Domenico Gnoli (poeta e storico): differenze tra le versioni

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→‎Studi letterari: rima e poesia
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*{{NDR|Giuseppe Gioachino Belli}} La sua {{sic|riputazione}} era d'uomo che faceva ridere: ed egli, che lo sapeva, non si faceva pregare a giocar di facezie, ora argute ora grosse e volgari, ma che non mancavano mai di produrre il loro effetto: parte per la prevenzione che quando egli apriva bocca si avesse da ridere; parte pel bizzarro contrasto tra le facezie che diceva e il modo serio del dirle. Ma quasi mai non gli era permesso uscir d'una casa senza aver detto alcuno dei suoi sonetti romaneschi: ed egli (parlo sempre degli ultimi anni) soleva scegliere i più innocenti tra quelli che aveva a memoria. I verità i suoi sonetti, recitati da lui con voce alquanto sommessa, con espressivo spianare e aggrottare di ciglia, col più puro accento trasteverino e cento gradazioni di voce e inflessioni finissime, pigliavano un colore che, recitati o letti, non avranno mai più. (pp. 4-5)
 
*Dalle origini della nostra letteratura fino al cadere del Cinquecento (poi, raramente) a dire [[rima]] e rimatore era come dire poesia e poeta: tanto la rima si riteneva come essenziale alla poesia. Né questo solo in Italia, ma in tutte le letterature europee: che anzi l'Italia, in fatto di rima, non seguì mai gli eccessi dell'antica poesia francese, e presto lasciò da parte i giochetti della provenzale. (p. 181)
 
==Citazioni su Domenico Gnoli==