Vite parallele: differenze tra le versioni

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*Apparve allora il Crimiso e si videro i nemici che lo stavano attraversando: in testa le quadrighe con le loro terribili armi e già pronte alla battaglia, dietro diecimila opliti armati di scudi bianchi e che, a giudicare dallo splendido armamento, dalla lentezza e dall'ordine con cui marciavano, si suppose che fossero Cartaginesi. (27)
*'''Diogene''': O [[Dionisio II di Siracusa|Dionisio]], tu vivi in una condizione indegna di te.<br /> Dionisio si fermò e rispose: <br /> '''Dionisio''': O Diogene, mi fa piacere che tu abbia compassione delle mie sventure.<br /> '''Diogene''': Che dici?...<br /> Riprese Diogene.<br /> '''Diogene''': ...credi che io mi addolori per le tue sventure? Io sono sdegnato invece di vedere che uno schiavo quale sei, degno di invecchiare e morire da tiranno come tuo padre, viva qui con noi divertendosi e godendo.
*E quindi si impari, che le menti umane, qualora non acquistaron fermezza e forza dalla ragione e dallo studio della filosofia, sono nel menare le grandi imprese a fine, agevolmente scosse e trasportate da qualunque leggier laude e biasimo, e da' lor proprii discorsi vengono traviate. Perché conviene che l'azione sia non solamente onorata e giusta in sè, ma che parimenti l'intenzione da cui procede sia stabile, e non soggetta a cangiamento, acciò non facciamo opera che non abbiamo prima approvata per buona; e non ci avvenga come a' golosi, i quali bramando con avidissimo appetito alcuna vivanda di quelle che ristuccano, non prima ne sono sazii, che ne sentono la nausea. Così noi, dopo che terminammo alcuna nostr'opera, ci affliggiamo quando vien meno in noi l'imaginazione che fusse onesta, la quale ci mosse a farla: perché il pentimento ogni nostro buon fatto fa riuscir biasimevole: là dove la volontà procedente da certa conoscenza e da saldo discorso non si cangia mai, eziandio qualora non avesse l'opera nostra buon fine. (1859VI; VI1860, p. 115)
*Raccontano, infatti, che secondo il mito la Sicilia è sacra a Core poiché qui avvenne il suo rapimento e perché l'isola fu offerta alla dea come dono di nozze. (8,8)
*Un giorno che si erano messi a pescare insieme, discutevano pieni di meraviglia della bellezza del mare e della magnificenza dei luoghi e uno, che militava nelle file dei Corinzi, disse: Voi, che pure siete Greci, vi date da fare per asservire ai barbari una città così grande e adorna di tali bellezze, permettendo che i Cartaginesi, i più malvagi e i più crudeli degli uomini, abitino vicino a noi, quando invece bisognerebbe pregare perché molte Sicilie si estendessero davanti alla Grecia per proteggerla dai Cartaginesi. (20, 2-11)
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{{NDR|Plutarco, ''Vita di Emilio'', traduzione di D. Magnino, UTET, 1998.}}
 
====Citazioni====
*[...] dissolvono i principali fondamenti d'un governo quelli i quali sdegnano la cura d'osservar diligentemente gli ordini d'una città per piccioli che sieno. (III; 1860, pp. 157-58)
*[...] stimando che il vincere i nimici fusse poco più che un accessorio al pregio di ben instruire i cittadini. (III; 1860, p. 158)
 
===''Sertorio''===
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==Bibliografia==
*Plutarco, ''Le vite parallele'', a curatraduzione di Marcello Adriani il giovane, riscontrate col testo greco e annotate da Francesco Cerroti e Giuseppe Cugnoni, Le Monnier, Firenze, 1860, [https://books.google.it/books?id=TuwKAQAAIAAJirWfDXdVFC0C vol. II], Firenze, Le Monnier, 1859.
*Plutarco, ''Vite parallele'', a cura di Antonio Traglia, UTET, 1992.
*Plutarco, ''Vite parallele'', a cura di Domenico Magnino, UTET, 1998.