Robert Louis Stevenson: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 83:
*Al pappagallo di cucina, sulla nave che porta i pirati verso l'isola del tesoro, io gli ho voluto più bene che se fosse stato il pappagallo di casa mia; molti anni prima di sapere che c'erano stati anche i pappagalli di Daniel Defoe, e che cotesto, probabilmente, veniva da quella famiglia di pappagalli. E son sicuro d'avere sgranato gli occhi come un bambino, quando in ''Treasure Island'' la nave deserta vien bordeggiando sul risucchio come la più indubitabile e pazza delle apparizioni; e d'averli sgranati con non meno stupore, più tardi, e, questa volta, non più soltanto come un bambino ma anche come un critico, nell'accorgermi che cotesta nave, il più perfezionato dei vascelli fantasma, apparteneva alla stessa flottiglia della nave-scheletro in Coleridge e del pontone abbandonato di ''Gordon Pym''. ([[Emilio Cecchi]])
*L'isola per Stevenson non è un miraggio della salute, ma un passaggio da una malattia a un'altra malattia. Alla fine dell'avventura Jim non rimpiange certo quell'"isola maledetta"; il suo incubo non è più "il marinaio con una gamba sola" bensì il suono della "risacca lungo le coste". ''L'isola del tesoro'' è un testo molto più complesso di quanto appaia a prima vista. ([[Guido Almansi]])
*La mia lettura dell'''Isola del tesoro'' è meno solare {{NDR|rispetto a quella di [[Giorgio Manganelli]], che l'ha definita «poema della vitalità, tenero e sempre d'una esattezza, d'una lucidità allucinante: ma senza paura, e senza istrionismo»}}: penso soprattutto al suo ''côté'' nero, a personaggi genuinamente spaventosi come Pew il cieco o Cane Nero con il suo angosciante Bollo Nero, al duello mortale fra Jim e Jordan Hands, alla bestialità di Ben Gunn, alla stessa ambiguità di Silver, a quella lugubre canzone ''Quindici uomini sulla cassa del morto'', alla rievocazione del terribile capitano Flint, quasi un morto vivente con le guance blu... ([[Michele Mari]])
*Mai un libro fu scritto con ritmo insieme così rapido e così trattenuto, come la corsa dell'''Hispaniola'' verso l'isola invisibile. Ogni parola manda un suono doppio. Viviamo con freschezza e intensità giovanile negli spazi immacolati dell'avventura: nell'assoluta realtà, dove le navi solcano i mari lasciando un segno di spuma nelle onde, dove il sangue versato macchia il suolo, dove si scava la terra per nascondere i tesori. Ma, al tempo stesso, non ci abbandona mai un sottilissimo e delicatissimo profumo di ironia, perché non abitiamo nella realtà ma nello spazio fittizio di un libro nel quale le cose più inverosimili accadono naturalmente; e le navi non lasciano segni nelle onde, il sangue bagna la terra di inchiostro, i tesori non hanno bisogno di luogo. ([[Pietro Citati]])
*Sebbene racconti delle storie che fanno stare col fiato sospeso, Stevenson è moderatamente interessato a quel che di "interessante" egli sta raccontando. Con una eleganza provocatoria, da gentiluomo e da baro, nelle prime righe dell'''L'isola del tesoro|Isola del Tesoro'' Stevenson ci spiega tutto quello che accadrà nel libro che si accinge a scrivere; e noi, indifesi e drogati, lo leggiamo esattamente come se non sapessimo nulla, e ci deliziamo di ansie ingiustificate, e sprechiamo palpiti e sollievi. ([[Giorgio Manganelli]])
*Se ci fu mai poema che ricostruì, che 'fermò' – non rimpianse, o ricordò, o commentò, o tentò idealizzare secondo il vezzo lunare di ieri – quei nostri giorni, e sensazioni, e colori, e proporzioni, e desideri e maschi rilievi e ingenuo amore di stragi e innocenti ferocie e ogni altro aspetto di quei nostri giorni, è appunto il libro di Stevenson. ([[Silvio D'Arzo]])