Julien Ries: differenze tra le versioni

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==''Manicheismo: un tentativo di religione universale''==
===[[Incipit]]===
La lotta tra manicheismo e cristianesimo fu lunga ed aspra. I cristiani avevano a che fare con un avversario abile quanto ai metodi e temibile quanto alla dialettica. Sorta in Persia verso la metà del III secolo, la dottrina di Mani si è diffusa nei mondi orientale e occidentale in meno di un secolo. Nel IX secolo, Fozio e Pietro di Sicilia ne incontrano in Armenia alcuni seguaci chiamati pauliciani. Nella stessa Europa della fine del Medioevo, valdesi, bogomili e albigesi hanno fatto rivivere alcuni degli errori manichei. Non sorprende quindi che i teologi cattolici accusino i protestanti di essere ''manichei redivivi'', ossia degli eretici manichei. Lo studio del manicheismo, del suo fondatore e della sua storia ha avuto dunque inizio nel XVI secolo, in occasione della controversia tra cattolici e protestanti. <!--(cap. I, p. 3)-->
 
===Citazioni===
In conclusione {{NDR|secondo Baur<ref>Ferdinand Christian Baur (1792 – 1860), teologo tedesco, maggiore esponente della scuola esegetica di Tubinga.</ref>}}, il manicheismo appare come un tentativo di sintesi delle forze religiose pagane precedenti al cristianesimo. In un ultimo sussulto, le sapienze orientali si riuniscono e, tramite una magistrale sintesi, tentano di sedurre lo spirito umano già orientato alla dottrina di Gesù. Tutta l'iconografia manichea e soprattutto il suo concetto della luce richiedono quindi un'interpretazione allegorica: se la dottrina di Cristo si propone di indicare all'uomo la necessità di prendere coscienza della sua vita e delle sue responsabilità, quella di Mani invece vi contrappone una concezione secondo cui la morale umana sarebbe solo il riflesso di un conflitto esterno alla vita umana, la lotta tra il bene e il male. Il manicheismo si colloca dunque a metà strada tra il paganesimo antico e il cristianesimo. (cap. II, p. 44)
 
==Note==