor, in ''Le più belle pagine delle letterature del Belgio'', a cura di Antonio Mor e Jean Weisberger, Edizioni Accademia, Milano, 1965, pp. 228-234; in ''Letteratura universale'', a cura di Luigi Santucci, vol. XXX: Antonio Mor, Jean Weisberger e Jan Hendrik Meter, ''Antologia delle letterature del Belgio e dell'Olanda'', Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1970, p. 118.</ref>)
*{{NDR|Il [[Taj Mahal]]}} Riunite l'apparenza delle materie della mollica di pane bianco, del latte, della polvere di talco e dell'acqua, mescolate e fate di ciò un eccessivo mausoleo, fateci un'entrata spalancata e formidabile, come per uno squadrone di cavalleria, ma dove non entrò mai che una bara. Non dimenticate le così inutili finestre con grate di marmo (perché la materia di cui parlo, e della quale tutto l'edificio è fatto, è un marmo estremamente delicato, squisito e come sofferente, fatto per la più rapida dissoluzione e che una pioggia scioglierà la sera stessa, ma che si mantiene intatto e verginale da tre secoli, con la sua irritante e inquietante struttura di edificio-fanciulla). Non dimenticate le inutili finestre di marmo dove la così intensamente rimpianta<ref>Mumtaz-i-Mahal, sposa dello Scià Jehan, morta di parto nel 1631. {{cfr}} ''Letteratura universale'', a cura di Luigi Santucci, vol. XXX: ''Antologia delle letterature del Belgio e dell'Olanda'', p. 114, nota 1.</ref>, la rimpianta del Gran Mogol, di [[Shah Jahan|Scià Jehan]], potrà venir a presentarsi al fresco della sera.<br>Malgrado i suoi ornamenti rigorosi, puramente geometrici, il Taj Mahal ondeggia. Il fondo della porta è come un'onda. Nella cupola, l'immensa cupola, un niente di troppo, un niente che tutti provano, qualcosa di doloroso. Dappertutto una medesima irrealtà. Perché questo bianco non è reale, non pesa, non è solido. Falso sotto il sole. Falso al chiaro di luna, sorta di pesce argentato costruito dall'uomo, con un intenerimento nervoso. (da ''Un barbaro in Asia''<ref>Traduzione di Antonio Mor, in ''Le più belle pagine delle letterature del Belgio'', pp. 228-234; in ''Letteratura universale'', a cura di Luigi Santucci, vol. XXX, pp. 114-115.</ref>)
*Sì, credo in Dio. Certo, lui non ne sa niente. (citato in ''Focus'', n. 83, p. 150)