Max Weber: differenze tra le versioni

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==''Il lavoro intellettuale come professione''==
===[[Incipit]]===
*Per assecondare il vostro desiderio, dovrò parlare della "scienza come professione". Ebbene, è una specie di pedanteria di noi altri economisti, alla quale non voglio fare eccezione, quella di prender sempre le mosse dalla situazione esteriore, e quindi, nel caso nostro, dalla domanda: come si configura la scienza come professione nel senso materiale della parola? E questo, in sostanza, oggi praticamente significa: qual è la situazione di un laureato che abbia deciso di dedicarsi per professione alla scienza, nell'ambito della vita universitaria? (1976)
 
===Citazioni===
*[...] anelare ed attendere non basta, e ci comporteremo in altra maniera: ci metteremo al nostro lavoro ed adempiremo al "compito quotidiano", nella nostra qualità di uomini e nella nostra attività professionale. Ciò è semplice e facile, quando ognuno abbia trovato e segua il demone che tiene i fili della ''sua'' vita.
*Esser superati sul piano scientifico è – giova ripeterlo – non solo il nostro destino, di noi tutti, ma anche il nostro scopo. (1976, p. 18)
*Un uomo incivilito, il quale partecipa all'arricchimento della civiltà in idee, conoscenze, problemi, può diventare "stanco della vita" ma non sazio [...] dunque la sua morte è per lui un accadimento assurdo. Ed essendo la morte priva di senso, lo è anche la vita civile come tale, in quanto, appunto con la sua assurda "progressività", fa della morte un assurdo. (1976, p. 20)
*[...] la cattedra non è per i profeti e i demagoghi. Al profeta e al demagogo è stato detto: "Esci per le strade e parla pubblicamente". Parla, cioè, dov'è possibile la critica. (1976, p. 29)
*Orbene, come si effettua la selezione di questo capo? E anzitutto, in base a quale attitudine? Naturalmente quel che soprattutto è essenziale [...] è la potenza della parola demagogica. Questa è andata mutando natura dai tempi in cui, come col [[Richard Cobden|Cobden]], ci si rivolgeva all'intelletto, per giungere poi al Gladstone, il quale era un maestro della tecnica – apparentemente spassionata – del «lasciar parlare i fatti», e fino all'epoca presente, in cui per eccitare le masse si mettono in opera mezzi puramente sentimentali, del genere di quelli adoperati anche dall'esercito della Salvezza. (1976, p. 89)
*La nostra vita universitaria tedesca si va americanizzando, come la nostra vita in generale, in punti molto importanti, e questo sviluppo – ne sono convinto – si estenderà in seguito anche a quelle discipline dove, come avviene ancor oggi in larga misura nella mia, l'artigiano stesso possiede lo strumento di lavoro (essenzialmente la biblioteca), in modo del tutto corrispondente al vecchio artigiano nell'ambito del suo mestiere. Lo sviluppo è in pieno corso. (2018, p. 63)
*La [[democrazia]] sta bene, ma al suo posto. L'insegnamento [[scienza|scientifico]] [...] è però una faccenda di aristocrazia dello spirito.<ref>Da '' Il lavoro intellettuale come professione'', a cura di Massimo Cacciari, Mondadori, 2018, p. 66.</ref>
*I vantaggi tecnici sono del tutto indiscutibili, come in tutte le imprese capitalistiche e al tempo stesso burocratizzate. Ma lo "spirito" che in esse domina è ben diverso dall'atmosfera tradizionale delle università tedesche. C'è un abisso quanto mai profondo, esteriormente e interiormente, tra il dirigente di una grande impresa universitaria di stampo capitalistico e il solito ordinario di vecchio stile – anche nell'atteggiamento interiore. Ma non vorrei qui soffermarmi ulteriormente su questo punto. Tanto all'interno quanto all'esterno l'antico ordinamento universitario è diventato fittizio. Ma è rimasto, e anzi si è sostanzialmente accresciuto, un elemento proprio della carriera universitaria: che un libero docente del genere, e per di più un assistente, riesca finalmente a insediarsi nella posizione di ordinario e perfino di direttore d'istituto, è una questione che dipende soltanto dal caso. Certamente, non domina soltanto il caso, ma esso domina tuttavia in misura insolitamente elevata. Non conosco quasi altra carriera sulla terra in cui abbia un ruolo così grande. (2018, p. 63)
 
*La [[democrazia]] sta bene, ma al suo posto. L'insegnamento [[scienza|scientifico]] [...] è però una faccenda di aristocrazia dello spirito.<ref>Da '' Il lavoro intellettuale come professione'', a cura di Massimo Cacciari, Mondadori, (2018, p. 66.</ref>)
==''La scienza come professione. La politica come professione''==
*Possiamo ora osservare con chiarezza che da noi il più recente sviluppo della struttura universitaria procede, in vasti settori della scienza, nella direzione di quella americana. I grandi istituti di medicina o di scienze naturali sono imprese di "[[capitalismo]] di stato". Non possono venir amministrati senza cospicui mezzi imprenditoriali. E anche qui si presenta la medesima situazione che si ha dove s'insedia l'impresa capitalistica, cioè la "separazione del lavoratore dai mezzi di produzione". Il lavoratore, vale a dire l'assistente, è vincolato agli strumenti di lavoro che sono messi a sua disposizione dallo stato; in conseguenza di ciò egli viene a dipendere dal direttore d'istituto allo stesso modo dell'impiegato in una fabbrica – infatti il direttore s'immagina, in perfetta buona fede, che l'istituto sia «suo» e lo governa a piacimento – e la sua posizione è spesso precaria al pari di qualsiasi esistenza «proletaroide» o dell'assistente di un'università americana.<ref>CitatoDa ''La scienza come professione. La politica come professione'', traduzione di Pietro Rossi, Einaudi, Torino, 2004, pp. 23-24. Edito anche negli Oscar Classici della Mondadori (n. 611), pp. 23-24. ISBN 9788804551805; citato in [[Maria Chiara Pievatolo]], ''[https://btfp.sp.unipi.it/dida/humboldt/index.xhtml#ftn.idp130960 Wilhelm von Humboldt: un frammento di università]'' in ''Bollettino telematico di filosofia politica'', p. 2.</ref> (pp. 23-24)
*La nostra vita universitaria tedesca si va americanizzando, come la nostra vita in generale, in punti molto importanti, e questo sviluppo – ne sono convinto – si estenderà in seguito anche a quelle discipline dove, come avviene ancor oggi in larga misura nella mia, l'artigiano stesso possiede lo strumento di lavoro (essenzialmente la biblioteca), in modo del tutto corrispondente al vecchio artigiano nell'ambito del suo mestiere. Lo sviluppo è in pieno corso.
*I vantaggi tecnici sono del tutto indiscutibili, come in tutte le imprese capitalistiche e al tempo stesso burocratizzate. Ma lo "spirito" che in esse domina è ben diverso dall'atmosfera tradizionale delle università tedesche. C'è un abisso quanto mai profondo, esteriormente e interiormente, tra il dirigente di una grande impresa universitaria di stampo capitalistico e il solito ordinario di vecchio stile – anche nell'atteggiamento interiore. Ma non vorrei qui soffermarmi ulteriormente su questo punto. Tanto all'interno quanto all'esterno l'antico ordinamento universitario è diventato fittizio. Ma è rimasto, e anzi si è sostanzialmente accresciuto, un elemento proprio della carriera universitaria: che un libero docente del genere, e per di più un assistente, riesca finalmente a insediarsi nella posizione di ordinario e perfino di direttore d'istituto, è una questione che dipende soltanto dal caso. Certamente, non domina soltanto il caso, ma esso domina tuttavia in misura insolitamente elevata. Non conosco quasi altra carriera sulla terra in cui abbia un ruolo così grande.
 
==Citazioni su Max Weber==
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*Max Weber, ''L'etica protestante e lo spirito del capitalismo'', traduzione di Anna Maria Marietti, RCS Quotidiani, 2010
*Max Weber, ''Il lavoro intellettuale come professione'', traduzione di Antonio Giolitti, Einaudi, Torino, 1976.
*Max Weber, ''LaIl scienzalavoro come professione. La politicaintellettuale come professione'', traduzionea cura di PietroMassimo RossiCacciari, EinaudiMondadori, Torino, 2004, pp2018. 23-24. Edito anche negli Oscar Classici della Mondadori (n. 611). ISBN 9788804551805
*Max Weber, ''Sociologia delle religiorni'', traduzione di Chiara Sebastiani, UTET, Torino, 1976.
*Ulla Berkéwicz, ''Forse stiamo diventando pazzi. Lineamenti di fanatismo comparato'' (''Vielleicht werden wir ja verrückt'', 2002), traduzione di Mara Cristina, Casagrande, 2004. ISBN 8877133937