Alfred Edmund Brehm: differenze tra le versioni

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*Non si può immaginare un animale più vivamente colorito, eppure così brutto, come il [[mandrillo]]. (p. 126)
*La forza, la scaltrezza ed il pericoloso suo morso ne fanno il signore della foresta. Non teme nessun nemico e non si spaventa dello scoppio dell'arma da fuoco. Le sue passioni sono d'una tale violenza da far credere che sotto il loro impero diventi affatto furioso e perda l'intelletto. Paragonata alla loro, la collera delle altre scimmie rassomiglia, a detta d'uno scrittore inglese, ad un lieve sospiro di vento, mentre quella del [[mandrillo]] può paragonarsi alla bufera che rovina tutto sul suo passaggio. Se il tremendo animale e inviperito (e a ciò basta uno sguardo, una parola, una minaccia) raggiunge un tale grado di furore da dimenticare tutto e precipitarsi a capo basso furente sul nemico. Un lampo diabolico sfolgora dagli occhi del mostro, che pare invero dotato di una forza e d'una cattiveria infernale. Si assicura che le sue tempestose passioni lo scrollano al segno da farlo cadere senza vita in mezzo ad urli e rantoli selvaggi. Si dice ancora che serba il rancore assai più a lungo degli altri cinocefali, e che mai perdona ad un nemico. Non v'ha quindi da maravigliarsi che gli indigeni non attacchino mai briga con lui: anzi non penetrano nei boschi in cui abita il mandrillo se non in gran numero e bene armati. Come la collera, la sua sensualità non conosce limiti, ed oltrepassa di gran lunga in svergognatezza e impudenza quella delle altre scimmie. I maschi non assaltano solo le loro femmine, bensì anche le donne, e sono perciò abbastanza pericolosi. (p. 127)
*LNon si può ddescrivere l'effetto cheprodotto ildalla ruggitovoce del [[leone]]re hasopra suglii altrisuoi animalisudditi. è indescrivibile: laLa iena appenache lourlava sentetace tralascia subito subito di urlareall'istante, anche se solo per un attimo; il leopardo smette anch'esso di grugnire; mentre invece, le scimmie intensificanocominciano ia lorobrontolare mormoriiforte e sisalgono arrampicanopiene senzadi perdereterrore temposino sui ramiai più alti deglirami. alberi:Nel legregge antilopibelante fuggonoregna aun precipiziosilenzio nelledi boscaglie,morte; edle ancheantilopi glisi armentiprecipitano zittisconoin sbrigliata fuga attraverso le boscaglie; il cammellocamello carico trema, rifiutanon diubbidisce obbedirepiù al richiamo del suo conducenteconduttore, getta agiù terrail carico, eil cavaliere, e sicerca la allasua salvezza in una fuga frettolosa; anche il cavallo si s'impenna, sbuffa, dilata le narici e indietreggiasi spaventato,precipita imitatoindietro; dalil cane chenon correavvezzo guaendoalla dalcaccia guaisce e cerca un rifugio presso il padrone. Ed[...] ancheE l'uomo persino, allorchéche per la prima volta, nella notte della foresta vergine, ode larintonare quella voce, si domanda se sarà abbastanza audace per affrontare chi emette un simile rombo. Il medesimo senso d'angoscia prodotto dal ruggito del leone romperesi ilimpadronisce silenzioanche notturnodegli animali che hanno sentore della forestasua presenza per mezzo d'un altro senso, sentecioè destarsilo infiutano senza vederlo: sanno tutti che l'avvicinarsi del leone per loro insolitisignifica timorimorte. ({{c|edizione?}} p. 532236)
*Ma ecco, improvvisamente sembra che il suolo rabbrividisca di paura: poco distante, rugge il [[leone]]! E in quell' attimo il nome di ''essed'' (nunzio del terrore) che gli indigeni danno al re degli animali appare pienamente giustificato: subito le pecore si precipitano come pazze contro la siepe spinosa, le capre strillano, mentre vacche e giovenche, inebetite dal terrore si buttano le une contro le altre. Anche il cammello cerca di abbattere gli ostacoli che gli impediscono la fuga, e i cani, di solito abituati a combattere con iene e leopardi, si rifugiano con alti guaiti sotto le tende dei padroni. Intanto, il leone con un salto supera la siepe e penetra nel recinto per scegliersi la preda: una sola zampata gli basta per abbattere una giovenca, e la sua robusta dentatura in un attimo spezza le vertebre cervicali della vittima, incapace di opporre la benché minima resistenza. Poi, con gli occhi scintillanti di gioia, il leone rimira la vittima e si sferza altezzosamente i fianchi con la coda. Dopodiché, incomincia a pensare al ritorno: sa di dover attraversare la siepe, ma nemmeno vuole abbandonare la preda, e quindi fa ricorso a tutta la sua forza per superare con un balzo la siepe tenendo tra le fauci l'animale morto[...]Dopo aver superato il recinto, il leone trascina via la vittima e va a mangiarsela in qualche luogo tranquillo. ({{c|edizione?}} p. 532)
*{{NDR|Sul [[leone]]}} Con la selvaggina, si comporta assai diversamente che con gli animali domestici: sa benissimo che le bestie selvatiche lo fiutano di lontano, e che sono abbastanza veloci da sfuggirgli. Perciò tende loro agguati astuti, oppure le avvicina con prudenza, strisciando sottovento quasi sempre insieme a un altro leone, e fa così non solo di notte, bensì anche quando il sole è ancora all'orizzonte. Spesso si reca pure alle pozze d'acqua ove, nelle steppe, gli altri animali vanno a bere, e vi fa un bottino abbondante: dopo le ore cocenti del pomeriggio, allorché giunge la frescura della notte, le antilopi, le giraffe, le zebre e i bufali escono per rinfrescarsi la bocca inaridita, e con somma prudenza si avvicinano alla sorgente o allo stagno, dove oltre all'acqua, sanno però di trovare pericoli gravissimi [...]: male incoglierà quella bestia che si avvicinasse all'acqua nella direzione del vento, e spinta dalla sete scordasse la sua innata prudenza! ({{c|edizione?}} p. 534)