Giampiero Mughini: differenze tra le versioni

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==''A via della Mercede c'era un razzista''==
*Per molti anni ha scritto a mano, secco e perentorio, con una penna stilografica Parker nera a inchiostro verde, l'inchiostro poi prediletto da Palmiro Togliatti, e tenendosi sulle ginocchia il figlio Cesare, avvolti entrambi in una nube di fumo, il fumo di qualcuna delle cento sigarette che [[Telesio Interlandi|Interlandi]] padre consuma in un giorno. Da alcuni anni ha preso invece a usare la Olivetti rossa. Batte lentamente, con l'indice della mano destra coadiuvato solo di tanto in tanto dall'indice della mano sinistra. Finisce comunque rapidamente, come sempre. Secco e perentorio. È di quelli che hanno inventato il giornalismo moderno, quel fraseggiare scarno, essenziale, che mira subito al cuore dell'argomento. Sin dalla fine degli anni Venti, Leo Longanesi, che se ne intendeva più di chiunque altro, aveva scritto che di giornalisti pari a Interlandi il fascismo non ne aveva. (cap. I, p. 14)
*[...] collaboratore ricorrentissimo tanto del «Tevere» che di «Quadrivio», l'architetto [[Vinicio Paladini]], un intellettuale «bolscevico» che da autore di strepitosi fotomontaggi e delle più belle copertine di libri degli anni Trenta è stato un po' il Moholy-Nagy italiano, un protagonista dell'avanguardia tra le due guerre che ancora attende adeguata valutazione. (cap. I, p. 18)
*Una foto di prima pagina {{NDR| del ''Quadrivio''}}<ref>Rivista, nata nel 1933, diretta da Telesio Interlandi.</ref> ci fa sapere che a Macallè<ref>Capitale del Tigrè, in Etiopia.</ref> è sorta la sede del Guf.<br>È per l'appunto il tempo dell'imbecille coloniale, così come più tardi sarà il tempo dell'imbecille neorealista, e, via via che ci avviciniamo agli anni nostri, dell'imbecille terzomondista, dell'imbecille operaista, dell'imbecille pacifista, dell'imbecille ecologico. Ogni epoca ha i suoi di imbecilli, e se li tiene preziosi. (cap. V, p. 133)
*[...], il 7 luglio {{NDR|1943}}, a poche ore dallo sbarco alleato in Sicilia, Interlandi affonda nuovamente il fioretto, questa volta dalla prima pagina del «Tevere». Contro chi? Contro [[Vittorio Cramer]]. E chi diavolo è Cramer? È l'annunciatore radiofonico del bollettino di guerra, un ebreo. La qual cosa a Interlandi non va proprio giù, la prende come un indebolimento della volontà di guerra, uno sconciare l'identità nazionale. Il suo corsivo è talmente spropositato da mandare su tutte le furie Fernando Mezzasoma, il direttore generale per il servizio della stampa italiana, che, appena presa in mano la copia del «Tevere», telefona a Interlandi ad abbaiargli se è quello il momento di prendersela con un annunciatore radiofonico perché ebreo. (cap. VII, p. 185)