Marguerite Yourcenar: differenze tra le versioni

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==''Pellegrina e straniera''==
*Tale, quale indugia ancora sugli schermi dei teatrini delle ombre ateniesi, [[Karagöz]] è anteriore alla Guerra di Indipendenza, anteriore a [[George Gordon Byron|Byron]]: egli appare al tempo della dominazione ottomana. È però anche parente del greco troppo astuto delle commedie romane, del paria disinvolto che in ogni tempo s'è cavato d'impiccio in tutti i porti del Mediterraneo e del quale si ritrovano ancor oggi i tratti in tutti i cambiavalute, i lustrascarpe e i lenoni delle porte d'Oriente. (da ''Karagöz e il teatro delle ombre in Grecia'', pp. 13-14)
*La Grecia ha lasciato alla Sicilia qualche tempio e qualche grande ricordo; l'influenza araba vi aleggia onnipresente; il barocco napoletano abbonda; si intravede la Spagna in quella sensazione di siccità austera, ma i conquistatori normanni e angiomi hanno lasciato a questo popolo molto più delle loro cattedrali di Cefalù e di Monreale: gli hanno lasciato un'intera tradizione di leggende eroiche, un popolo di paladini, le cui immagini dagli ingenui colori decoravano ancora recentemente i carretti di paese, e che fornisce i suoi temi al teatro dei [[Opera dei Pupi|Pupi di Sicilia]]. (da ''I pupi di siciliani'', p. 30)
*Molto più grandi e pesanti delle marionette comuni, manovrati anziché coi fili com solide aste di ferro, i [[Opera dei Pupi|Pupi siciliani]] sono sontuosamente rivestiti di autentiche armature che cozzano insieme con fragore nel corso delle battaglie: hanno il capo ornato di alti pennacchi e trascinano sulle assi del palco ampi mantelli di velluto. Le figure femminili, in questo mondo di eroici fantocci, sono rare; una tragica Alda vestita di nero, come si addice alla fidanzata di un morto, penzola solitaria a un chiodo tra le quinte di questo stupefacente teatro, il cui impresario è, a tempo perso, fabbro, armaiolo, sellaio, costumista e scenografo, come per un torneo, un serpente, come nell'Eden, e un leone, come nella foresta delle Ardenne di [[Shakespeare]]. (da ''I pupi siciliani'', p. 31)