Indro Montanelli: differenze tra le versioni

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*Non ho scoperto nulla, con questo libro. Esso non pretende di portare "rivelazioni", nemmeno di dare una interpretazione originale della storia dell'Urbe. Tutto ciò che qui racconto è già stato raccontato. Io spero solo di averlo fatto in maniera più semplice e cordiale, attraverso una serie di ritratti che illuminano i protagonisti in una luce più vera, spogliandoli dei paramenti che fin qui ce li nascondevano. (introduzione)
*Non sappiamo quasi nulla di Porsenna. Ma dal modo come si condusse, dobbiamo dedurre che alle doti del bravo generale doveva accoppiare quelle del sagace uomo politico. Egli si rese conto che negli argomenti di Tarquinio c'era del vero. Ma prima d'impegnarsi, volle essere sicuro di due cose: che il Lazio e la Sabina erno davvero pronti a schierarsi dalla sua parte, e che nella stessa Roma c'era una «quinta colonna» monarchica pronta a facilitargli il compito con un'insurrezione. (RCS 2004, cap. 5, ''Porsenna'', p. 49)
*Da quell'anno 508 in cui fu fondata la repubblica, tutti i monumenti che i romani innalzarono un po' dappertutto portarono sempre la sigla SPQR che vuol dire: ''Senatus PopuluSque Romanus'', cioè «il Senato e il popolo romano». Cosa fosse il Senato, già lo abbiamo detto. Viceversa non abbiamo ancora detto cos'era il popolo, che non corrispondeva affatto a ciò che noi intendiamo con questa parola. In quei lontani giorni di Roma esso non comprendeva «tutta» la cittadinanza, come avviene oggi, ma soltanto due «ordini», cioè due classi: quella dei «patrizi» e quella degli ''equites'' o «cavalieri». (RCS 2004, cap. 6, ''SPQR'', p. 54)
*Tutti i dittatori della Roma repubblicana, meno uno, furono patrizi. Tutti, meno due, rispettarono i limiti di tempo che furono loro imposti. Uno di essi, Cincinnato, che, dopo soli sedici giorni di esercizio della suprema carica, tornò spontaneamente ad arare il campo coi buoi, è passato alla storia coi colori della leggenda. (RCS 2004, cap. 9, ''La carriera'', p. 85)