Ugo Enrico Paoli: differenze tra le versioni

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*L'antica Roma non fu mai, come la Roma d'oggi, o Parigi, o Firenze, una città traversata da un fiume. Lo sviluppo cittadino si effettuò tutto sulla riva sinistra; di Roma il Tevere non segnava la mediana, ma il limite occidentale. [...] Ciò spiega perché in Roma i ponti erano pochissimi; oggi ve ne sono ventidue; la Roma antica entro la cinta aureliana ne ebbe solo otto; nove computando il ponte Milvio nel tratto settentrionale del Tevere, oltre le mura; i più di essi sono costruiti in età tarda. (''Urbs'', p. 39-40)
 
*Le stanze della [[domus|casa romana]] non erano ingombre di mobili come le nostre, [...] Per conservare oggetti e tessuti, più ancora che i mobili come ''armaria'', ''capsae'', ''cistae'', ''scrinia'' ecc., servivano delle stanze adibite appunto a questo scopo [...] questo sistema che la casa moderna ha condannato, aveva un larghissimo uso presso i Romani, dalle incavature del muro in cui nelle biblioteche si riponevano i libri, alle numerose ''cellae'' che servivano da dispensa, da guardaroba, da deposito. Conseguenza di ciò il numero incomparabilmente più esiguo della mobilia. Ai Romani le nostre stanze parrebbero magazzini. (cap. III ''L'arredamento della casa'', p. 71)
 
*La differenza di gusto fra noi e i Romani è ancora più grave di quel che potrebbe sembrare se ci lasciassimo illudere da apparenti coincidenze: come noi, i Romani erano ghiotti dei funghi, ma li cuocevano col miele; pregiavano le belle pesche, ma le trattavano a un dipresso come facciamo noi con le anguille marinate; avevan una predilezione per molti dei pesci che ancor oggi si vedono volentieri sulla tavola, ma li preparavano con certi intrugli, diciamo così, preoccupanti, in cui entrava di ogni cosa un po', non escluse le susine e le albicocche spiaccicate e una ''purée'' di mele cotogne. Se qualcuno torce la bocca ha torto. Deve ricordarsi che mentre i Romani preferivano il cacio fresco, noi facciamo buon viso al cacio Gorgonzola, pur riconoscendo e dicendo che puzza: un cacio che è bacato, e che tanto più si paga e si apprezza, quanto più sapientemente è stato fatto bacare. I Romani arricciavano il naso davanti al cinghiale rancido; a noi par di sciuparlo se si mangia fresco, e lo cuciniamo solo quando è più che frollo e sa di carne passata. «È il gusto della selvaggina» si dirà; «No, è puzzo di cadavere» risponderebbe un Romano. Evidentemente fra tanti proverbi che ci sono, il più vero e il più equanime è quello che dice che tutti i gusti son gusti e sui gusti non si discute. (cap. IV ''I cibi'', pp. 79-80)