Domenico Gnoli (poeta e storico): differenze tra le versioni

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==Citazioni di Domenico Gnoli==
*Lo ricordo come fosse adesso il povero {{NDR|[[Giuseppe Gioachino Belli|Belli]],}} conEra quellaben' ipocondriainfelice cheil glisuo grommavastato: giùpoiché fanaticamente devoto dell'altare e dalladel facciatrono, connon quelpoteva suoaprir farebocca dasenza misantropo,che laun fronteallegro alta,stormo ladi facciasonetti lungafuggitigli edal piuttostonido giallagli chesvolazzassero pallida,intorno iridendogli movimentisul penosiviso e canzonandolo, comeaudaci araldi d'uomoidee chedalle abbiaquali ilallora freddo{{sic|abborriva}}. nell'ossa:Avrebbe lentivoluto edripigliarli argutiper l'occhioali, efulminare solennemente la voce,paterna chiusomaledizione ilcontro colloa' nelfigli suoirriverenti cravattoneche nero.simili Dovea fosseCam genteosavano raccolta,disvelare nonle glisue erapassate permessovergogne; dima parlareun sulsorriso serio;involontario, chee ciascuno{{sic|seguìto}} deveda portarerimorso, iltradiva pesosul dellavolto riputazionedel chevecchio sila ètenerezza fattapaterna.<ref>Da ''[https://archive.org/details/studiletterari00gnoluoft/page/n6/mode/1up Studi letterari]'', Nicola Zanichelli, Bologna, 1883, ppp. 3-4.</ref>
 
*Lo ricordo come fosse adesso il povero Belli, con quella ipocondria che gli grommava giù dalla faccia, con quel suo fare da misantropo, la fronte alta, la faccia lunga e piuttosto gialla che pallida, i movimenti penosi come d'uomo che abbia il freddo nell'ossa: lenti ed arguti l'occhio e la voce, chiuso il collo nel suo cravattone nero. Dove fosse gente raccolta, non gli era permesso di parlare sul serio; che ciascuno deve portare il peso della riputazione che si è fatta.<ref>Da ''Studi letterari'', ''ibid''., p. 4.</ref>
 
*{{NDR|Giuseppe Gioachino Belli}} La sua riputazione era d'uomo che faceva ridere: ed egli, che lo sapeva, non si faceva pregare a giocar di facezie, ora argute ora grosse e volgari, ma che non mancavano mai di produrre il loro effetto: parte per la prevenzione che quando egli apriva bocca si avesse da ridere; parte pel bizzarro contrasto tra le facezie che diceva e il modo serio del dirle. Ma quasi mai non gli era permesso uscir d'una casa senza aver detto alcuno dei suoi sonetti romaneschi: ed egli (parlo sempre degli ultimi anni) soleva scegliere i più innocenti tra quelli che aveva a memoria. I verità i suoi sonetti, recitati da lui con voce alquanto sommessa, con espressivo spianare e aggrottare di ciglia, col più puro accento trasteverino e cento gradazioni di voce e inflessioni finissime, pigliavano un colore che, recitati o letti, non avranno mai più.<ref>Da ''Studi letterari'', ''ibid''., pp. 4-5.</ref>