Epopea di Gilgameš: differenze tra le versioni

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*Come posso riposare, come posso aver pace? La disperazione è nel mio cuore. Ciò che è mio fratello ora, lo sarò io quando sarò morto. Poiché ho paura della morte farò del mio meglio per trovare [[Atraḫasis|Utnapištim]], colui che chiamano il Lontano; egli infatti è entrato nel consesso degli dèi. ([[Gilgameš]], cap. 4, p. 123)
*Gilgameš, dove ti affretti? Non troverai mai la vita che cerchi. Quando gli dèi crearono l'uomo, gli diedero in fato la morte, ma tennero la vita per sé. (Siduri, cap. 4, p. 128)
*A cagione di mio fratello ho paura della morte, a cagione di mio fratello vado ramingo per le lande. Come posso tacere, come posso riposare? Egli è polvere e anch'io [[morte|morrò]] e sarò disteso nella terra per sempre. (cap. 4, p. 139132)
*Nulla permane. Costruiamo forse una casa che duri per sempre, stipuliamo forse contratti che valgano per ogni tempo a venire? Forse che i fratelli si dividono un'eredità per tenerla per sempre, forse che è duratura la stagione delle piene? Solo la ninfa della libellula si spoglia della propria larva e vede il sole nella sua gloria. Fin dai tempi antichi, nulla permane. Dormienti e morti, quanto sono simili: sono come morte dipinta. Che cosa divide padrone e servo quando entrambi hanno compiuto il proprio destino? Quando gli [[Anunnaki|Anunnakkū]], i giudici, si radunano e anche Mammetun madre dei destini, assieme decretano i fati degli uomini. Vita e morte assegnano, ma non rivelano il giorno della morte. ([[Atraḫasis|Utnapištim]], cap. 4, p. 133)
*{{NDR|Avvertendo [[Atraḫasis|Utnapištim]] del [[diluvio universale]]}} Uomo di Šuruppak, figlio di Ubara-Tutu, abbatti la tua casa e costruisci una nave, abbandona i tuoi averi e cerca la vita, disprezza i beni mondani e mantieni viva l'anima tua. Abbatti la tua casa, ti dico, e costruisci una nave. Ecco le misure del battello, così come lo costruirai: che la sua larghezza sia pari alla sua lunghezza, che il suo ponte abbia un tetto come la volta che copre l'abisso; conduci quindi nella nave il seme di tutte le creature viventi. ([[Enki|Ea]], cap. 5, p. 135)
*{{NDR|Sul [[diluvio universale]]}} Alle prime luci dell'alba venne dall'orizzonte una nube nera; tuonava da dentro, là dove viaggiava [[Adad]], signore della tempesta. Davanti, sopra collina e pianura, venivano Šullat e Ḫališ, nunzi della tempesta. Poi sorsero gli dèi dell'abisso: Nergal divelse le dighe delle acque sotterranee, Ninurta dio della guerra abbatté gli argini e i sette giudici degli Inferi, gli [[Anunnaki|Anunnakkū]], innalzarono le loro torce, illuminando la terra di livida fiamma. Sgomento e disperazione si levarono fino al cielo quando il dio della tempesta trasformò la luce del giorno in tenebra, quando infranse la terra come un coccio. Per un giorno intero imperversò la bufera, infuriando sempre di più si riversava sulla gente come l'impeto di una battaglia; nessuno poteva vedere il proprio fratello, né dal cielo si potevano vedere il proprio fratello, né dal cielo si potevano vedere gli uomini. Anche gli dèi erano terrorizzati dal diluvio, fuggirono nel più alto cielo, il firmamento di Anu; si rannicchiarono contro le mura, acquattandosi come cani bastardi. Poi [[Ištar]], Regina del Cielo dalla dolce voce, gridò come donna in travaglio: "Ahimè, gli antichi giorni sono ormai polvere, poiché io ho ordinato il male. Oh, perché ho ordinato questo male al concilio di tutti gli dèi? Guerre ho ordinato per distruggere gli uomini, ma non sono forse essi la mia gente, dal momento che io li ho generati? Ora nell'oceano galleggiano come uova di pesci". ([[Atraḫasis|Utnapištim]], cap. 5, p. 138)
*A cagione di mio fratello ho paura della morte, a cagione di mio fratello vado ramingo per le lande. Come posso tacere, come posso riposare? Egli è polvere e anch'io [[morte|morrò]] e sarò disteso nella terra per sempre. (cap. 4, p. 139)
*All'albeggiare del settimo giorno liberai una colomba e la lasciai andare. Volò via, ma non trovando dove riposarsi fece ritorno. Poi liberai una rondine ed essa volò via, ma non trovando dove riposarsi fece ritorno. Poi liberai un corvo e questo vide che le acque si erano ritirate, mangiò, volò all'intorno, gracchiò e non fece ritorno. ([[Atraḫasis|Utnapištim]], cap. 5, pp. 138-139)
*Cosa farò, Utnapištim, dove andrò? Già il ladro nella notte ha ghermito le mie membra, la morte abita nella mia camera; ovunque si posi il mio piede, lì trovo la morte. (cap. 6, p. 148)