Yahweh: differenze tra le versioni

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==Citazioni su Yahweh==
*Era un dio del deserto, di tribù nomadi. La concezione sua, nelle forme più antiche, era ricca più di determinazioni e di caratteri morali che di caratteri fisici. Concepito nel deserto, mancava di molte di quelle caratteristiche proprie delle divinità della natura. Era sì concepito come una personalità completa, con caratteri antropomorfici. Ma la sfera della sua azione era principalmente nei rapporti col suo popolo. Era il patriarca delle tribù israelitiche, collerico, ma insieme giusto, vindice tremendo delle iniquità che si commettevano: custode di quella relativa eguaglianza e di quella semplicità rozza e magnanima che fioriva sotto le tende dei nomadi del deserto. Dio della guerra accompagnava nelle guerre e nelle conquiste le sue tribù: concedeva ad esse il territorio conquistato, ed esigeva una parte del bottino, che rimaneva consacrato a lui, e colpito da interdetto. La lotta del suo popolo contro le altre stirpi era la lotta di Jahvè contro gli dei degli altri popoli ancora concepiti come esseri reali. ([[Adolfo Omodeo]])
*La santità di Jahvé consiste più che altro nella visibile sua potenza e maestà, per la quale, attorniato di tempesta e di fulmini, ei signoreggia gli esseri e distrugge tutto ciò che in natura gli è contrario o nemico. Di tal guisa Jahvé, terribile e invincibile guerriero, dalle Alpi del Sinai, dove scoppiano i suoi tremendi uragani, e dov'egli già fu solito di abitare antichissimamente, ha condotto pei deserti di Seir e di Pharan il suo popolo d'Israele alla conquista del felice paese che il Giordano impetuoso divide e feconda. Potenze celesti invisibili e incomprensibili son l'esercito di Dio, ma l'armata visibile di Jahvé si forma delle stesse tribù israelitiche, le quali, inspirate da un tanto Duce, si slanciano per le valli palestinesi a porvi tutto quanto a ferro e fuoco, distruggerne l'odiata gente Cananea, e ridurre gli scampati all'eccidio suoi schiavi perpetui. Così aspirano i Figli di Israele a stabilirsi per sempre in quella terra della Palestina sua, dove splendidi fiori germogliano, soavissimi frutti maturano, e i fiumi corrono di latte e di miele. ([[Salvatore Minocchi]])
*La tradizione biblica è concorde nel riconoscere il carattere del dio Jahvé, come di un dio meteorico, abitante fra le nubi della tempesta, tratte via da un vento possente. Il tuono è la sua voce, ed arma il fulmine. Jahvé nel panteon semitico è un tipo fra il Marte e il Giove della mitologia greco-latina; se, col fulmine in mano, egli è contro i nemici un vero dio di guerra e della morte, egli è un dio invece di bontà e di benessere per il suo popolo. La sua nube, portata da leggiero zeffiro, tempera allora sul nomade gli ardenti meriggi del deserto, e sui prati, le vigne, i giardini de' suoi fedeli sciogliesi in pioggia feconda. «Chày Jahvéh», ''Viva Jahvé''; ecco il grido di guerra con cui Mosè dovette agitare i connazionali verso la ribellione e la libertà, come due mil'anni dopo, Maometto suscitava l'incendio degli Arabi nel nome di Allah. ([[Salvatore Minocchi]])