Tucidide: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*...se la città degli [[Sparta|Spartani]] restasse deserta e rimanessero i templi e le fondamenta degli edifici, penso che dopo molto tempo sorgerebbe nei posteri un'incredulità forte che la potenza spartana fosse adeguata alla sua fama; (eppure occupano i due quinti del Peloponneso, detengono l'egemonia su di esso e su numerosi alleati esterni: tuttavia raccogliendosi la città intorno ad un unico nucleo privo di templi e costruzioni sontuose, con la sua caratteristica struttura in villaggi sparsi, secondo l'antico costume greco, parrebbe una mediocre potenza). Se gli [[Atene|Ateniesi]] invece subissero la stessa sorte, la loro importanza, a dedurla dai resti visibili della città, si supporrebbe, credo, doppia di quella reale. (Libro I, 10)<ref name="portalefilosofia">Da ''[http://www.portalefilosofia.com/biblioteca/materiale/peloponneso.pdf La guerra del Peloponneso]'', ''PortaleFilosofia.com'', a cura di Patrizia Sanasi.</ref>
*{{NDR|Parlando della [[peste]]<ref name=peste>La pestilenza descritta da Tucidide sembra [[w:Tifo esantematico|tifo]] più che peste. {{cfr}} ''Biblioteca italiana: o sia giornale di letteratura, scienze et arti'', Volume 5, Presso Antonio Fortunato Stella, 1817, [http://books.google.it/books?id=js4aAQAAMAAJ&pg=PA328 p. 328].</ref>}} Correva quell'anno, a confessione universale, immune sovra tutti da malattie; o se qualcuno era di prima da qualche morbo afflitto, tutti si risolvevano in questo. Gli altri poi senza alcuna precedente cagione, ma interamente sani, erano all'improvviso compresi da veementi caldure al capo, da rossezza e infiammazione d'occhi, e nell'interno la gola e la lingua diventavano tostamente sanguigne, e mandavano alito puzzolente fuor dall'usato. Dopo di che sopravveniva starnutazione e raucedine, ed in breve il male calava al petto con tosse gagliarda: e qualora si fosse fitto sulla bocca dello stomaco lo sovvertiva, e conseguitavano tutte quelle secrezioni di bile, che dai medici hanno il loro nome; con grandissimo travaglio. (Libro II, 49; Pomba, 1854, pp. 115-116)
*{{NDR|Parlando della peste<ref name=peste/>}} L'esterno del corpo non era a toccare molto caldo, né pallido; ma rossastro, livido e gremito di pustulette ed ulceri; mentre le parti interne erano in tal bruciore che i malati non potevano sopportare d'avere indosso né i vestiti né le biancherie più fini; ma solo di star nudi. (Libro II, 49; Pomba, 1854, p. 116)
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*{{NDR|Sui popoli della Sicilia}} I [[Siculi]], dall'Italia (poiché in quel paese vivevano) compirono la traversata verso la Sicilia, per sottrarsi agli Opici. È probabile (e in questo caso la tradizione ci soccorre) che si tenessero pronti a passare con alcune zattere, quando si levasse da terra la brezza, propizia al tragitto: ma non si esclude che si siano giovati anche di altri espedienti per sbarcare. Nei tempi moderni esiste ancora in Italia una piccola società di Siculi: il nome di questa regione, anzi, si deve proprio ricollegare a Italo, uno dei re Siculi, che così si chiamava. Costoro passarono in Sicilia con un'armata poderosa e piegando al primo urto i Sicani li confinarono a viva forza nella parte a mezzogiorno e ad occidente dell'isola, imponendo al paese un nome nuovo: da Sicania, Sicilia. Effettuato il passaggio, si scelsero i territori migliori e li mantennero per circa i trecento anni che precedettero l'avvento dei Greci in Sicilia: attualmente occupano ancora le fasce centrali e a settentrione dell'isola. (Libro VI-II)
*{{NDR|Sui popoli della Sicilia}} L'intera costa della Sicilia, inoltre, era punteggiata di stazioni fenicie che si attestavano di preferenza sui promontori lambiti dal mare e sugli isolotti prossimi alla riva, punti utili per la rete commerciale fenicia in Sicilia. Ma più tardi, quando a fitte ondate presero a sbarcarvi i Greci da oltre mare, sgomberate quasi tutte le proprie sedi, i [[Fenici]] si riservarono [[Mozia|Motia]], [[Solunto|Solunte]] e [[Palermo|Panormo]] raggruppandosi spalla a spalla con gli Elimi, sulla cui alleanza giuravano completa fiducia. Non solo, ma da quelle località il tragitto dalla Sicilia a Cartagine è il più spedito. Sicché era questa la potenza numerica dei barbari in Sicilia e tale la loro posizione in quella terra. (Libro VI-II)
*{{NDR|Discorso di [[Nicia]]}} L'assemblea si raccoglie oggi a dibattere l'entità e le forme degli armamenti da assegnarci in dotazione, per la nostra campagna laggiù in [[Sicilia]]. Ebbene a mio parere è indispensabile riepilogare i termini della questione e riesaminarne il nocciolo: impegnare la nostra flotta in quei mari è in realtà la scelta più proficua? O non ci conviene piuttosto respingere gli appelli di stati lontani per stirpe da noi, ed esimerci dal suscitare così alla leggera, con un decreto troppo precipitoso rispetto all'immensità dell'impresa, una guerra tanto remota dai nostri interessi? (VI, 9<ref name="portalefilosofia">Da ''[http://www.portalefilosofia.com/biblioteca/materiale/peloponneso.pdf La guerra del Peloponneso]'', ''PortaleFilosofia.com'', a cura di Patrizia Sanasi.</ref>)
*{{NDR|Orazione di [[Ermocrate]] in vista della spedizione [[Atene|ateniese]] in Sicilia}} Badate che spunteranno in un lampo: disponete di mezzi, si provveda al loro migliore impiego, per respingerli con efficacia più energica. Non fate che per il vostro disprezzo il nemico vi sorprenda indifesi, o che l'incredulità v'induca a lasciar troppo correre. Se poi la verità si fa strada, non ispiri sgomento il loro passo temerario, con quella grandiosa macchina da guerra. […] Il loro assalto si fonda su una presunzione. (VI, 33-34<ref name="portalefilosofia"></ref>)
*{{NDR|Discorso di [[Atenagora di Siracusa]]}} Non oggi per la prima volta, ma da sempre li conosco, costoro che con simili discorsi o altri ancora più dannosi e con i fatti vogliono spaventare voi, il popolo, per aver loro il comando della città. E certo temo che dopo molti tentativi possano riuscirci. (VI, 38, 2<ref name="portalefilosofia"></ref>)
*Al sorgere del sole gli Ateniesi sbarcarono nei pressi del [[Tempio di Zeus (Siracusa)|santuario di Zeus Olimpio,]] con l'intento di scegliere la posizione adatta al campo, mentre la cavalleria siracusana spintasi in avanscoperta a [[Catania]] e resasi conto che l'armata nemica, fino all'ultimo reparto, aveva tolto le tende, tornata sulle proprie tracce ne diede notizia alle fanterie, e l'esercito con tutte le sue forze si precipitò indietro per soccorrere la città. (VI, 65)<ref>''[http://spazioinwind.libero.it/latinovivo/Testintegrali/Storie.htm La guerra del Peloponneso]'' (Testo integrale)</ref>
*{{NDR|Discorso di [[Nicia]]}} L'assemblea si raccoglie oggi a dibattere l'entità e le forme degli armamenti da assegnarci in dotazione, per la nostra campagna laggiù in [[Sicilia]]. Ebbene a mio parere è indispensabile riepilogare i termini della questione e riesaminarne il nocciolo: impegnare la nostra flotta in quei mari è in realtà la scelta più proficua? O non ci conviene piuttosto respingere gli appelli di stati lontani per stirpe da noi, ed esimerci dal suscitare così alla leggera, con un decreto troppo precipitoso rispetto all'immensità dell'impresa, una guerra tanto remota dai nostri interessi? (VI, 9<ref name="portalefilosofia">Da ''[http://www.portalefilosofia.com/biblioteca/materiale/peloponneso.pdf La guerra del Peloponneso]'', ''PortaleFilosofia.com'', a cura di Patrizia Sanasi.</ref>)
*I Siracusani schierarono per intero le divisioni di opliti su uno spessore di sedici file: erano sul terreno le forze siracusane al completo e gli alleati presenti (innanzitutto i Selinuntini, con il nerbo più consistente, poi i cavalieri di [[Gela]], duecento uomini in tutto, e la cavalleria di [[Camarina]], circa venti uomini con il rinforzo di una cinquantina d'arcieri). La cavalleria siracusana fu spostata all'appoggio del fianco destro: agivano non meno di milleduecento armati a cavallo. Al loro fianco i lanciatori di giavellotto. Nel campo ateniese dove ci si accingeva per primi alla fase d'attacco, [[Nicia]] passando in rivista i contingenti dei diversi paesi, poi rivolto all'intero esercito arringò gli uomini con esortazioni. (Libro VI, 67<ref name="portalefilosofia"></ref>)
*Allorché Atene fu colta dalla notizia {{NDR|della sconfitta a seguito della seconda spedizione in Sicilia}}, la città stette per lungo tempo incredula, perfino contro i lucidi rapporti di alcuni reduci, uomini di garantito stampo militare che rimpatriavano fuggiaschi dal teatro stesso delle operazioni: l'annientamento dell'armata non poteva davvero esser stato così totale. (Libro VIII, 1<ref name="portalefilosofia"></ref>)