Giuseppe Antonio Borgese: differenze tra le versioni

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*Tutte le volte che la [[Carola Prosperi|Prosperi]] ha tentato un urto di passioni, un conflitto drammatico, le è mancato un punto d'appoggio nella realtà su cui far leva. Ma c'è un umile, continuo, represso grido lirico, ed è la particolare bellezza della ''Paura di amare'': il grido della vergine violata, dell'amante inebriata, della sposa che partorisce, della puerpera che muore; il gemito sordo di questo spirito su cui la materia prevale, e che nello strazio cui lo sottomette l'istinto trova appena tanto di forza e di libertà che le basti per ergersi verso il cielo deserto, domandando pietà. (cap. III Narratori, p. 248)
 
==''Le belle''==
 
*A Megara ci sono ancora i garofani sui balconi, e le donne portano gonne lunghe; sicché, se si scopre una caviglia, voi vedete letteralmente i giovani tremare. Ma questo accade di rado, perché vanno caute e sorvegliate; e si sorvegliano da sé; e, se piove, preferiscono rincasare con l'orlo della gonna schizzato di pillacchere che con le calze morse da sguardi caldi come baci. Poi, se ne vede poche per le strade; tranne le servette, e quelle, proprio di basso popolo, che vanno – ancora – con l'anfora sulla testa alla fontana. (''La Siracusana'', p. 9)
*Non credo d'avere visto mai più una donna così bella. Non si vedeva nulla di lei tranne il viso. Le donne d'allora non erano come quelle d'ora, che somigliano a frutta ignude, fra il fogliame. Andavano celate in un dedalo di pizzi e di ricami, con sottane bianche inamidate, simili alla carta rigida e ornata che a quei tempi usava intorno ai ''bouquets'' di fiori, e sulle sottane una gran gonna a fiorami, a volanti, a falbalà, maestosa come una pagoda, e al petto il busto, armato, inespugnabile. (''La Siracusana'', pp. 13-14)
*A modo loro le ragazze erano belle; Ignazia forse più di tutte; col corpetto attillato bianco e nero come piuma di rondine. con gli orecchini lunghi di filigrana d'argento, e quei due baci o morsi in cima alle gote in forma di due ciliege stampate lì. (''Ignazia'', p. 19)
*Una donna quasi sempre sa credere di essere amata per se stessa; ma un uomo, con le donne che lo scelgono, non sa che cosa valga lui e che cosa valga il suo denaro, o il suo nome, o la sua nomea mondana. (''L'amore'', p. 37)
*Calùmi, solo solo, pensava che [[bene e male|il bene e il male]] sono cuciti a filo doppio e che niente è tanto difficile come fare il bene senza ferire chi lo riceve, o gli altri, e alla fin fine se stessi. Bisognerebbe non eccedere mai; sorvegliarsi sempre; essere economi col cuore; gelosi. E lui, così corretto, passeggiando e meditando, si sorprendeva a grattarsi la barbetta bionda, acuta. (''L'olio'', p. 96)
*Poi gli anni furono veloci, i primi anni in discesa, quelli che della gioventù hanno ancora la foga, ma è una corsa di abbandono. Il primo tratto si fa di corsa, quasi volentieri, quasi con le forze accumulate salendo; ci si lascia dietro la cima, senza voltarsi a guardarla; più giù, si riprende il freno; comincia un'altra rampa, più lunga, più piana; ed è la vecchiaia. (''Il vedovo'', p. 104)
*Ci sono cose della mia vita di cui non posso lodarmi; ma di questa non so pentirmi; non degli anni che vissi in un segreto delirio; e nemmeno del giorno in cui concordi, quasi all'improvviso, decidemmo di separarci. Con le mani nelle mani, ma diritti, e le persone l'una dall'altra tanto distanti quanto potevano essere, ci dicemmo addio; e sapevamo di volere così che il nostro amore non deperisse e rimanesse nel ricordo, perfetto: qualche cosa di eterno. (''Hussàn-abà'', p. 106)
*Le parole di Annalìa erano rimaste nell'aria, e il cosiddetto «ruggito» del motore le faceva ricordare.<br/>– Una voce di [[donna]] sulla soglia del deserto ha un suono straordinariamente fresco. Come una fontana. Mette sete. (''Il miraggio'', p. 157)
 
==''Una Sicilia senza aranci''==
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*Come ancor oggi Palermo è per i viaggiatori italiani città più lontana di [[Parigi]] e [[Londra]], così la sua vita di un secolo fa è meno ''simpatica'' al nostro spirito – dico ''simpatica'' nel senso profondo della parola – di quella che oggi si vive in America o in [[Giappone]]. E fors'anco è più affinità fra noi e i siciliani dell'epoca sveva, anzi che fra gli italiani d'oggi e i palermitani del regno di Ferdinando I. […] Eppure, sullo scorcio del secolo XVIII, la Sicilia era più remota da ogni sentimento d'italianità che non fosse, starei per dire, ai tempi di [[Federico II del Sacro Romano Impero|Federico II]]. Patria, razza, mondo era l'isola delle tre punte, l'isola che fu creata dalla testa di [[Giove (divinità)|Giove]], mentre l'Italia non era che una gamba della divinità secondo l'apologo del [[Giovanni Meli|Meli]]. ''Matrigna'' chiama il Meli la [[lingua italiana]], in antitesi alla siciliana madre. […] Certo in altre province d'Italia non si dormiva così grosso; e la prova ne è che la [[Rivoluzione francese|Rivoluzione]] le toccò tutte, fuorché la Sicilia, e che la Sicilia rimase fino a Waterloo l'unico sicuro asilo dell'''ancien régime'' in Italia. (recensione a ''Palermo avanti la rivoluzione'' del 12 febbraio 1905, p. 371)
 
==''Le belle''==
 
*A Megara ci sono ancora i garofani sui balconi, e le donne portano gonne lunghe; sicché, se si scopre una caviglia, voi vedete letteralmente i giovani tremare. Ma questo accade di rado, perché vanno caute e sorvegliate; e si sorvegliano da sé; e, se piove, preferiscono rincasare con l'orlo della gonna schizzato di pillacchere che con le calze morse da sguardi caldi come baci. Poi, se ne vede poche per le strade; tranne le servette, e quelle, proprio di basso popolo, che vanno – ancora – con l'anfora sulla testa alla fontana. (''La Siracusana'', p. 9)
*Non credo d'avere visto mai più una donna così bella. Non si vedeva nulla di lei tranne il viso. Le donne d'allora non erano come quelle d'ora, che somigliano a frutta ignude, fra il fogliame. Andavano celate in un dedalo di pizzi e di ricami, con sottane bianche inamidate, simili alla carta rigida e ornata che a quei tempi usava intorno ai ''bouquets'' di fiori, e sulle sottane una gran gonna a fiorami, a volanti, a falbalà, maestosa come una pagoda, e al petto il busto, armato, inespugnabile. (''La Siracusana'', pp. 13-14)
*A modo loro le ragazze erano belle; Ignazia forse più di tutte; col corpetto attillato bianco e nero come piuma di rondine. con gli orecchini lunghi di filigrana d'argento, e quei due baci o morsi in cima alle gote in forma di due ciliege stampate lì. (''Ignazia'', p. 19)
*Una donna quasi sempre sa credere di essere amata per se stessa; ma un uomo, con le donne che lo scelgono, non sa che cosa valga lui e che cosa valga il suo denaro, o il suo nome, o la sua nomea mondana. (''L'amore'', p. 37)
*Calùmi, solo solo, pensava che [[bene e male|il bene e il male]] sono cuciti a filo doppio e che niente è tanto difficile come fare il bene senza ferire chi lo riceve, o gli altri, e alla fin fine se stessi. Bisognerebbe non eccedere mai; sorvegliarsi sempre; essere economi col cuore; gelosi. E lui, così corretto, passeggiando e meditando, si sorprendeva a grattarsi la barbetta bionda, acuta. (''L'olio'', p. 96)
*Poi gli anni furono veloci, i primi anni in discesa, quelli che della gioventù hanno ancora la foga, ma è una corsa di abbandono. Il primo tratto si fa di corsa, quasi volentieri, quasi con le forze accumulate salendo; ci si lascia dietro la cima, senza voltarsi a guardarla; più giù, si riprende il freno; comincia un'altra rampa, più lunga, più piana; ed è la vecchiaia. (''Il vedovo'', p. 104)
*Ci sono cose della mia vita di cui non posso lodarmi; ma di questa non so pentirmi; non degli anni che vissi in un segreto delirio; e nemmeno del giorno in cui concordi, quasi all'improvviso, decidemmo di separarci. Con le mani nelle mani, ma diritti, e le persone l'una dall'altra tanto distanti quanto potevano essere, ci dicemmo addio; e sapevamo di volere così che il nostro amore non deperisse e rimanesse nel ricordo, perfetto: qualche cosa di eterno. (''Hussàn-abà'', p. 106)
*Le parole di Annalìa erano rimaste nell'aria, e il cosiddetto «ruggito» del motore le faceva ricordare.<br/>– Una voce di [[donna]] sulla soglia del deserto ha un suono straordinariamente fresco. Come una fontana. Mette sete. (''Il miraggio'', p. 157)
 
==Citazioni su Giuseppe Antonio Borgese==