Marcello Marchesi: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 591:
 
===Citazioni===
*Ho anche un terrazzino a livello rondini. Al tramonto se ne vanno e arrivano i pipistrelli. L'ultima [[rondine]] e il primo [[pipistrello]] procedono al cambio della guardia con un certo nervosismo, evitano l'incidente diplomatico, fingono di non conoscersi, ma rischiano più volte di scontrarsi fra loro. (cap. I; pp. 19-20)
*Mi piace come parla questa donna. Un linguaggio "sboccato" e pudìco. Un turpiloquio temperato dall'eufemismo, molto simile a quello delle zie, pieno di echi e frange fluttuanti. (cap. I; p. 22)
*Sotto le sue mani mi torna la memoria. Ne ho avuta sempre poca, anche perché non ho mai amato i [[ricordo|ricordi]]. Uno specchio che va in frantumi. I ricordi sono le schegge. È inutile cercare di rimetterle insieme, per vederci qualcosa che non c'è più. Meglio gettarle via prima che ti feriscano. Guardavo sempre avanti. Chi si volta non è contento di dove sta. La pensavo così. (cap. I; p. 23)
*«"Padre, l'esclamazione {{maiuscoletto|dio tassista}} è una [[bestemmia]]?"»<br>«E lui?»<br>«"Dipende. Se c'è l'apostrofo, no!"»<ref>Spesso riportata nella forma semplificata: «Dio tassista, senza apostrofo, è una bestemmia?» {{cfr}} Luigi Galella e Antonio Ricci, ''Me tapiro'', Mondadori, 2017, [https://books.google.it/books?id=xP87DwAAQBAJ&pg=PT195 p. 195]. ISBN 88-520-8366-9</ref> (cap. I; p. 24)
*Per dire chi è coso, lì, comesichiama, chi è questo Amedeo. È uno [[scrittore]]. Molti, ancora oggi, credono che questa parola voglia significare: scrivano, scritturale, impiegato che scrive, maestro di calligrafia e anche pittore di insegne. Invece Amedeo scrive e basta. Intinge la penna nel cervello e scrive. Ha molta fantasia, però gli manca la cosa, la, comesichiama, gli manca la memoria. Fantasia tanta, memoria niente. Forse perché sta sempre a pensare alle parole da mettere in bocca a qualche personaggio inventato da lui e, nello stesso tempo, a quelle da imboccare a un altro personaggio che risponde al primo che, poi, a sua volta, non può restare, tutto a un tratto, a bocca aperta senza ribattere qualche cosa, sennò si ferma tutto. (cap. II; p. 25)
*Mica facile scrivere, pensandoci, quelle cose che la gente dice senza pensarci. (cap. II; p. 25)
*Dopo tanti anni di velluto nero tra lui e la sua infanzia, per la prima volta un nome, un soprannome, un personaggio, una frase, due frasi, tante frasi dimenticate che tornavano su a galla, come bolle d'aria, da un lago profondo. Forse l'età. Dicono che, a un certo momento, "prima della fine", ci sia un ritorno di memoria, una memoria lucida, di ferro, da elefante. (cap. III; p. 28)
*Prima cosa: via la barba. Così depilato, aveva due chiappe al posto delle guance. (cap. III, p. 32)
*Fuma a stantuffo, ma fra quelle nuvole che gli avvolgono la testa, avanzano come guerriglieri mimetizzati parole, idee, invettive. È sempre preceduto da se stesso. Sa ciò che pensa quando ascolta ciò che dice e dice sempre ciò che pensa. Pene al pene, culo al culo. Parole sue. (cap. IV; p. 41)
*Lo aggredisco con una sequela di parolacce e di oscenità tipiche del suo repertorio. Ma cerco di rispettare la forma. Gli do dell'escremento umano e per di più carente dal punto di vista estetico, lo mando a fare in qui e in là, calunnio sua madre, gettando il discredito sulla sua onorabilità e quanto al padre, gli attribuisco spropositate protuberanze frontali in dipendenza dal comportamento della moglie [...]. (cap. IV; p. 43)
*Solo oggi si accetta l'ambiguo non­peso della [[materie plastiche|plastica]] in nome della sua indistruttibilità e anche della sua silenziosità all'urto, per cui, non sentendo cadere il secchio di plastica e non sapendo che è lì per terra, ci inciampi, cadi, ti rompi il naso, ma te lo rifai di plastica, e se non senti gli odori, poco male, e, quanto ai profumi, fiori di plastica ce n'è quanti ne vuoi. (cap. V; pp. 45-46)
*Oggi dicono che l'[[masturbazione|autoerotismo]] in età puberale preserva dalla delinquenza minorile. Ma non me lo potevano dire prima? Quanti spaventi di meno, confessioni, fioretti, mea culpa. (cap. V; p. 49)
*La fatica, intesa come sofferenza fisica nell'atto dello [[scrittura|scrivere]], migliora lo stile, spinge alla scelta del vocabolo appropriato, dell'aggettivo raro ma, soprattutto, stimola la rievocazione. (cap. VI; p. 51)
*[[Ubriachezza|Ubriacarsi]] e fumare non dava il gusto che dà ai grandi: non avevamo niente da dimenticare. (cap. VII; p. 56)
*Ho la sensazione di aver vissuto troppo. Prima, quando del passato non mi importava niente, questa sensazione non l'avevo, anzi ero sicuro che l'ultimo orizzonte fosse molto lontano. Non è più così. Se tento un bilancio, se tiro i conti di cassa, ho tanti ricordi e nessun progetto: sono fottuto. (cap. VII; p. 57)
*Quando il marito morì d'infarto, lo buttò dalla finestra per incassare l'assicurazione sugli infortuni. (cap. X; p. 68)
*"Zio Guido, com'è il [[paradiso e inferno|Paradiso]]?" "Il Paradiso è noioso. Chi ci sta? Preti, sante, [[Maria Goretti]], vergini incallite, monache arcigne, benefattori pallidi e miracolati piagnoni. Meglio l'[[paradiso e inferno|inferno]]; puttane, bari, ubriaconi, gente allegra, magari caratteracci, come dire, eretici, spregiudicati, briganti tipo il Passatore. Però bisogna vedere com'è il Regolamento. Può darsi pure, quando vai di là, che trovi un'affiche, un manifesto, all'ingresso, che dice "{{maiuscoletto|chi è destinato al paradiso è autorizzato a fare tutto ciò che non ha mai fatto. I sette vizi capitali sino liberamente utilizzabili e senza limiti. per quanto riguarda quelli che hanno latessera rossa (inferno) da questo momento, non potranno più fare quello che facevano in terra. basta gozzoviglie. da qui all'eternità novene digiuni e castità. il contrappasso. quelli lassù se la godono e voi quaggiù gratattevi. come si dice? san rocco. chi gode prima non gode doppo. firma (illeggibile)}}"." (cap. X; p. 68)
*[[Giacomo Leopardi|Leopardi]] era dedito alle pratiche solitarie. Con tutto ciò, un grande poeta. La prima versione della famosa poesia ''[[Giacomo Leopardi#XII – L'infinito|L'infinito]]'', all'ultimo verso non suonava "''... e naufragar m'è dolce in questo mare''", bensì "''... e naufragar m'è dolce in questa mano''". Probabilmente l'aveva scritta in stato di tensione autoerotica. (cap. X; p. 70)
*Era l'epoca di [[Rodolfo Valentino]] con la testa tenuta insieme dalla brillantina, [...]. (cap. X; p. 71)
*Il confine fra un [[ricordo]] e il ricordo di un ricordo, si fa, col passare del tempo, sempre più sottile. (cap. X; p. 71)
*Se [[Cappuccetto Rosso|Cappuccetto è rosso]], il lupo è reazionario? (cap. X; p. 71)
*La [[droga]] non serve per viaggiare nei ricordi, ma per viaggiare nella fantasia. (cap. X; p. 73)
*E poi il [[dolore]] anche inutile, anche ingiusto, non andava mai sprecato. Si devolveva in sconto dei [[peccato|peccati]]. E se non si avevano peccati personali, andava in sconto del [[peccato originale|Peccato Originale]], vecchio debito di famiglia, contratto dai nonni Adamo ed Eva e mai estinto nei secoli, per il peso eccessivo degli interessi celesti. (cap. XI; pp. 75-76)
*E poi stavo sempre lì tra i piedi, come [[mercoledì]]. (cap. XI; p. 78)
*"Questo" disse indicandomi una specie di girino allungato "è lo [[spermatozoo]], che molti si ostinano a chiamare ancora cicogna."<br>"Quando volano le [[cicogna|cicogne]]?"<br>"Quando volano le cicogne, gli uccelli hanno già volato."<br>Mi presentò il processo di ovulazione come una partita di calcio.<br>"Lo spermatozoo, come un piccolo pallone, cerca di entrare nella porta (ovulo) superando una infinità di ostacoli e di nemici. Se fa goal, nasce un pupo."<br>Poi un bel giorno, quando pensò di avermi spiegato tutto, ma proprio tutto disse: "Basta con la teoria, fra due anni passeremo alla pratica. In ogni modo ricorda: [[fare l'amore|fare all'amore]] è il tentativo dell'uomo di rientrare nel grembo materno dalla parte da cui è uscito, cominciando con la parte, grazie alla quale, è entrato." (cap. XI; p. 80)
*A quei tempi, al sabato sera, circolavano per le strade molti ubriachi. L'[[oste|osteria]] era l'unico svago dei lavoratori mal pagati e mal nutriti, cui il solo odore di un bicchiere di vino dava subito alla testa. (cap. XI; p. 83)
*Però, nel suo [[russare]], c'era tutta una gamma di rantoli, di trombonate e di stop improvvisi, quasi a commento di quanto gli risuonava intorno. (cap. XI; p. 85)
*Il lessico delle zie era vario, colorito e composito. Un montaggio di proverbi ritoccati dall'uso; di modi dialettali adattati a lontani e segreti episodi di famiglia; il finale di una storiella piccante di cui non si conosceva la prima parte; il titolo di una farsa da parrocchia; il soprannome di uno sconosciuto. A volte due versioni della stessa parola. Per esempio, gli ortaggi crudi, intinti in olio­sale­pepe, venivano chiamati "pinzimonio" alla mia presenza, e "cazz'imperio" quando io mi trovavo di là, a origliare dal buco della serratura. (cap. XI; p. 88)
*Fino a poco tempo fa mi riposavo con il rimorso. Mi sembrava di perder tempo, di lasciarmi sfuggire le ore come monete d'oro da una tasca bucata. Dev'essere [[Roma]] che fa quest'effetto. Qui il tempo non ha importanza, non c'è un orologio che segni un'ora giusta. Anch'io, ora, posso perdere tempo. (cap. XVII; p. 117)
*Anche le zie usavano chiamare [[suffragette]] le donne che la buttavano in politica. Io pensavo che "suffragetta" fosse una donna con la frangetta, come [[Lilì Pons]] in ''Varieté''. (cap. XVII; p. 119)