Gabriel García Márquez: differenze tra le versioni

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*Stavamo passando l'estate nell'[[isola di Pantelleria]], all'estremo sud della Sicilia, e non credo che esista al mondo un luogo più consono per pensare alla Luna.<br /> Ricordo come in un sogno le pianure interminabili di roccia vulcanica, il mare immobile, la casa dipinta a calce fin negli scalini, dalle cui finestre si vedevano nella notte senza vento i fasci luminosi dei fari dell'Africa. Esplorando i fondali addormentati intorno all'isola [...] avevamo recuperato un'anfora con ghirlande pietrificate che dentro aveva ancora i residui di un vino immemore corroso dagli anni, e avevamo fatto il bagno in una gora fumante le cui acque erano così dense che si poteva quasi camminarvi sopra.<br /> Io pensavo con una certa nostalgia premonitrice che così doveva essere la Luna. Ma lo sbarco di Armstrong aumentò il mio orgoglio patriottico: Pantelleria era meglio.<ref>Da ''Venticinquemila milioni di chilometri quadrati senza un solo fiore'' in ''Taccuino di cinque anni'', traduzione di Angelo Morino, Edizioni Mondadori, 2010, [https://books.google.it/books?id=eV8l17yx58wC&pg=PT57 p. 57]. ISBN 8852016015</ref>
*Tutti gli esseri umani hanno tre vite: una pubblica, una privata e una segreta.<ref name=internazionale/>
*[...] una delle belle frustrazioni della mia vita è il non essere rimasto a vivere per sempre in questa città infernale. Mi piace la sua gente, alla quale mi sento molto simile, mi piacciono le sue donne tenere e coraggiose, e mi piace la sua follia senza limiti e il suo senso sperimentale della vita. Poche cose mi piacciono a questo mondo quanto il colore dell'Avila al tramonto. Ma il prodigio più grande di Caracas è che in mezzo al ferro e l'asfalto e agli ingorghi di traffico che continuano ad essere uno solo e sempre lo stesso da 20 anni, la città conserva ancora nel suo cuore la nostalgia della campagna. Ci sono sere di sole primaverile in cui si odono le cicale più che le auto, e si dorme al piano numero quindici di un grattacielo di vetro sognando con il canto delle rane e loil stantuffopistone dei grilli, e ci si sveglia in albe assordanti, ma sempre purificate dagli ottoni di un gallo. È il rovescio dei racconti di fate: la felice [[Caracas]].
:''[...] una de las hermosas frustraciones de mi vida es no haberme quedado a vivir para siempre en esa ciudad infernal. Me gusta su gente, a la cual me siento muy parecido, me gustan sus mujeres tiernas y bravas, y me gusta su locura sin límites y su sentido experimental de la vida. Pocas cosas me gustan tanto en este mundo como el color de Ávila al atardecer. Pero el prodigio mayor de [[Caracas]] es que en medio del hierro y el asfalto y los embotellamientos de tránsito que siguen siendo uno solo y siempre el mismo desde hace 20 años, la ciudad conserva todavía en su corazón la nostalgia del campo. Hay unas tardes de sol primaveral en que se oyen más las chicharras que los trenes, y uno duerme en el piso número quince de un rascacielos de vidrios soñando con el canto de las ranas y el pistón de los grillos, y se despierta en una albas atronadoras, pero todavía purificadas por los cobres de un gallo. Es el revés de los cuentos de hadas: la feliz Caracas.''<ref>Da ''[https://www.elespectador.com/noticias/cultura/memoria-feliz-de-caracas-articulo-487602 Memoria feliz de Caracas]'', ''El Espectador'', 7 marzo 1982.</ref>