Christoph Schönborn: differenze tra le versioni

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*Dove è [[Cristo]], là c'è anche la [[bellezza]]. Dove i cuori, le menti, le vite si aprono a Cristo, là si aprono le dighe della bellezza, le cui acque si riversano in flutti vivificanti su un mondo avvilito dal [[peccato]], sfigurato dalla bruttezza del male. (citazione in copertina)
*Se in alcuni testi l'esaltazione della [[dignità]] dell'uomo può sembrare eccessiva, non bisogna mai perdere di vista il fatto che l'elogio riguarda una ''creatura'', e quindi il suo ''[[Creazione (teologia)|Creatore]]''. Abbiamo il compito di mostrare solo come la [[coscienza morale|coscienza]] della propria condizione di creatura possa salvaguardare l'uomo sia da un'[[esaltazione]] inappropriata, sia da uno sviluppo pessimista della propria dignità.
*Conosciamo l'insegnamento classico sui «trascendentali», il vero, il buono, il bello. Tutti questi attributi non sono esteriori a Dio. Essi sono [[Dio]] stesso. Egli ''è'' la Verità e il Bene, Egli ''è'' Amore, ed ''è'' [[Bellezza]]. Verità e Bontà, Amore e Bellezza sono, come dicono gli scolastici, ''convertibili'' e coincidono con l'Essere stesso di Dio.[...] Cristo può dire di se stesso ciò che Dio solo può dire: «Io sono». L'Essere, il Vero, il Bene, sono, secondo il termine scolastico, ''convertibili''. Se Cristo è la [[Verità]] e la [[Bontà]], egli è anche quello che costituisce il loro splendore, la [[Bellezza]]: ''Splendor Veritatis, Splendor Boni''.[...] «Tu sei il più bello degli uomini». Queste parole del salmo reale, lette come annuncio del Cristo, non vogliono dire che Gesù sia, secondo criteri stabiliti da un'estetica mondana, il più perfetto modello di bellezza. «Sei la fonte di ogni bellezza umana». In Te ci è rivelato che cosa è la bellezza, e da Te riceviamo lo sguardo per vederla, i criteri per discernerla e la forza per imitarla e trasmetterla. (pp. 19-20)
*Mentre studiavo la letteratura della controversia iconoclasta dell'VIII e XIX secolo, la lotta pro o contro le immagini sacre nel cristianesimo, in tutta quella letteratura non ho trovato nessuna traccia di un dibattito ''[[estetica|estetico]]''. [...] Gli iconoclasti, così come nell'Islam, ammettevano l'[[arte]], ma essa doveva limitarsi strettamente all'ambito [[profano]]. L'iconoclastia era, in un certo senso, una [[secolarizzazione]] radicale dell'arte, una desacralizzazione dell'attività artistica. [...] I [[Padri della Chiesa|Padri]] del Concilio di Nicea (787) ne erano ben coscienti. Per loro, la legittimazione dell'[[icona]] di Cristo era come il sigillo apposto alla sua divinità stabilita dal primo Concilio di Nicea (325) e dalla sua divino-umanità affermata dal [[Concilio di Calcedonia]] (451). La Chiesa Ortodossa festeggia la vittoria definitiva dei difensori delle immagini nell'843 come il "trionfo dell'Ortodossia", celebrato liturgicamente ogni anno la prima domenica di [[Quaresima]]. (pp. 12-13)
* Se [[Cristo]] venne a rinnovare l'uomo nella sua interezza, a formarlo secondo la sua immagine, allora anche lo sguardo, la sensibilità, la forza creativa dell'artista sono coinvolti in questa nuova costituzione. Se si considera la controversia iconoclasta in questa prospettiva, allora il tentativo di confinare l'arte nell'ambito profano, appare come una profonda crisi nella considerazione [[antropocentrismo|teandrica]] del mondo e dell'uomo. [...] Quello che, per la fede giudeo-cristiana, è un assunto profondamente radicato nel mistero dell'[[Incarnazione]], cioè che l'uomo sia veramente ''ad imaginem et similitudinem'' del suo [[Creazione (teologia)|Creatore]], viene fermamente respinto dall'[[Islam]]. Dio è unico e non ha eguali: la Sura "Al-Ikhlas" ("Il pruno monoteismo"-Corano CXII"), che ogni musulmano recita ogni giorno, dice quanto segue: «Di': "Egli Allah è Unico, Allah è l'[[Assoluto]]. Egli ha generato, non è stato generato e nessuno è uguale a Lui"». Non vi è quindi nessuna rappresentazione di Dio nel mondo. Il fatto che l'Islam sia un culto ''aniconico'' non deriva da una teoria [[estetica]]. È la conseguenza della fede islamica in un Dio che niente può rappresentare. Solo la luce, nella moschea, sarebbe, secondo alcuni, un'evocazione metaforica del divino. E la luce è infatti senza forma né figura. (pp. 15-16)
*La proibizione dell'immagine nell'Antica Alleanza ha un senso più pedagogico che ontologico. Poichè il cuore dell'uomo è una fabbrica di idoli, bisognava estirparne qualsiasi tentazione di [[idolatria]]. Ma fondamentalmente Dio si fa conoscere attraverso le sue opere. È questa la chiave d'accesso all'arte sacra. (p. 17)
*Conosciamo l'insegnamento classico sui «trascendentali», il vero, il buono, il bello. Tutti questi attributi non sono esteriori a Dio. Essi sono [[Dio]] stesso. Egli ''è'' la Verità e il Bene, Egli ''è'' Amore, ed ''è'' [[Bellezza]]. Verità e Bontà, Amore e Bellezza sono, come dicono gli scolastici, ''convertibili'' e coincidono con l'Essere stesso di Dio. [...] Cristo può dire di se stesso ciò che Dio solo può dire: «Io sono». L'Essere, il Vero, il Bene, sono, secondo il termine scolastico, ''convertibili''. Se Cristo è la [[Verità]] e la [[Bontà]], egli è anche quello che costituisce il loro splendore, la [[Bellezza]]: ''Splendor Veritatis, Splendor Boni''.[...] «Tu sei il più bello degli uomini». Queste parole del salmo reale, lette come annuncio del Cristo, non vogliono dire che Gesù sia, secondo criteri stabiliti da un'estetica mondana, il più perfetto modello di bellezza. «Sei la fonte di ogni bellezza umana». In Te ci è rivelato che cosa è la bellezza, e da Te riceviamo lo sguardo per vederla, i criteri per discernerla e la forza per imitarla e trasmetterla. (pp. 19-20)
 
==''Dio inviò suo figlio: cristologia''==
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==Bibliografia==
*Christoph Schönborn, ''A Sua immagine e somiglianza'' ("L'homme et le Christ, à l'image de Dieu"), traduzione di Silvia Mondino, Lindau, 2008. ISBN 978-88-7180-754-6
*Christoph Schönborn, ''Abbiamo ottenuto misericordia. Il mistero della divina misericordia'', traduzione di M. C. Ascher Corsetti, Edizioni Studio Domenicano, 2011.
*Christoph Schönborn, ''Dio inviò suo figlio: cristologia'', traduzione di M. L. Milazzo, Editoriale Jaca Book, 2002.
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