Luigi Tonelli: differenze tra le versioni

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→‎Citazioni: Gerolamo Rovetta
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*Il ''[[verismo]]'' fu assai più modesto: si contentò di ritrarre la mediocre realtà circostante, e specialmente la piccola e grande borghesia italiana, con la maggiore fedeltà che potesse; e, quindi in particolar modo nella rappresentazione drammatica, si compiacque di far passare dinanzi allo spettatore, figure e figuri d'uomini e di donne di dubbia o almeno rilassata moralità. di ristretta mentalità d'ideali gretti e meschini. Ma, come nessun romanziere verista italiano è ispirato ed animato dal rivoluzionarismo socialista zoliano, e il Verga stesso ci fa intravedere appena un sentimento di simpatia verso gli umili e i diseredati: così, nessun drammaturgo nazionale dello stesso periodo, mostra di possedere quello spirito di supremo disprezzo e di feroce demolizione che è in Becque<ref>[[Henry Becque|Henry François Becque]] (1837 – 1899), drammaturgo francese.</ref>. In verità, il commediografo verista italiano rimane sempre essenzialmente borghese: il suo {{sic|borghesismo}} potrà apparire talvolta superiore a quello comune, anzi, diciamo che, appunto perché è d'un artista e però d'un uomo non volgare, apparirà il più delle volte, superiore al comune; ma in fondo, egli resta sempre nella cerchia dell'idealità borghese. (Parte seconda, cap. IV, p. 234)
 
*[...] il [[Gerolamo Rovetta|Rovetta]] è, soprattutto, un uomo di mondo, che ha tanta esperienza della vita, quanto, almeno, ne occorre per diffidarne o non prenderla troppo sul serio. Non è un feroce pessimista, anche se ''La realtà''<ref>Dramma in tre atti di Rovetta.</ref> finisce così tragicamente: l'evidente sproporzione fra causa ed effetto che è in essa, prova la non grande sincerità di una conclusione, più voluta per ragioni d'''effetto teatrale'', che sentita dall'autore. È uno scettico arguto, malizioso ed amaro, semplicemente: e però non predica, non moraleggia, non pensa, nemmeno lontanamente, che un opera qualsiasi di letteratura, o d'altro, possa mai riuscire efficace a correggere ed emendare i cattivi costumi, i difetti dell'umanità. (pp. 259-260)
 
*{{NDR|[[Roberto Bracco]]}} Questo scrittore che ama farsi fotografare sorridente, anzi, più spesso, ridente, e che, ad osservarlo superficialmente, potrebbe sembrare un gaudente spensierato; porta, e pudicamente nasconde nell'intimità del suo spirito, una serietà dolorosa, inconsolata e inconsolabile, di cui vano e stolto sarebbe ricercare la causa: egli è un pessimista che vede il mondo con l'occhio di Eraclito piangente, sì che esso gli appare naufragante in un mare di densissime nebbie. (Parte terza, cap. III, pp. 388-389)