Cesare Marchi: differenze tra le versioni

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*[[Festina lente|Affrèttati lentamente]]. Sembra, e formalmente è, una contraddizione in termini, non essendo pensabile che fretta e lentezza vadano d'accordo. Si tratta d'una figura retorica, detta [[ossimoro]], che unisce due termini antitetici per conferire provocante vivezza al pensiero (come ghiaccio bollente, convergenze parallele). Nella sostanza, il paradosso contiene una verità, e cioè che chi desidera arrivare alla meta prefissa deve evitare ogni precipitosa improvvisazione. (p. 86)
*Sui promontori rocciosi di Abila (Ceuta) e Calpe (Gibilterra), che formano lo stretto fra Europa e Africa, Ercole avrebbe scritto, secondo la leggenda, le parole ''[[Non plus ultra]]'' segnando, con quelle che furono poi chiamate le Colonne d'Ercole, i confini del mondo. Nessun navigatore doveva oltrepassarli. La locuzione si usa enfaticamente, specialmente dai rappresentanti di commercio, per indicare un prodotto che ha raggiunto il massimo della perfezione: oltre non si può andare. (p. 166)
*Una formula latina, usata in Inghilterra nel XV secolo, stabiliva il numero dei giudici dei quali (latino ''quorum'', genitivo plurale maschile del pronome relativo ''qui'') era necessaria la presenza per la validità del procedimento. Il ''quorum'' poi passò nel linguaggio elettorale, a indicare il numero dei voti necessario perchè un candidato sia eletto consigliere comunale, provinciale, regionale, deputato, senatore. Chi non raggiunge il ''quorum'', viene bocciato. E se non è corazzato contro i colpi della sfortuna, udita la brutta notizia, può anche morire di creaquorum. (pp. 203-204)
*''Còllum tùum sìcut [[turris eburnea|tùrris ebùrnea]]'', il tuo collo è come una torre d'avorio, dice alla bella Sulamita il ''Cantico dei cantici'', attribuito a [[Salomone]] (VII, 5). S'ispirò a questo versetto [[Amedeo Modigliani|Modigliani]] per i suoi famosi colli? Torre d'avorio è anche un attributo della [[Madonna]] nelle litanie lauretane. Nell'uso corrente indica il volontario e talora sdegnoso isolamento in cui si rinchiudono esponenti della scienza, dell'arte, della cultura, evitando i contatti con la realtà esterna, per meglio dedicarsi allo studio e alla creazione. (p. 242)