Epopea di Gilgameš: differenze tra le versioni

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==Incipit==
*''Colui che ha visto tutto per farlo sapere al paese | Che tutto ha saputo per riferirlo a tutti, | [...] insieme [...] | [...] la saggezza di tutto sapere [[Gilgameš]]. | Egli ha visto il segreto coperto [...], | Ha portato notizia di ciò che era davanti al [[diluvio universale|diluvio]]. | Per una via lontana è andato, si è stancato e [in difficoltà]. | Ha scolpito su di una stele tutto il (suo) travaglio. | Ha fatto fare un muro di Uruk dai recinti, | Del santo Eanna, del santuario puro: | Guarda il suo muto, che è fatto come di bronzo, | Osserva i suoi rilievi, cui nessun (lavoro) eguaglia, | Tocca la sua soglia, che è là da tempi antichissimi, | Avvicinati ad Eanna, la sede d'[[Inanna|Ištar]], | Che nessun re posteriore, nessun uomo ne farà una eguale, | Sali sopra il muro che gira attorno ad Uruk, | Esamina la (sua) base, i (suoi) mattoni osserva! | Il fondamento dei suoi mattoni non è di mattoni cotti? | Le sue fondamenta non sono gettate in sette strati? | [...] Due terzi di lui sono dio, un terzo di lui è uomo; | La forma del suo corpo è perfetta | [...] | [...] come un toro selvatico la cui testa è eretta, | Non ha nessun eguale l'impeto delle sue armi, | I suoi compagni sono legati nella sua rete, | I prodi di Uruk sono furenti nelle loro celle.'' (Furlani, colonna I-II:1-11)
 
*Proclamerò al mondo le imprese di [[Gilgameš]], l'uomo a cui erano note tutte le cose, il re che conobbe i paesi del mondo. Era saggio; vide misteri e conobbe i paesi del mondo. Era saggio; vide misteri e conobbe cose segrete; un racconto egli ci recò dei giorni prima del Diluvio. Fece un lungo viaggio, fu esausto, consunto dalla fatica; quando ritornò si riposò, su una pietra l'intera storia incise.<br>Quando gli dèi crearono Gilgameš gli diedero un corpo perfetto. Il sole glorioso Šamaš lo dotò di bellezza, Adad, dio della tempesta, lo dotò di coraggio, i grandi dèi resero perfetta la sua bellezza, al di sopra di ogni altro, terribile come gran toro selvaggio. Per due terzi lo fecero dio e per un terzo uomo. (Sandars, prologo, p. 85)
 
*Voglio celebrare al paese colui che ha visto tutto, che tutto ha conosciuto, e tutto sa. Ha esplorato ogni [paese, ha ottenuto] la totale saggezza. Ha conosciuto i misteri, ha scoperto i segreti, ha riportato notizie di prima del diluvio.<br>Di ritorno dal viaggio, stanco e stremato, ha inciso su una stele tutte le sue fatiche. Ha fatto costruire le mura di Uruk - l'ovile, e del santo tempio Eanna, pura sede di tesori.<br>Guarda le sue mura dai fregi (dritti) come una corda! Osserva i suoi merli inimitabili! Tocca gli stipiti, che vengono da lontano! Avvicinati all'Eanna, dimora della dea [[Inanna|Ištar]], che nessun re futuro potrà mai eguagliare! Sali a camminare sulle mura di Uruk, esaminane la base, osserva i mattoni! Non sono forse mattoni cotti? E non sono stati i sette sapienti a gettarne le fondamenta? [...] Per due terzi è dio, per un terzo uomo. La potente dea(-madre) ha tracciato la figura del suo corpo, ha disegnato la sua forma, [l'acconciatura] dei suoi capelli, la sua barba, [...] il suo aspetto glorioso [...] perfetto [...] tra ... [...] fratello [...].<br>Nell'"ovile" di Uruk va avanti e indietro, mostra quant'è forte, come un toro selvaggio alza la sua testa, non ha eguali e le sue armi sono levate. (Saporetti, tavola prima, pp. 43-44)
 
==Citazioni==
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*Se il tuo cuore ha paura, getta via la paura, se in esso vi è terrore, getta via il terrore. Prendi in mano le scure e attacca. Chi lascia incompiuta la lotta non ha pace. ([[Gilgameš]], Sandars, cap. 2, p. 107)
*Il più forte fra gli uomini cadrà in preda al fato se non ha giudizio. Namtar, il fato maligno che non conosce distinzioni fra gli uomini, lo divorerà. Se l'uccello intrappolato ritornerà al nido, se l'uomo prigioniero farà ritorno tra le braccia di sua madre, allora tu, amico mio, non farai mai ritorno alla città dove attende la madre che ti ha fatto nascere. Egli ti sbarrerà la via della montagna e renderà i sentieri inaccessibili. ([[Enkidu]], Sandars, cap. 2, p. 109)
*{{NDR|Su [[Inanna|Ištar]]}} I tuoi amanti ti hanno trovata come un braciere che va spegnendosi al freddo, una porta che non respinge né folata di vento, né tempesta, un castello che travolge la guarnigione, la pece che annerisce chi la porta, una fiasca che irrita la pelle di chi l'ha indosso, una pietra che cade da un parapetto, un ariete da assedio che ritorce i suoi colpi, un sandalo che fa incespicare chi lo calza. Quale dei tuoi amanti hai mai amato per sempre? Quale dei tuoi pastori ti ha soddisfatta in eterno? ([[Gilgameš]], Sandars, cap. 3, pp. 111-112)
*Amico mio, la grande dea mi ha maledetto e dovrò morire nella vergogna. Non morirò come un uomo caduto in battaglia; io temevo di cadere in battaglia: invece, felice è l'uomo che cade in battaglia, mentre io dovrò morire nella vergogna. ([[Enkidu]], Sandars, cap. 3, p. 120)
*''O Enkidu, fratello mio, | tu fosti la scura al mio fianco, | la forza della mia mano, la spada nella mia cintura, | lo scudo davanti a me, | una veste gloriosa, il mio più leggiadro ornamento; | un Fato malvagio mi ha derubato. | L'onagro e la gazzella | che padre e madre ti furono, | tutte le creature della lunga coda che ti nutrirono | ti piangono, | tutti gli esseri selvatici della piana e dei pascoli; | i sentieri che amavi nella foresta dei cedri | notte e giorno mormorano.'' ([[Gilgameš]], Sandars, cap. 3, p. 120)
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*Nulla permane. Costruiamo forse una casa che duri per sempre, stipuliamo forse contratti che valgano per ogni tempo a venire? Forse che i fratelli si dividono un'eredità per tenerla per sempre, forse che è duratura la stagione delle piene? Solo la ninfa della libellula si spoglia della propria larva e vede il sole nella sua gloria. Fin dai tempi antichi, nulla permane. Dormienti e morti, quanto sono simili: sono come morte dipinta. Che cosa divide padrone e servo quando entrambi hanno compiuto il proprio destino? Quando gli [[Anunnaki|Anunnakkū]], i giudici, si radunano e anche Mammetun madre dei destini, assieme decretano i fati degli uomini. Vita e morte assegnano, ma non rivelano il giorno della morte. ([[Atraḫasis|Utnapištim]], Sandars, cap. 4, p. 133)
*{{NDR|Avvertendo [[Atraḫasis|Utnapištim]] del [[diluvio universale]]}} Uomo di Šuruppak, figlio di Ubara-Tutu, abbatti la tua casa e costruisci una nave, abbandona i tuoi averi e cerca la vita, disprezza i beni mondani e mantieni viva l'anima tua. Abbatti la tua casa, ti dico, e costruisci una nave. Ecco le misure del battello, così come lo costruirai: che la sua larghezza sia pari alla sua lunghezza, che il suo ponte abbia un tetto come la volta che copre l'abisso; conduci quindi nella nave il seme di tutte le creature viventi. ([[Enki|Ea]], Sandars, cap. 5, p. 135)
*{{NDR|Sul [[diluvio universale]]}} Alle prime luci dell'alba venne dall'orizzonte una nube nera; tuonava da dentro, là dove viaggiava [[Adad]], signore della tempesta. Davanti, sopra collina e pianura, venivano Šullat e Ḫališ, nunzi della tempesta. Poi sorsero gli dèi dell'abisso: Nergal divelse le dighe delle acque sotterranee, Ninurta dio della guerra abbatté gli argini e i sette giudici degli Inferi, gli [[Anunnaki|Anunnakkū]], innalzarono le loro torce, illuminando la terra di livida fiamma. Sgomento e disperazione si levarono fino al cielo quando il dio della tempesta trasformò la luce del giorno in tenebra, quando infranse la terra come un coccio. Per un giorno intero imperversò la bufera, infuriando sempre di più si riversava sulla gente come l'impeto di una battaglia; nessuno poteva vedere il proprio fratello, né dal cielo si potevano vedere il proprio fratello, né dal cielo si potevano vedere gli uomini. Anche gli dèi erano terrorizzati dal diluvio, fuggirono nel più alto cielo, il firmamento di Anu; si rannicchiarono contro le mura, acquattandosi come cani bastardi. Poi [[Inanna|Ištar]], Regina del Cielo dalla dolce voce, gridò come donna in travaglio: "Ahimè, gli antichi giorni sono ormai polvere, poiché io ho ordinato il male. Oh, perché ho ordinato questo male al concilio di tutti gli dèi? Guerre ho ordinato per distruggere gli uomini, ma non sono forse essi la mia gente, dal momento che io li ho generati? Ora nell'oceano galleggiano come uova di pesci". ([[Atraḫasis|Utnapištim]], Sandars, cap. 5, p. 138)
*All'albeggiare del settimo giorno liberai una colomba e la lasciai andare. Volò via, ma non trovando dove riposarsi fece ritorno. Poi liberai una rondine ed essa volò via, ma non trovando dove riposarsi fece ritorno. Poi liberai un corvo e questo vide che le acque si erano ritirate, mangiò, volò all'intorno, gracchiò e non fece ritorno. ([[Atraḫasis|Utnapištim]], Sandars, cap. 5, pp. 138-139)
*''Imponi sul peccatore il suo peccato, | imponi sul trasgressore la sua trasgressione, | puniscilo un poco quando evade, | non incalzarlo troppo, altrimenti perisce. | Magari un leone avesse dilaniato l'umanità | invece del diluvio, | magari un lupo avesse dilaniato l'umanità | invece del diluvio, | magari la carestia avesse devastato il mondo | invece del diluvio, | magari la pestilenza avesse devastato l'umanità | invece del diluvio.'' ([[Enki|Ea]], Sandars, cap. 5, pp. 139-140)