Shāh-Nāmeh: differenze tra le versioni

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*''Non vogliamo | I tesori colmar di fulgid'auro, | Ché si resta nel duol la gente grama | Per quel colmo tesoro.'' (Behram-gòr; p. 269)
*''Lecito è il dolce vino, e porger norma | A' bevitori noi dobbiam. Di vino | Tanto si beva alcun che sul leone | Seder si possa truculento e fiero | E il leon non l'atterri. Oh! ma non tanto | Ne beva alcun però, che negri corvi | A lui dormiente ed ebbro in sul sentiero | Gli occhi dal capo strappino col rostro.'' (Behram-gòr; p. 293)
*''Quale è più ricco, [...] | Di contro egli ha il tapino | Uguale e pari a lui. Che più possegga | Alcuno in terra, più non lice, e il ricco | Esser debbe la trama e il poverello | Esser debbe l'ordito. Uguale in tutte | Le cose di quaggiù facciasi il mondo, | E di ricchi opulenza ingiusta e vieta | Cosa si estimi. Assegnar case e donne | E ricchezze ad altrui qual suo possesso, | Licito più non è, ché il ricco e il gramo | Sola una cosa in terra sono; ed io | Tanto farò che questo con la santa | Religion s'accordi e il basso e l'alto | Discernere possiam veracemente. | Chi poi, qualunque ei sia, che in altra fede | Posi da questa mia, da Dio signore | Abbia anatema qual perverso Devo!'' ([[Mazdak]]; p. 537)
*''Volgesi il mortale | Per cinque cose da giustizia, e il saggio | A queste cinque nulla aggiunger puote. | E son l'ira e l'invidia e la vendetta | E il bisogno, e la quinta è quello invero | Ambizion che vince l'altre. Allora | Che i cinque vincerai Devi maligni, | Chiara ed aperta ti sarà la via | Del Re dell'universo. Or, per coteste | Cinque cose congiunte, alta iattura | Menano in terra a nostra intatta fede | Ricchezze e donne, e però vuolsi ancora | Porre là in mezzo, libero possesso, | Donne e ricchezze, se pur vuoi che danno | Unqua non venga a nostra intatta fede. | Per coteste due cose, invidia nasce, | Bisogno, ambizion, fidi alleati | Di corrucci e vendette. Ecco! sconvolge | Mente di saggi un Devo, ed in comune | Vuolsi però lasciar quelle due cose.'' (Mazdak; p. 539)
*{{NDR|Rivolto a Mazdak}} ''Uom che ti cerchi sapienza, nuova | Religion festi alla terra e in mezzo, | Qual possesso d'ognun, ricchezze e donne | Ponesti ancor. Qual cosa mai potrìa | Far conoscere il padre allor che ha figli, | E figlio come mai scerner potrìa | L'autor de' giorni suoi? Quando sono pari | Gli uomini in terra e principi da servi | Manifesti non vanno, oh! chi mai fia | Che cerchi del servir la trista porta, | E sovrano poter come fia dato | Esercitar? Di me, di te, chi fia | Addetto servo, e per qual modo il reo | Fia distinto da giusto? E se alcun muore, | A chi il possesso e la sua casa, allora | Che il servo all'opre addetto e il re del mondo | Pari fra lor saranno? Oh! tutto il mondo | Deserto andrà per le dottrine tue, | Né vuolsi inver che tanto mal s'innesti | In suol d'Irania. Prenci tutti e donni! | Che per mercede servirà? Tesori | Posseggon tutti, e tesorier chi fia? | Davver! che queste cose alcun non disse | De' profeti d'un dì; ma tu del core | Annidi nel profondo alta stoltizia, | Meni la gente all'infernal dimora | E le opere più ree non stimi ree!'' (p. 542)
*{{NDR|Su [[Cosroe I]]}} ''Per quella | Sua bontà grande e per la sua giustizia, | Pel nobile costume e per la sua Alta scienza e per l'intatta fede, | Di prence Nushirvàn l'inclito nome | Gli dié la gente, ché novello amore | Egli mostrava con poter novello. (p. 547)
 
==Volume VII==