José Saramago: differenze tra le versioni

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==Citazioni di José Saramago==
*[...] [[Arezzo]] è anche una città, calma e luminosa, adagiata sul pendio di una collina, con il Duomo in cima [...]. Arezzo è rimasta uno dei miei più saldi amori italiani.<ref>Da ''Manuale di pittura e calligrafia'', traduzione di R. Desti, Feltrinelli , 2011, [https://books.google.it/books?id=et7N1Tkq2V4C&pg=PA159 p. 159]. ISBN 8807722399</ref>
*C'era un tempo in cui le parole erano talmente poche che non ne avevamo neppure per esprimere qualcosa di tanto semplice come Questa bocca è mia, o Codesta bocca è tua, e tanto meno per domandare Perché abbiamo le bocche unite. (da<ref>Da ''L'uomo duplicato'').</ref>
*{{NDR|Su [[Silvio Berlusconi]]}} CHE FARE CON GLI ITALIANI? Riconosco che la domanda potrà sembrare alquanto offensiva a un orecchio delicato. Ma che succede? Un semplice privato che interpella un intero popolo, che gli chiede il conto per l'uso di un voto che, con sommo gaudio di una maggioranza di destra sempre più insolente, ha finito per fare di Berlusconi il padrone e signore assoluto dell'Italia e della coscienza di milioni di italiani? Anche se in verità, voglio dirlo subito, il più offeso sono io. Sì, proprio io. Offeso nel mio amore per l'Italia, per la cultura italiana, per la storia italiana, offeso, anche, nella mia pertinace speranza che l'incubo abbia fine e che l'Italia possa recuperare l'esaltante spirito verdiano che è stato, un tempo, la sua migliore definizione. E che non mi si accusi di star mescolando gratuitamente musica e politica, qualunque italiano colto e onorato sa che ho ragione e perché. (da<ref>Da ''Il Quaderno'', traduzione di Giulia Lanciani, Bollati Boringhieri, Torino, 2009).</ref>
*E i marinai, domandò lei, Non è venuto nessuno, come potete vedere, Ma li avete ingaggiati, almeno, insistette lei, Mi hanno detto che di isole sconosciute non ce ne sono più e che, anche se ci fossero, non hanno nessuna intenzione di lasciare la tranquillità delle loro case e la bella vita delle navi da crociera per imbarcarsi in avventure oceaniche, alla ricerca dell'impossibile, come se fossimo ancora al tempo del mare tenebroso, E voi, che cosa gli avete risposto, Che il [[mare]] è sempre tenebroso, E non gli avete parlato dell'isola sconosciuta, Come avrei potuto parlare di un'isola sconosciuta, se non la conosco, Ma siete sicuro che esiste, Tanto quanto è tenebroso il mare. (da<ref>Da ''Il racconto dell'isola sconosciuta'').</ref>
*[[Fernando Pessoa]] non riuscì mai a essere davvero sicuro di chi fosse, ma grazie al suo dubbio possiamo riuscire a sapere un po' di più chi siamo noi.<ref>Da postfazione a ''Il mondo che non vedo. Poesie ortonime'', di Fernando Pessoa, a cura di Piero Ceccucci, BUR, Milano, 2009.</ref>
*Essere un [[fantasma]] dev'essere questo, avere la certezza che la vita esiste, perché ce lo dicono quattro sensi, e non poterla vedere. (da ''Cecità'')
*Ho imparato in questo mestiere che chi [[Comandare|comanda]] non solo non si ferma davanti a ciò che noi definiamo assurdità, ma se ne serve per intorpidire le coscienze e annullare la [[ragione]].<ref>Da ''Saggio sulla lucidità''.</ref>
*[[Fernando Pessoa]] non riuscì mai a essere davvero sicuro di chi fosse, ma grazie al suo dubbio possiamo riuscire a sapere un po' di più chi siamo noi. (da postfazione a ''Il mondo che non vedo. Poesie ortonime'', di Fernando Pessoa, a cura di Piero Ceccucci, BUR, Milano, 2009)
*Il [[viaggio]] non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna [[vista|vedere]] quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui [[passo|passi]] già fatti, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito.<ref>Da ''Viaggio in Portogallo'', p. 457.</ref>
*Ho imparato in questo mestiere che chi [[Comandare|comanda]] non solo non si ferma davanti a ciò che noi definiamo assurdità, ma se ne serve per intorpidire le coscienze e annullare la [[ragione]]. (da ''Saggio sulla lucidità'')
*La [[vita]] è un'orchestra che suona sempre, intonata, stonata.<ref>Da ''Le intermittenze della morte''.</ref>
*Il [[viaggio]] non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna [[vista|vedere]] quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui [[passo|passi]] già fatti, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito. (da ''Viaggio in Portogallo'', p. 457)
*La [[vita]] è un'orchestra che suona sempre, intonata, stonata. (da ''Le intermittenze della morte'')
*Legato alla sua sedia a rotelle, [[Luca Coscioni]], che non è un generale, né una stella del cinema, e neanche un maratoneta, prosegue nella sua lotta sovrumana, è proprio questa la parola esatta, la parola giusta, per il diritto ai risultati di una ricerca sull'embrione che potrà, forse (non lo si saprà mai se non sarà intrapresa), ridare la salute o, per lo meno, migliorare la qualità della vita di migliaia e migliaia di infermi, non solo quelli che sono vittime della sclerosi laterale amiotrofica, ma anche di molte altre malattie che, aspettando angosciosamente l'aiuto della scienza, subiscono le conseguenze delle più ignare e oscure superstizioni. Luca Coscioni, con il suo coraggio intatto, il suo sguardo vivissimo che va dove il suo corpo non può andare, è in prima linea in questa battaglia per la vita. La sua arma è la ragione, il suo unico obiettivo la difesa della dignità umana.<ref>Dall'introduzione ''In nome di Dio'', traduzione di Rita Desti a Luca Coscioni, ''Il maratoneta'', a cura di Matteo Marchesini e Diego Galli, Stampa Alternativa, 2005, p. 6.</ref>
*Marx ed Engels hanno scritto nella Sacra famiglia: "Se l'uomo è formato dalle circostanze, allora bisogna formare le circostanze umanamente". Niente di più chiaro, niente di più eloquente, niente di più ricco di senso. Non avevo ancora trent'anni quando, per la prima volta, lessi quelle parole. Furono, per così dire, la mia via di Damasco. Capii che mi sarebbe stato impossibile tracciare una rotta per la mia vita al di fuori di quel principio e che solo un socialismo integralmente inteso (dunque, il [[comunismo]]) avrebbe potuto soddisfare i miei aneliti di giustizia sociale. Molti anni più tardi, in una intervista con Bernard Pivot, che voleva sapere perché continuassi a essere comunista dopo gli errori, i disastri e i crimini del sistema sovietico, risposi che, essendo un comunista "ormonale", mi era impossibile avere delle idee diverse: gli ormoni avevano deciso. La spiegazione è più seria di quanto sembri: e forse si capisce meglio se dico che, in qualche modo, ha un equivalente nel "non possumus" biblico. Recentemente, suscitando lo scandalo di certi compagni dediti alla più canonica ortodossia, ho osato scrivere che il socialismo – e a maggior ragione il comunismo – è uno stato dello spirito. Continuo a pensarlo. E la realtà si incarica giorno dopo giorno di darmi ragione. (da<ref>Da ''Comunista a chi?'', numero speciale de ''Il Manifesto'', 17 dicembre 2009).</ref>
*Nelle vicinanze della strada dove viveva c'erano ancora alcuni lampioni accesi. QUesta volta non li evitò: si sentiva sicuro, fiducioso, se qualcuno lo avesse bloccato, avrebbe spiegato tranquillamente la storia della ferita, dimostrato che tutto faceva parte, era chiaro, della stessa cospirazione contro la sicurezza e il benessere della città. Non ce ne fu bisogno. Nessuno gli chiese di mostrare il palmo della mano. Le poche strade illuminate erano gremite di gente. Era difficile riuscire ad attraversarle. E in una, appollaiato sopra un camion, un sergente dell'esercito di terra (et) atava leggendo un proclama, o un avviso:<br/>-Si informano tutti i cittadini utenti che, per ordine dello stato-maggiore-generale delle forze armate (smgfa), sarà bombardato, a partire dalle sette del mattino e da parte dell'artiglieria (ar) e dell'aviazione (av), il settore est della città, come prima misura di rappresaglia. I cittadini utenti che abitano nel settore da bombardare sono già stati evacuati dalle loro case e si trovano attualmente alloggiati in edifici governativi, debitamente sorvegliati. Saranno indennizzati per tutte le perdite materiali e per tutti i disagi morali che il presente ordine inevitabilmente finirà per causare. Il governo (g) e lo stato-maggiore-generale delle forze armate (smgfa) garantiscono ai cittadini utenti che il piano di contrattacco elaborato sarà portato fino alle sue estreme conseguenze. Date le circostanze, ed essendosi rivelata infruttuosa la [[Parole d'ordine dai libri|parola d'ordine]] «sorveglianza e mano aperta», la stessa parola d'ordine è sostituita dalla seguente: «Sorvegliare e attaccare».(da<ref>Da ''Cose'', in ''Oggetto quasi'') .</ref>
*{{NDR|Su [[Silvio Berlusconi]]}} Non vedo quale altro nome potrei dargli. Una cosa pericolosamente simile a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda un paese chiamato [[Italia]]. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte del paese di [[Giuseppe Verdi|Verdi]] se un vomito profondo non riesce a strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrodergli le vene e distruggere il cuore di una delle più ricche culture europee. (da<ref>Da ''La cosa Berlusconi'', ''El País'', 7 giugno 2009; citato ne ''il manifesto'', 8 giugno 2009, p. 2).</ref>
*Penso a [[Roberto Saviano]], minacciato di morte per aver scritto un libro di denuncia di un'organizzazione criminale capace di sequestrare un'intera città e chi ci vive, penso a Roberto Saviano che ha la testa non messa a taglia ma a termine, e mi chiedo se un giorno ci risveglieremo dall'incubo che la vita è per tanti, perseguitati perché dicono la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. Mi sento umile, quasi insignificante, davanti alla dignità e al coraggio dello scrittore e giornalista Roberto Saviano, maestro di vita. (da<ref>Da ''Il Quaderno'', traduzione di Giulia Lanciani, Bollati Boringhieri, Torino, 2009).</ref>
*Proprio in quell'istante un'automobile con apparecchiatura sonora si fermò in mezzo alla strada. Amplificata, si udì la voce della donna che, dentro la macchina, leggeva un foglio: «Attenzione, cittadini utenti. Il governo (g) informa tutti gli abitanti che adotterà rigorose misure di prevenzione e repressione. Sono stati effettuati alcuni arresti e ci si attende che in giornata la situazione si normalizzi del tutto. Nelle ultime ore si sono veirficati soltanto casi di cattivo funzionamento, ma nessuna scomparsa. I cittadini utenti dovranno mantenersi vigili, la loro collaborazione è preziosa. La difesa della città non compete solo al governo (g) e alle forze militari e militarizzate, (fmm). La difesa della città è una responsabilità di tutti. Il governo (g) prende atto della collaborazione fornita da molti cittadini e ringrazia, ma ricorda che i benefici della sorveglianza, derivanti alla presenza in massa nelle strade e piazze, finiscono per essere pregiudicati proprio dalla folla. Bisogna isolare il nemico e non offrirgli l'opportunità di nascondersi. Attenzione, quindi. La nostra tradizionale abitudine di mostrare il palmo delle mani, a partire da questo momento deve diventare legge e dovere. D'ora in poi, ogni cittadino ha l'autorità di esigere, ripetiamo, di esigere di vedere il palmo della mano di qualsiasi altro cittadino, qualunque siano le precedenze dell'uno e dell'altro. La precedenza Z può e deve esigere che la precedenza A gli mostri il palmo della mano. Il governo (g) darà l'esempio: questa sera, in televisione (tv), il governo al completo presenterà la mano destra della popolazione. Che tutti facciano lo stesso. La [[Parole d'ordine dai libri|parola d'ordine]] nella situazione attuale è la seguente: sorveglianza e mano aperta!» (da<ref>Da ''Cose'', in ''Oggetto Quasi'').</ref>
*Trovarsi d'accordo non sempre significa condividere una ragione, la cosa più abituale è che un gruppo di persone si riuniscano all'ombra di un'opinione come se fosse un parapioggia.<ref>Da ''L'uomo duplicato''.</ref>
*Se non siamo capaci di vivere globalmente come persone, almeno facciamo di tutto per non vivere globalmente come animali. (da ''Cecità'')
*Te l'immagini, una scala che prima ero capace di salire e scendere a occhi chiusi, così sono le frasi fatte, non hanno alcuna sensibilità per le mille sottigliezze semantiche, questa, per esempio, ignora la differenza tra il chiudere gli occhi ed essere ciechi. (da ''Cecità'')
*Trovarsi d'accordo non sempre significa condividere una ragione, la cosa più abituale è che un gruppo di persone si riuniscano all'ombra di un'opinione come se fosse un parapioggia. (da ''L'uomo duplicato'')
 
{{intestazione|''Il secolo XIX'', a cura di Bia Sarasini, 25 febbraio 2003}}
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*Per me il titolo contiene tutta quanta l'idea del [[libro]]. Per questo ho sempre trovato i titoli prima di cominciare a scrivere. Anche se questo non significa che abbia già un piano compiuto del romanzo.
*Sapere dove è l'[[identità]] è una domanda senza risposta.
 
==''Cecità''==
===[[Incipit]]===
Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. Nel segnale pedonale comparve la sagoma dell'omino verde. La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell'asfalto, non c'è niente che assomigli meno a una zebra, eppure le chiamano così.
Gli automobilisti, impazienti, con il piede sul pedale della frizione, tenevano le macchine in tensione, avanzando, indietreggiando, come cavalli nervosi che sentissero arrivare nell'aria la frustata. Ormai i pedoni sono passati, ma il segnale di via libera per le macchine tarderà ancora alcuni secondi, c'è chi dice che questo indugio, in apparenza tanto insignificante, se moltiplicato per le migliaia di [[semaforo|semafori]] esistenti nella città e per i successivi cambiamenti dei tre colori di ciascuno, è una delle più significative cause degli ingorghi, o imbottigliamenti, se vogliamo usare il termine corrente, della circolazione automobilistica.<BR>
Finalmente si accese il verde, le macchine partirono bruscamente, ma si notò subito che non erano partite tutte quante. La prima della fila di mezzo è ferma, dev'esserci un problema meccanico, l'acceleratore rotto, la leva del cambio che si è bloccata, o un'avaria nell'impianto idraulico, blocco dei freni, interruzione del circuito elettrico, a meno che non le sia semplicemente finita la benzina, non sarebbe la prima volta. Il nuovo raggruppamento di pedoni che si sta formando sui marciapiedi vede il conducente dell'automobile immobilizzata sbracciarsi dietro il parabrezza, mentre le macchine appresso a lui suonano il clacson freneticamente. Alcuni conducenti sono già balzati fuori, disposti a spingere l'automobile in panne fin là dove non blocchi il traffico, picchiano furiosamente sui finestrini chiusi, l'uomo che sta dentro volta la testa verso di loro, da un lato, dall'altro, si vede che urla qualche cosa, dai movimenti della bocca si capisce che ripete una parola, non una, due, infatti è così, come si viene a sapere quando qualcuno, finalmente, riesce ad aprire uno sportello, Sono cieco.
 
===Citazioni===
*Arriva sempre un momento in cui non c'è altro da fare che [[rischio|rischiare]].
*Abbiamo tutti i nostri momenti di debolezza, per fortuna siamo ancora capaci di piangere, il pianto spesse volte è una salvezza, ci sono circostanze in cui moriremmo se non piangessimo.
*Cecità è vivere in un mondo dove non vi sia più speranza.
*Com'è fragile la vita, se la si abbandona.
*Con le budella in pace chiunque può avere delle idee, discutere, per esempio, se esista un rapporto diretto fra gli occhi e i sentimenti, o se il senso di responsabilità sia la naturale conseguenza di una buona visione, ma quando la tortura incalza, quando il corpo ci fa impazzire di dolore e angoscia, allora sì, si vede che povero animale siamo.
*Con l'andar del tempo, più le attività di convivenza e gli scambi genetici, abbiamo finito col ficcare la coscienza nel colore del sangue e nel sale delle lacrime, e, come se non bastasse, degli occhi abbiamo fatto una sorta di specchi rivolti all'interno, con il risultato che, spesso, ci mostrano senza riserva ciò che stavamo cercando di negare con la bocca.
*È di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria.
*È una vecchia abitudine dell'umanità, passare accanto ai morti e non vederli.
*Essere un [[fantasma]] dev'essere questo, avere la certezza che la vita esiste, perché ce lo dicono quattro sensi, e non poterla vedere.
*Giusto e sbagliato sono appena due modi diversi di intendere il nostro rapporto con gli altri, non quello che manteniamo con noi stessi, di quest'ultimo non c'è da fidarsi.
*Ho passato la vita a guardare negli occhi della gente, è l'unico luogo del corpo dove forse esiste ancora un'anima.
*I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli, infiniti, in cui non saremo più qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono.
*Il mondo è pieno di ciechi vivi.
*Le risposte non vengono ogniqualvolta sono necessarie, come del resto succede spesse volte che il rimanere semplicemente ad aspettarle sia l'unica risposta possibile.
*Lottare è sempre stata, più o meno, una forma di cecità.
*Nessuno di noi, lucerne, cani o esseri umani, sa, all'inizio, tutto quello per cui è venuto al mondo.
*Non è solo la voce del sangue a non aver bisogno d'occhi, anche l'amore, che dicono sia cieco, ha da dire la sua.
*Non si può mai sapere in anticipo di cosa siano capaci le persone, bisogna aspettare, dar tempo al tempo, è il tempo che comanda, il tempo è il compagno che sta giocando di fronte a noi, e ha in mano tutte le carte del mazzo, a noi ci tocca inventarci le briscole con la vita, la nostra.
*Per sempre no, per sempre è sempre troppo tempo.
*Probabilmente solo in un mondo di ciechi le cose saranno ciò che veramente sono.
*Se in questo momento sono sincera, cosa importa se domani dovrò pentirmene.
*Se non siamo capaci di vivere globalmente come persone, almeno facciamo di tutto per non vivere globalmente come animali.
*Te l'immagini, una scala che prima ero capace di salire e scendere a occhi chiusi, così sono le frasi fatte, non hanno alcuna sensibilità per le mille sottigliezze semantiche, questa, per esempio, ignora la differenza tra il chiudere gli occhi ed essere ciechi.
 
===[[Explicit]]===
Perché siamo diventati ciechi, Non lo so, forse un giorno si arriverà a conoscerne la ragione, Vuoi che ti dica cosa penso, Parla, Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.
La moglie del medico si alzò e andò alla finestra. Guardò giù, guardò la strada coperta di spazzatura, guardò le persone che gridavano e cantavano. Poi alzò il capo verso il cielo e vide tutto bianco, è arrivato il mio turno, pensò. La paura le fece abbassare immediatamente gli occhi. La città era ancora lì.
 
==''Di questo mondo e degli altri''==
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*Il chiaro di luna, inondò il viso della donna delle pulizie, e non ci sarebbe neppure bisogno di dire ciò che lui pensò, È bella, mentre quello che pensò lei, si, Si vede benissimo che ha occhi soltanto per l'isola sconosciuta, ecco come le persone s'ingannano sul significato di uno sguardo, soprattutto all'inizio.
*Il [[sonno]] è un abile prestigiatore, modifica le proporzioni delle cose e le loro distanze.
 
==''Memoriale del convento''==
===[[Incipit]]===
Don Giovanni, quinto del nome nella successione dei re, andrà questa notte in camera di sua moglie, donna Maria Anna Giuseppa, che è giunta da più di due anni dall'Austria per dare infanti alla corona portoghese e fino ad oggi non ce l'ha fatta a ingravidare. Già si mormora a corte, dentro e fuori del palazzo, che la regina probabilmente ha il grembo sterile, insinuazione molto ben difesa da orecchie e bocche delatrici e che solo fra intimi si confida. Che la colpa ricada sul re, neppure a pensarlo, primo perché la sterilità non è male degli uomini, ma delle donne e per questo tante volte sono ripudiate, e secondo, tangibil prova, se pur fosse necessaria, perché abbondano nel regno bastardi del real seme e anche ora la fila gira l'angolo. Oltre a ciò, chi si consuma nell'implorare al cielo un figlio non è il re, ma la regina, e anche qui per due ragioni. La prima ragione è che un re, e tanto più se del Portogallo, non chiede quel che unicamente è in suo potere dare, la seconda ragione perché, essendo la donna, naturalmente, vaso per ricevere, dev'essere naturalmente supplice, sia in novene organizzate che in orazioni occasionali.
 
===Citazioni===
*Con quella mano e quell'[[uncino]] puoi fare tutto quanto vuoi, e ci sono cose che un uncino fa meglio di una mano intera, un uncino non sente dolore se deve fissare un filo e un ferro, non si taglia, né si brucia, e io ti dico che [[Dio]] è monco, e ha fatto l'universo.
*Così è, figlia mia, e quanto più si prolungherà la tua vita, tanto più vedrai che il [[mondo]] è come una grande ombra che passa dentro al nostro cuore, per questo il mondo diventa vuoto e il cuore non resiste, Oh, madre mia, che cos'è nascere, Nascere è morire, Maria Barbara.
*Dovrebbe bastar questo, dire di uno come si chiama e aspettare il resto della vita per sapere chi è, se mai lo sapremo, poiché essere non significa essere stato, essere stato non significa sarà.
*È un difetto comune degli uomini, di dire più facilmente quello che credono che gli altri vogliono sentire piuttosto che attenersi alla verità, Tuttavia, perché gli uomini possano attenersi alla verità, dovranno prima conoscere gli errori, E commetterli.
*E se il cuore non ha capito, non arriva ad esser menzogna il detto della [[bocca]], ma piuttosto assenza.
*Forse solo il [[silenzio]] esiste davvero.
*Hanno riposato qui e là per la strada, silenziosi, né avevano di che dire, se perfino una sola parola è di troppo quando è la vita che sta cambiando, molto di più che se siamo noi che cambiamo in essa.
*Il [[tempo]], a volte, sembra che non passi, è come una rondine che fa il nido sulla grondaia, esce ed entra, va e viene, ma sempre sotto i nostri occhi.
*Ma Dio o chi, lassù nel cielo, decide della durata delle vite, ha grandi scrupoli di equilibrio fra poveri e ricchi e, quando è necessario, perfino nelle famiglie reali si va a cercare contrappesi da mettere sulla bilancia, prova ne sia che, per compensare la morte di questo bambino del popolo, morirà l'infante don Pedro, quando arriverà alla stessa età.
*Ma la vittoria della [[vanità]] non è la [[modestia]], tanto meno l'[[umiltà]], è piuttosto il suo eccesso.
*Nessuno può essere senza essere, uomo e donna non esistono, esiste solo ciò che sono e la ribellione contro ciò che sono.
*Oltre alla conversazione delle donne, sono i [[sogno|sogni]] che trattengono il mondo nella sua orbita.
*Quanto alla leggerezza del fardello, così dovrebbe essere ogni volta che uomo e [[donna]] portano con sé ciò che hanno, e che ciascuno di loro si porti dentro l'altro, per non dover ritornare sui loro passi, è sempre tempo perduto e basta.
*Si dice che il [[bene e male|male]] non regge a lungo, anche se, per la fatica che si porta dietro, a volte sembra di sì, ma quello su cui non c'è dubbio è che non dura il [[bene e male|bene]] per sempre.
*Tutto il sapere è in Dio, Così è, rispose il Volatore, ma il sapere di Dio è come un fiume d'acqua che corre verso il mare, è Dio la fonte, gli uomini l'oceano, non valeva la pena di aver creato tanto universo se non dovesse essere così.
*Tutto nel mondo sta dando risposte, quel che tarda è il tempo delle domande.
*Un [[uomo]] ha bisogno di fare la sua provvista di sogni.
*Usa ciascuno gli occhi che ha per vedere ciò che può o che gli consentono, o solo una piccola parte di ciò che desidererebbe, quando non è per semplice opera del caso.
*Il riso abita tanto accosto alla lacrima, lo sfogo così vicino all'ansia e il sollievo tanto prossimo alla paura, trascorrendo in tal guisa la vita delle persone e delle nazioni.
 
===[[Explicit]]===
Camminava in mezzo a fantasmi, a ombre che erano persone. Tra i mille odori fetidi della città, la brezza notturna le portò quello della carne bruciata. C'era folla a S. Domingos, torce, fumo nero, fuochi. Si fece strada, arrivò alle file davanti, Chi sono, chiese a una donna che aveva un bambino in braccio, Di tre lo so, quello dietro e quella sono padre e figlia che sono venuti qui per colpe di giudaismo, e l'altro, quello all'estremità, è uno che faceva commedie per il teatro dei fantocci e si chiamava Antonio José da Silva, degli altri non ho mai sentito parlare.<br />
Sono undici i giustiziati. Il rogo è già molto avanti, le facce si distinguono appena. A quell'estremità brucia un uomo cui manca la mano sinistra. Forse perché ha la barba annerita, prodigio cosmetico della fuliggine, sembra più giovane. E una nuvola chiusa sta al centro del suo corpo. Allora Blimunda disse, Vieni. Si distaccò la volontà di Baltasar Sette-Soli, ma non salì alle stelle, se alla terra apparteneva e a Blimunda.
 
==''Storia dell'assedio di Lisbona''==
===[[Incipit]]===
Ha detto il revisore, Sì, il nome di questo segno è ''deleatur'', lo usiamo quando abbiamo bisogno di sopprimere e cancellare, la parola stessa lo dice, e vale sia per lettere singole che per parole intere, Mi ricorda un serpente che si fosse pentito al momento di mordersi la coda, Ben detto, dottore, davvero, per quanto siamo aggrappati alla vita, perfino una serpe esiterebbe dinanzi all'eternità, Mi faccia il disegno, ma lentamente, È facilissimo, basta prendere il verso, guardando distrattamente si pensa che la mano stia tracciando il terribile cerchio, invece no, noti che non ho chiuso il movimento qui dove lo avevo cominciato, ci sono passato accanto, all'interno, e adesso proseguirò verso il basso fino a tagliare la parte inferiore della curva, in fondo sembra proprio la lettera Q maiuscola, niente di più, Che peccato, un disegno che prometteva tanto, Accontentiamoci con l'illusione della somiglianza, ma in verità le dico, dottore, se posso esprimermi in stile profetico, che l'interessante della vita è sempre stato proprio nelle differenze.
 
===Citazioni===
*Calma, dirà Maria Sara, non ci stanno più cose in un anno che in un minuto soltanto perché si tratta di un minuto e di un anno, non è la dimensione del vaso che importa, ma quello che ognuno di noi riesce a mettervi, anche se dovrà traboccare e andare perduto.
*C'era la [[luna]] piena, di quelle che trasformano il mondo in fantasma, quando tutte le cose, le animate e le inanimate, stanno sussurrando misteriose rivelazioni, ma ciascuna dicendo la sua, e tutte discordanti, perciò non riusciamo a capire e patiamo quest'angoscia di essere sul punto di conoscerle e di non conoscerle.
*Chiaro che siamo in guerra, ed è una guerra di accerchiamento, ognuno di noi assedia l'altro ed è assediato, vogliamo abbattere le mura dell'altro e mantenere le nostre, l'amore verrà quando non ci saranno più barriere, l'[[amore]] è la fine dell'assedio.
*È vero che le cicale cantano, ma è un canto che viene da un altro mondo, è lo stridore dell'invisibile sega che sta tagliando le fondamenta di questo.
*[...] il fatto è che punire una volta al giorno è già d'avanzo per un semplice essere umano, e persino Dio non sappiamo se riuscirà a sopportare una così grande responsabilità eternamente. (p. 148)
*Il mistero della scrittura è che in essa non c'è alcun mistero.
*Insomma, un popolo che è stato capace di riconoscersi colpevole pubblicamente, anche se in modo implicito, non dovrebbe essere del tutto perduto, dovrebbe avere ancora dentro di sé intatto un principio di bontà, autorizzandoci quindi a concludere, con minimo rischio di errore, che dev'esserci stata una certa precipitazione nella venuta del Salvatore. Mentre oggi sì che ne varrebbe la pena, perché non soltanto i corrotti perseverano nel cammino della loro corruzione, ma sta anche diventando ogni giorno più difficile trovare ragioni per interrompere un linciaggio già cominciato. (p. 161)
*[...] io non faccio che osservare il mondo e imparare da chi sa, il novanta per cento della conoscenza che riteniamo di avere è da lì che ci viene, non da quello che viviamo, ed è sempre là che si trova quello che è soltanto intuito, quella nebulosa informe dove ogni tanto brilla un'improvvisa luce cui diamo il nome di intuizione [...] (p. 187)
*Mi ami?, e lei se ne sta zitta, guardandolo soltanto, impassibile e distante, rifiutando di pronunciare quel no che lo distruggerà, o quel sì che li distruggerebbe, concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo.
*Questo soldato Mogueime segue Ouroana come chi dalla morte non vede altro modo di allontanarsi, sapendo comunque che se la ritroverà davanti una e tante volte e non volendo credere che la [[vita]] debba essere nient'altro che una serie transitoria di rinvii.
*Un uomo deve sempre andare tutto intero se lo chiamano, non può affermare, Ho qui con me questa parte dell'essere che sono, il resto si è attardato per strada.
 
==''Il vangelo secondo Gesù Cristo''==
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Gesù muore, muore, e quando la vita comincia ad abbandonarlo, all'improvviso, il cielo sopra il suo capo si spalanca e appare Dio, vestito come sulla barca, e la sua voce risuona per tutta la terra, Tu sei il mio diletto figlio, in te ho riposto la mia gratificazione. Allora Gesù capì di essere stato portato all'inganno come si conduce l'agnello al sacrificio, che la sua vita era destinata a questa morte, fin dal principio e, ripensando al fiume di sangue e di sofferenza che sarebbe nato spargendosi per tutta la terra, esclamò rivolto al cielo, dove Dio sorrideva, Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto. Poi, a poco a poco, si spense in un sogno, si trovava a Nazaret e sentiva il padre che, facendo spallucce anch'egli e sorridendo, gli diceva, Né io posso farti tutte le domande, né tu puoi darmi tutte le risposte. Quando aveva ancora un barlume di vita, sentì che una spugna imbevuta di acqua e aceto gli sfiorava le labbra, e allora, guardando verso il basso, scorse un uomo allontanarsi con un secchio e una canna in spalla. Ma non riuscì a vedere, lì per terra, la scodella nera dentro cui gocciolava il suo sangue. (p. 351)
 
== ''TuttiIl iviaggio nomidell'elefante'' ==
===[[Incipit]]===
Per quanto incongruente possa sembrare a chi non tenga in attenta considerazione l'importanza delle [[alcova|alcove]], siano esse sacramentate, laiche o irregolari, nel buon funzionamento delle amministrazioni pubbliche, il primo passo dello straordinario viaggio di un elefante verso l'Austria che ci proponiamo di narrare fu fatto negli appartamenti reali della corte portoghese, più o meno all'ora di andare a letto. Si registri sin da subito che non è un semplice caso se sono state utilizzate qui queste parole imprecise, più o meno. Ci siamo dispensati così, con notevole eleganza, di entrare in particolari di ordine fisico e fisiologico un po' sordidi, e quasi sempre ridicoli, che, tirati in ballo sulla carta, offenderebbero il cattolicesimo rigoroso di dom joão, il terzo, re di portogallo e degli algarvi, e di donna caterina d'austria, sua sposa e futura nonna di quel dom sebastião che andrà a combattere ad alcácer-quibir e laggiù morirà al primo assalto, o al secondo, quantunque non manchi chi afferma che trapassò per malattia alla vigilia della battaglia.
Sopra la cornice della porta c'è una placca metallica lunga e stretta, rivestita di smalto. Su sfondo bianco, le lettere nere annunciano Conservatoria Generale dell'Anagrafe. Lo smalto è crepato e sbrecciato in alcuni punti. La
 
porta è antica, l'ultimo strato di vernice marrone si sta scrostando, le venature del legno, visibili, ricordano una
===[[Explicit]]===
pelle striata. Ci sono cinque finestre sulla facciata. Appena si varca la soglia, si sente l'odore della carta vecchia. Certo è che non passa giorno senza che in Conservatoria entrino incartamenti nuovi, degli individui di sesso maschile e di sesso femminile che fuori continuano a nascere, ma l'odore non cambia mai, in primo luogo perché il destino di ogni foglio nuovo, subito dopo l'uscita dalla fabbrica, è quello di cominciare a invecchiare, in secondo luogo perché, di solito più spesso sui fogli vecchi, ma tante volte su quelli nuovi, non passa giorno che non si scrivano cause di decessi e relativi luoghi e date, ciascuno apportando i propri particolari odori, non sempre offensivi per le mucose olfattive, come dimostrano certi effluvi aromatici che di tanto in tanto, impercettibilmente, attraversano l'atmosfera della Conservatoria Generale e che i nasi più fini identificano come un profumo composto metà di rosa e metà di crisantemo.
Settimane dopo arrivò alla corte portoghese una lettera dell'arciduca. Vi si informava che l'elefante solimano era morto, ma che gli abitanti di vienna non lo avrebbero mai dimenticato, giacché aveva salvato la vita di una bambina il giorno stesso in cui era arrivato nella città. Il primo lettore della missiva fu il segretario di stato pêro de alcáçova carneiro che la consegnò al re, mentre diceva, È morto salomone, mio signore. Dom joão terzo fece un gesto di sorpresa e un'ombra di dolore gli rabbuiò il viso. Mandate a chiamare la regina, disse. Donna caterina non tardò, come se indovinasse che la lettera recava notizie che le interessavano, forse una nascita, forse un matrimonio. Ma di nascita e matrimonio non doveva trattarsi, l'espressione del marito raccontava ben altro. Dom joão terzo mormorò, Dice qui il cugino massimiliano che salomone. La regina non lo lascò finire, Non voglio sapere, gridò, non voglio sapere. E corse a chiudersi nella sua camera, dove pianse per tutto il resto del giorno.
=== Explicit ===
 
Il conservatore si alzò, Le lascio qui la chiave, non intendo usarla di nuovo, e senza dare al Signor José il tempo
==''L'anno della morte di Ricardo Reis''==
di dire qualcosa aggiunse, C'è ancora un'ultima questione da risolvere, Quale, signore, Nella pratica della sua donna
===[[Incipit]]===
sconosciuta manca il certificato di morte, Non sono riuscito a trovarlo, dev'essere rimasto laggiù, in fondo all'archivio, oppure l'ho fatto cadere strada facendo, Finché non lo troverà quella donna non sarà morta, Sarà morta anche se Io troverò, A meno che non lo distrugga, disse il conservatore. Voltò le spalle dopo queste parole, poco dopo si udì il rumore della porta della Conservatoria che si chiudeva. Il Signor José rimase immobile in mezzo alla stanza. Non era necessario riempire un nuovo modulo perché ne aveva già la copia nella pratica. Era necessario, invece, stracciare o bruciare l'originale dov'era stata verbalizzata una data di morte. E poi c'era ancora il certificato di morte. Il Signor José entrò in Conservatoria, si avvicinò alla scrivania del capo, aprì il cassetto dove l'aspettavano la torcia e il filo di Arianna. Si legò un capo del filo alla caviglia e avanzò nell'oscurità.
Qui il mare finisce e la terra comincia. Piove sulla città pallida, le acque del fiume scorrono limacciose di fango, la piena raggiunge gli argini. Una nave scura risale il flusso tetro, è la Highland Brigade che va ad attraccare al molo di Alcantara. Il vapore è inglese, delle Regie Linee, lo usano per attraversare l'Atlantico, fra Londra e Buenos Aires, come una spola sulle vie del mare, di qua, di là, facendo scalo sempre negli stessi porti, La Plata, Montevideo, Santos, Rio de Janeiro, Pernambuco, Las Palmas, in quest'ordine o nell'inverso, e se non naufragherà nel viaggio, allora toccherà Vigo e Boulogne-sur-Mer, infine entrerà nel Tamigi come ora sta entrando nel Tago, e non ci si chieda quale dei due fiumi sia il maggiore, quale il villaggio.
 
===Citazioni===
*Agli [[dèi]] solo chiedo che mi concedano di non chieder loro nulla [...].
*Ci sono momenti così, crediamo nell'importanza di ciò che abbiamo detto o scritto fino a quel punto, soltanto perché non è stato possibile far tacere i suoni o cancellare i tratti, ma ci entra nel corpo la tentazione del silenzio, il fascino dell'immobilità, stare come stanno gli dèi, zitti e tranquilli, solo ad assistere.
*La gente non se lo sogna neanche che chi finisce una cosa non è mai quello che l'ha cominciata, anche se entrambi hanno un nome uguale, che è solo questo a mantenersi costante, nient'altro.
*Certe domande si fanno soltanto per rendere più esplicita l'assenza di risposta [...].
*Sono così i labirinti, hanno vie, traverse e vicoli ciechi, e c'è chi dice che il modo più sicuro di uscirne è di continuare a camminare e girare sempre dallo stesso lato, ma questo, come siamo obbligati a sapere, è contrario alla natura umana.
*Un uomo non può camminare a caso, non sono solo i ciechi ad aver bisogno del bastone che tasti un palmo avanti o del cane che fiuti i pericoli, anche un uomo con i propri due occhi intatti ha bisogno di una luce che lo preceda, quello in cui crede o a cui aspira, anche i dubbi servono, in mancanza di meglio.
*Un uomo non è meno smarrito solo perché va diritto.
*Anche dentro il corpo la tenebra è profonda, e tuttavia il sangue arriva al cuore, il cervello è cieco e può vedere, è sordo e sente, non ha mani e afferra, l'uomo è chiaro, è il labirinto di se stesso.
*È quasi sempre così, un uomo si tormenta, si preoccupa, teme il peggio, crede che li mondo gli chiederà un rendiconto completo, e il mondo è già avanti, a pensare ad altri fatti.
*Non di rado ciò che sta scritto è sfasato rispetto a ciò che, in quanto vissuto, dovrebbe avergli dato origine. Non si domandi pertanto al poeta ciò che ha pensato o sentito, è proprio per non doverlo dire che scrive versi.
*Tutti noi soffriamo di una malattia, di una malattia di base, per così dire, che è inseparabile da ciò che siamo e che, in un certo modo, fa ciò che siamo, se anzi non è più esatto dire che ciascuno di noi è la propria malattia, per causa sua siamo così poco, così come per causa sua riusciamo a essere tanto [...].
*Solo una vaga pena inconseguente indugia un poco alla porta del mio animo e dopo avermi un attimo fissato passa, sorridendo di nulla [...]
*In fondo la vita non è molto di più dello starsene sdraiati, convalescenti d'una infermità antica, incurabile e recidivante, con intervalli che chiamiamo salute, un nome glielo dovevamo dare, vista la differenza che c'è fra i due stati.
*Chissà perché le parole si servono tante volte di noi, le vediamo avvicinarsi, minacciare, e non siamo capaci di allontanarle, di tacerle, e così finiamo col dire quel che non avremmo voluto, è come l'abisso irresistibile, cadremo e andiamo avanti.
*La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice.
*Adamo è ogni uomo, ogni donna è Eva, uguali, diversi e necessari, e ciascuno di noi è il primo uomo e la prima donna, unici ogni volta.
*Il corpo, di per sé, potendolo, evita i fastidi, per questo dormiamo alla vigilia della battaglia o dell'esecuzione, per questo, infine, moriamo, quando non riusciamo più a sopportare la luce violenta della vita.
*[..] considerando che non è possibile rimettere niente al posto dello spazio e al posto del tempo da dove qualcosa o qualcuno è stato tolto, [..] ciascuno di noi è unico e insostituibile, dirlo è veramente un luogo comune, ma quando lo diciamo non sappiamo fino a che punto.
*Un uomo deve leggere di tutto, un poco o quel che può, da lui non si pretenda più di tanto, vista la brevità delle vite e la prolissità del mondo. Comincerà da quei titoli che a nessuno dovrebbero sfuggire, i libri di studio, così comunemente chiamati, come se non lo fossero tutti, e questo catalogo sarà variabile in base alla fonte della conoscenza a cui si va a bere e all'autorità che ne governa il flusso [...] .
*Fintanto che taciamo le domande, manteniamo l'illusione di poter venire a sapere le risposte.
*(È come) vivere, nasciamo, vediamo gli altri vivere, ci mettiamo a vivere anche noi, a imitarli, senza sapere perché né per cosa.
*La vita è tutta fatta di [[coincidenza|coincidenze]].
*La vita, qualunque vita, crea i suoi legami, diversi dall'una all'altra, stabilisce un'inerzia che le è intrinseca, incomprensibile per chi dall'esterno osserva criticamente secondo leggi proprie, a loro volta inaccessibili alla comprensione dell'osservato, insomma, accontentiamoci di quel poco che saremo capaci di capire della vita degli altri, loro ci ringraziano e magari ci ricompensano.
*Se i secondi e minuti fossero tutti uguali, come li vediamo indicati sugli orologi, non sempre avremmo il tempo di spiegare quel che dentro di loro succede, il midollo che contengono, per nostra fortuna gli episodi di più ampia significazione capita che avvengano nei secondi lunghi e nei minuti dilatati, perciò è possibile discutere con indugio e particolari certi casi, senza infrangere scandalosamente la più sottile delle tre unità drammatiche, che è precisamente il tempo.
*Il mondo dimentica, te l'ho già detto, il mondo dimentica tutto, Credi che ti abbiano dimenticato, Il mondo dimentica a tal punto da non accorgersi neanche della mancanza di ciò che ha dimenticato.
*La cosa più inutile di questo mondo è il pentimento, in genere chi si dichiara pentito vuol solo conquistare perdono e oblio, in fondo, ciascuno di noi continua a stimare le proprie colpe.
*Saggio è colui che si contenta dello spettacolo del mondo.
*Si dice che il tempo non si ferma, che nulla ne trattiene l'incessante avanzata, lo si dice sempre con queste trite e ritrite parole, eppure non manca chi si spazientisca per la sua lentezza, ventiquattr'ore per fare un giorno, pensate, e quando si arriva alla fine si scopre che non è servito a niente, il giorno dopo è di nuovo così, sarebbe meglio che saltassimo le settimane inutili per vivere una sola ora piena, un folgorante minuto, se tanto può durare la folgore.
 
==''L'ultimo quaderno''==
*È morto [[Mario Benedetti|Benedetti]], un poeta che ha saputo farci vivere i nostri momenti più intimi e le nostre rabbie meno nascoste. Se con le sue poesie siamo scesi in strada – uno accanto all'altro siamo ben più di due –, se leggendo ''Geografias'', per esempio, abbiamo imparato ad amare un paese piccolo e un continente grande, ora, a giudicare dalle lettere che arrivano alla Fondazione, si sono recuperati momenti d'amore che hanno dato senso a tempi passati, e forse anche presenti. Questo pure lo dobbiamo a Benedetti, al poeta che morendo ci ha lasciato in eredità il bagaglio di una vita fuori del comune. (da ''Poeti e poesia'', p. 66)
*La cosa interessante, però, è che la [[Chiesa Cattolica]], nella sua vecchia tradizione di fare il male e il piagnisteo, se ne sta lì a lagnarsi di essere vittima di un ipotetico laicismo "aggressivo", una nuova categoria che le permette di insorgere contro il tutto fingendo di attaccare soltanto la parte. La doppiezza è sempre stata inseparabile dalle tattiche e dalle strategie diplomatiche e dottrinarie della curia romana. (da ''Laicismo'', p. 83)
*Ci sarebbe da essere grati se la Chiesa Cattolica Apostolica Romana smettesse di intromettersi in quello che non la riguarda, cioè, la vita civile e la vita privata delle persone. Non dobbiamo, però, stupirci. Alla Chiesa Cattolica importa poco o niente il destino delle anime, il suo obiettivo è sempre stato controllare i corpi, e il laicismo è la prima porta da cui cominciano a sfuggirle questi corpi, e via facendo gli spiriti, giacché gli uni non vanno senza gli altri dovunque sia. La questione del laicismo non è altro, dunque, che una prima scaramuccia. Il vero e proprio scontro arriverà quando infine si contrapporranno credenza e miscredenza, quest'ultima andando alla lotta con il suo vero nome: [[ateismo]]. Il resto sono giochi di parole. (da ''Laicismo'', p. 83)
*Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano per ben tre volte ha eletto per servirgli da modello, questo è il cammino della rovina verso cui si stanno trascinando i valori che di [[libertà]] e dignità impregnarono la [[musica]] di [[Giuseppe Verdi|Verdi]] e l'azione politica di [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]], quelli che fecero dell'[[Italia]] dell'Ottocento, durante la lotta per l'unificazione, una guida spirituale dell'Europa e degli europei. E questo che la cosa [[Silvio Berlusconi|Berlusconi]] vuole gettare nel cassonetto dei rifiuti della Storia. E gli italiani, glielo permetteranno? (da ''La cosa Berlusconi'', p. 86)
*Lo scrittore, se appartiene al suo tempo, se non è rimasto ancorato al passato, deve conoscere i problemi del tempo in cui gli è capitato di vivere. E quali sono questi problemi oggi? Che non ci troviamo in un mondo accettabile, anzi, al contrario, viviamo in un mondo che sta andando di male in peggio e che umanamente non serve. (da ''Del soggetto su se stesso'', p. 115)
*Lo studio del testo dell'abiura di [[Galileo Galilei|Galileo]] dovrebbe farsi con l'adeguata attenzione in tutte le sedi d'insegnamento del pianeta, qualunque sia la religione dominante, non tanto per confermare quella che oggi è ormai un'ovvietà per tutti, che il Sole sta fermo e la Terra gli si muove intorno, ma come metodo per prevenire l'insorgere di superstizioni, lavaggi del cervello, idee preconcette e attentati vari contro l'[[intelligenza]] e il senso comune. (da ''E pur si muove'', p. 138)
*Il primo riferimento a ''Il processo'' si trova nei ''Diari'', fu scritto il 29 luglio 1914 (la guerra era scoppiata il giorno precedente) e comincia con queste parole: "Una sera, Josef K., figlio di un ricco commerciante, dopo un'accesa discussione che aveva avuto con il padre...". Sappiamo che non è così che prenderà avvio il romanzo. (da ''L'ombra del padre (1)'', p. 149)
*La ''Lettera'' assume, per così dire, la forma e il tono di un libello accusatorio, si pone come un regolamento di conti finale, è un bilancio tra il dovere e l'avere di due esistenze che si scontrano, di due reciproche ripugnanze, per cui non si può respingere l'ipotesi che vi si trovino esagerazioni e deformazioni dei fatti reali, soprattutto quando [[Franz Kafka|Kafka]], nell'epilogo del testo, passa improvvisamente a usare la voce del padre per accusare se stesso... Ne ''Il processo'', Kafka può disfarsi della figura paterna, oggettivamente considerata, ma non della sua legge. (da ''L'ombra del padre (2)'', p. 151)
 
==''La caverna''==
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Cipriano Algor andò a chiudere la porta del forno, disse, Ora possiamo andare. Il furgone fece manovra e scese giù per il sentiero. Arrivato alla strada, svoltò a sinistra. Marta piangeva con gli occhi asciutti, Isaura l'abbracciava, mentre Trovato si rannicchiava in un canto del sedile perché non sapeva da chi accorrere. Dopo alcuni chilometri, Marçal disse, Scriverò ai miei genitori quando ci fermeremo per pranzare. E subito dopo, rivolgendosi a Isaura e al suocero, C'era un manifesto, di quelli grandi, sulla facciata del Centro, riuscite a indovinare cosa diceva, domandò, Non ne abbiamo idea, risposero entrambi, e allora Marçal disse, come se recitasse, ENTRO BREVE, APERTURA AL PUBBLICO DELLA CAVERNA DI PLATONE, ATTRAZIONE ESCLUSIVA, UNICA AL MONDO, ACQUISTA SUBITO IL BIGLIETTO.
 
==''Memoriale del convento''==
{{NDR|José Saramago, ''La caverna'' (''A caverna''), traduzione di Rita Desti, Einaudi, 2000. ISBN 8806152556}}
 
==''Cecità''==
===[[Incipit]]===
Don Giovanni, quinto del nome nella successione dei re, andrà questa notte in camera di sua moglie, donna Maria Anna Giuseppa, che è giunta da più di due anni dall'Austria per dare infanti alla corona portoghese e fino ad oggi non ce l'ha fatta a ingravidare. Già si mormora a corte, dentro e fuori del palazzo, che la regina probabilmente ha il grembo sterile, insinuazione molto ben difesa da orecchie e bocche delatrici e che solo fra intimi si confida. Che la colpa ricada sul re, neppure a pensarlo, primo perché la sterilità non è male degli uomini, ma delle donne e per questo tante volte sono ripudiate, e secondo, tangibil prova, se pur fosse necessaria, perché abbondano nel regno bastardi del real seme e anche ora la fila gira l'angolo. Oltre a ciò, chi si consuma nell'implorare al cielo un figlio non è il re, ma la regina, e anche qui per due ragioni. La prima ragione è che un re, e tanto più se del Portogallo, non chiede quel che unicamente è in suo potere dare, la seconda ragione perché, essendo la donna, naturalmente, vaso per ricevere, dev'essere naturalmente supplice, sia in novene organizzate che in orazioni occasionali.
Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. Nel segnale pedonale comparve la sagoma dell'omino verde. La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell'asfalto, non c'è niente che assomigli meno a una zebra, eppure le chiamano così.
Gli automobilisti, impazienti, con il piede sul pedale della frizione, tenevano le macchine in tensione, avanzando, indietreggiando, come cavalli nervosi che sentissero arrivare nell'aria la frustata. Ormai i pedoni sono passati, ma il segnale di via libera per le macchine tarderà ancora alcuni secondi, c'è chi dice che questo indugio, in apparenza tanto insignificante, se moltiplicato per le migliaia di [[semaforo|semafori]] esistenti nella città e per i successivi cambiamenti dei tre colori di ciascuno, è una delle più significative cause degli ingorghi, o imbottigliamenti, se vogliamo usare il termine corrente, della circolazione automobilistica.<BR>
Finalmente si accese il verde, le macchine partirono bruscamente, ma si notò subito che non erano partite tutte quante. La prima della fila di mezzo è ferma, dev'esserci un problema meccanico, l'acceleratore rotto, la leva del cambio che si è bloccata, o un'avaria nell'impianto idraulico, blocco dei freni, interruzione del circuito elettrico, a meno che non le sia semplicemente finita la benzina, non sarebbe la prima volta. Il nuovo raggruppamento di pedoni che si sta formando sui marciapiedi vede il conducente dell'automobile immobilizzata sbracciarsi dietro il parabrezza, mentre le macchine appresso a lui suonano il clacson freneticamente. Alcuni conducenti sono già balzati fuori, disposti a spingere l'automobile in panne fin là dove non blocchi il traffico, picchiano furiosamente sui finestrini chiusi, l'uomo che sta dentro volta la testa verso di loro, da un lato, dall'altro, si vede che urla qualche cosa, dai movimenti della bocca si capisce che ripete una parola, non una, due, infatti è così, come si viene a sapere quando qualcuno, finalmente, riesce ad aprire uno sportello, Sono cieco.
 
===Citazioni===
*Con quella mano e quell'[[uncino]] puoi fare tutto quanto vuoi, e ci sono cose che un uncino fa meglio di una mano intera, un uncino non sente dolore se deve fissare un filo e un ferro, non si taglia, né si brucia, e io ti dico che [[Dio]] è monco, e ha fatto l'universo.
*Arriva sempre un momento in cui non c'è altro da fare che [[rischio|rischiare]].
*Così è, figlia mia, e quanto più si prolungherà la tua vita, tanto più vedrai che il [[mondo]] è come una grande ombra che passa dentro al nostro cuore, per questo il mondo diventa vuoto e il cuore non resiste, Oh, madre mia, che cos'è nascere, Nascere è morire, Maria Barbara.
*Abbiamo tutti i nostri momenti di debolezza, per fortuna siamo ancora capaci di piangere, il pianto spesse volte è una salvezza, ci sono circostanze in cui moriremmo se non piangessimo.
*Dovrebbe bastar questo, dire di uno come si chiama e aspettare il resto della vita per sapere chi è, se mai lo sapremo, poiché essere non significa essere stato, essere stato non significa sarà.
*Cecità è vivere in un mondo dove non vi sia più speranza.
*È un difetto comune degli uomini, di dire più facilmente quello che credono che gli altri vogliono sentire piuttosto che attenersi alla verità, Tuttavia, perché gli uomini possano attenersi alla verità, dovranno prima conoscere gli errori, E commetterli.
*Com'è fragile la vita, se la si abbandona.
*E se il cuore non ha capito, non arriva ad esser menzogna il detto della [[bocca]], ma piuttosto assenza.
*Con le budella in pace chiunque può avere delle idee, discutere, per esempio, se esista un rapporto diretto fra gli occhi e i sentimenti, o se il senso di responsabilità sia la naturale conseguenza di una buona visione, ma quando la tortura incalza, quando il corpo ci fa impazzire di dolore e angoscia, allora sì, si vede che povero animale siamo.
*Forse solo il [[silenzio]] esiste davvero.
*Con l'andar del tempo, più le attività di convivenza e gli scambi genetici, abbiamo finito col ficcare la coscienza nel colore del sangue e nel sale delle lacrime, e, come se non bastasse, degli occhi abbiamo fatto una sorta di specchi rivolti all'interno, con il risultato che, spesso, ci mostrano senza riserva ciò che stavamo cercando di negare con la bocca.
*Hanno riposato qui e là per la strada, silenziosi, né avevano di che dire, se perfino una sola parola è di troppo quando è la vita che sta cambiando, molto di più che se siamo noi che cambiamo in essa.
*È di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria.
*Il [[tempo]], a volte, sembra che non passi, è come una rondine che fa il nido sulla grondaia, esce ed entra, va e viene, ma sempre sotto i nostri occhi.
*È una vecchia abitudine dell'umanità, passare accanto ai morti e non vederli.
*Ma Dio o chi, lassù nel cielo, decide della durata delle vite, ha grandi scrupoli di equilibrio fra poveri e ricchi e, quando è necessario, perfino nelle famiglie reali si va a cercare contrappesi da mettere sulla bilancia, prova ne sia che, per compensare la morte di questo bambino del popolo, morirà l'infante don Pedro, quando arriverà alla stessa età.
*Giusto e sbagliato sono appena due modi diversi di intendere il nostro rapporto con gli altri, non quello che manteniamo con noi stessi, di quest'ultimo non c'è da fidarsi.
*Ma la vittoria della [[vanità]] non è la [[modestia]], tanto meno l'[[umiltà]], è piuttosto il suo eccesso.
*Ho passato la vita a guardare negli occhi della gente, è l'unico luogo del corpo dove forse esiste ancora un'anima.
*Nessuno può essere senza essere, uomo e donna non esistono, esiste solo ciò che sono e la ribellione contro ciò che sono.
*I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli, infiniti, in cui non saremo più qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono.
*Oltre alla conversazione delle donne, sono i [[sogno|sogni]] che trattengono il mondo nella sua orbita.
*Il mondo è pieno di ciechi vivi.
*Quanto alla leggerezza del fardello, così dovrebbe essere ogni volta che uomo e [[donna]] portano con sé ciò che hanno, e che ciascuno di loro si porti dentro l'altro, per non dover ritornare sui loro passi, è sempre tempo perduto e basta.
*Le risposte non vengono ogniqualvolta sono necessarie, come del resto succede spesse volte che il rimanere semplicemente ad aspettarle sia l'unica risposta possibile.
*Si dice che il [[bene e male|male]] non regge a lungo, anche se, per la fatica che si porta dietro, a volte sembra di sì, ma quello su cui non c'è dubbio è che non dura il [[bene e male|bene]] per sempre.
*Lottare è sempre stata, più o meno, una forma di cecità.
*Tutto il sapere è in Dio, Così è, rispose il Volatore, ma il sapere di Dio è come un fiume d'acqua che corre verso il mare, è Dio la fonte, gli uomini l'oceano, non valeva la pena di aver creato tanto universo se non dovesse essere così.
*Nessuno di noi, lucerne, cani o esseri umani, sa, all'inizio, tutto quello per cui è venuto al mondo.
*Tutto nel mondo sta dando risposte, quel che tarda è il tempo delle domande.
*Non è solo la voce del sangue a non aver bisogno d'occhi, anche l'amore, che dicono sia cieco, ha da dire la sua.
*Un [[uomo]] ha bisogno di fare la sua provvista di sogni.
*Non si può mai sapere in anticipo di cosa siano capaci le persone, bisogna aspettare, dar tempo al tempo, è il tempo che comanda, il tempo è il compagno che sta giocando di fronte a noi, e ha in mano tutte le carte del mazzo, a noi ci tocca inventarci le briscole con la vita, la nostra.
*Usa ciascuno gli occhi che ha per vedere ciò che può o che gli consentono, o solo una piccola parte di ciò che desidererebbe, quando non è per semplice opera del caso.
*Per sempre no, per sempre è sempre troppo tempo.
*Il riso abita tanto accosto alla lacrima, lo sfogo così vicino all'ansia e il sollievo tanto prossimo alla paura, trascorrendo in tal guisa la vita delle persone e delle nazioni.
*Probabilmente solo in un mondo di ciechi le cose saranno ciò che veramente sono.
*Se in questo momento sono sincera, cosa importa se domani dovrò pentirmene.
{{NDR|José Saramago, ''Cecità'' (''Ensaio sobre a Cegueira''), traduzione di Rita Desti, Einaudi, 1996. ISBN 8806141619}}
 
===[[Explicit]]===
Camminava in mezzo a fantasmi, a ombre che erano persone. Tra i mille odori fetidi della città, la brezza notturna le portò quello della carne bruciata. C'era folla a S. Domingos, torce, fumo nero, fuochi. Si fece strada, arrivò alle file davanti, Chi sono, chiese a una donna che aveva un bambino in braccio, Di tre lo so, quello dietro e quella sono padre e figlia che sono venuti qui per colpe di giudaismo, e l'altro, quello all'estremità, è uno che faceva commedie per il teatro dei fantocci e si chiamava Antonio José da Silva, degli altri non ho mai sentito parlare.<br />
Perché siamo diventati ciechi, Non lo so, forse un giorno si arriverà a conoscerne la ragione, Vuoi che ti dica cosa penso, Parla, Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.
Sono undici i giustiziati. Il rogo è già molto avanti, le facce si distinguono appena. A quell'estremità brucia un uomo cui manca la mano sinistra. Forse perché ha la barba annerita, prodigio cosmetico della fuliggine, sembra più giovane. E una nuvola chiusa sta al centro del suo corpo. Allora Blimunda disse, Vieni. Si distaccò la volontà di Baltasar Sette-Soli, ma non salì alle stelle, se alla terra apparteneva e a Blimunda.
La moglie del medico si alzò e andò alla finestra. Guardò giù, guardò la strada coperta di spazzatura, guardò le persone che gridavano e cantavano. Poi alzò il capo verso il cielo e vide tutto bianco, è arrivato il mio turno, pensò. La paura le fece abbassare immediatamente gli occhi. La città era ancora lì.
 
==''Saggio sulla lucidità''==
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*Il cane è arrivato di corsa da dentro, fiuta e lambisce il viso della padrona, poi allunga il collo verso l'alto ed emette un ululato da rabbrividire che un altro sparo tronca immediatamente. Allora un cieco domandò, Hai sentito qualche cosa, Tre spari, rispose l'altro, Ma c'era anche un cane che ululava, Ora ha smesso..., dev'essere stato il terzo sparo, Meno male, detesto sentire i cani che ululano.
 
==''Storia dell'assedio di Lisbona''==
{{NDR|José Saramago, ''Saggio sulla lucidità'' (''Ensajo sobre a Lucidez''), traduzione di Rita Desti, Einaudi, 2007. ISBN 8806170430}}
 
==''L'anno della morte di Ricardo Reis''==
===[[Incipit]]===
Ha detto il revisore, Sì, il nome di questo segno è ''deleatur'', lo usiamo quando abbiamo bisogno di sopprimere e cancellare, la parola stessa lo dice, e vale sia per lettere singole che per parole intere, Mi ricorda un serpente che si fosse pentito al momento di mordersi la coda, Ben detto, dottore, davvero, per quanto siamo aggrappati alla vita, perfino una serpe esiterebbe dinanzi all'eternità, Mi faccia il disegno, ma lentamente, È facilissimo, basta prendere il verso, guardando distrattamente si pensa che la mano stia tracciando il terribile cerchio, invece no, noti che non ho chiuso il movimento qui dove lo avevo cominciato, ci sono passato accanto, all'interno, e adesso proseguirò verso il basso fino a tagliare la parte inferiore della curva, in fondo sembra proprio la lettera Q maiuscola, niente di più, Che peccato, un disegno che prometteva tanto, Accontentiamoci con l'illusione della somiglianza, ma in verità le dico, dottore, se posso esprimermi in stile profetico, che l'interessante della vita è sempre stato proprio nelle differenze.
Qui il mare finisce e la terra comincia. Piove sulla città pallida, le acque del fiume scorrono limacciose di fango, la piena raggiunge gli argini. Una nave scura risale il flusso tetro, è la Highland Brigade che va ad attraccare al molo di Alcantara. Il vapore è inglese, delle Regie Linee, lo usano per attraversare l'Atlantico, fra Londra e Buenos Aires, come una spola sulle vie del mare, di qua, di là, facendo scalo sempre negli stessi porti, La Plata, Montevideo, Santos, Rio de Janeiro, Pernambuco, Las Palmas, in quest'ordine o nell'inverso, e se non naufragherà nel viaggio, allora toccherà Vigo e Boulogne-sur-Mer, infine entrerà nel Tamigi come ora sta entrando nel Tago, e non ci si chieda quale dei due fiumi sia il maggiore, quale il villaggio.
 
===Citazioni===
*Calma, dirà Maria Sara, non ci stanno più cose in un anno che in un minuto soltanto perché si tratta di un minuto e di un anno, non è la dimensione del vaso che importa, ma quello che ognuno di noi riesce a mettervi, anche se dovrà traboccare e andare perduto.
*Agli [[dèi]] solo chiedo che mi concedano di non chieder loro nulla [...].
*C'era la [[luna]] piena, di quelle che trasformano il mondo in fantasma, quando tutte le cose, le animate e le inanimate, stanno sussurrando misteriose rivelazioni, ma ciascuna dicendo la sua, e tutte discordanti, perciò non riusciamo a capire e patiamo quest'angoscia di essere sul punto di conoscerle e di non conoscerle.
*Ci sono momenti così, crediamo nell'importanza di ciò che abbiamo detto o scritto fino a quel punto, soltanto perché non è stato possibile far tacere i suoni o cancellare i tratti, ma ci entra nel corpo la tentazione del silenzio, il fascino dell'immobilità, stare come stanno gli dèi, zitti e tranquilli, solo ad assistere.
*Chiaro che siamo in guerra, ed è una guerra di accerchiamento, ognuno di noi assedia l'altro ed è assediato, vogliamo abbattere le mura dell'altro e mantenere le nostre, l'amore verrà quando non ci saranno più barriere, l'[[amore]] è la fine dell'assedio.
*La gente non se lo sogna neanche che chi finisce una cosa non è mai quello che l'ha cominciata, anche se entrambi hanno un nome uguale, che è solo questo a mantenersi costante, nient'altro.
*È vero che le cicale cantano, ma è un canto che viene da un altro mondo, è lo stridore dell'invisibile sega che sta tagliando le fondamenta di questo.
*Certe domande si fanno soltanto per rendere più esplicita l'assenza di risposta [...].
*[...] il fatto è che punire una volta al giorno è già d'avanzo per un semplice essere umano, e persino Dio non sappiamo se riuscirà a sopportare una così grande responsabilità eternamente. (p. 148)
*Sono così i labirinti, hanno vie, traverse e vicoli ciechi, e c'è chi dice che il modo più sicuro di uscirne è di continuare a camminare e girare sempre dallo stesso lato, ma questo, come siamo obbligati a sapere, è contrario alla natura umana.
*Il mistero della scrittura è che in essa non c'è alcun mistero.
*Un uomo non può camminare a caso, non sono solo i ciechi ad aver bisogno del bastone che tasti un palmo avanti o del cane che fiuti i pericoli, anche un uomo con i propri due occhi intatti ha bisogno di una luce che lo preceda, quello in cui crede o a cui aspira, anche i dubbi servono, in mancanza di meglio.
*Insomma, un popolo che è stato capace di riconoscersi colpevole pubblicamente, anche se in modo implicito, non dovrebbe essere del tutto perduto, dovrebbe avere ancora dentro di sé intatto un principio di bontà, autorizzandoci quindi a concludere, con minimo rischio di errore, che dev'esserci stata una certa precipitazione nella venuta del Salvatore. Mentre oggi sì che ne varrebbe la pena, perché non soltanto i corrotti perseverano nel cammino della loro corruzione, ma sta anche diventando ogni giorno più difficile trovare ragioni per interrompere un linciaggio già cominciato. (p. 161)
*Un uomo non è meno smarrito solo perché va diritto.
*[...] io non faccio che osservare il mondo e imparare da chi sa, il novanta per cento della conoscenza che riteniamo di avere è da lì che ci viene, non da quello che viviamo, ed è sempre là che si trova quello che è soltanto intuito, quella nebulosa informe dove ogni tanto brilla un'improvvisa luce cui diamo il nome di intuizione [...] (p. 187)
*Anche dentro il corpo la tenebra è profonda, e tuttavia il sangue arriva al cuore, il cervello è cieco e può vedere, è sordo e sente, non ha mani e afferra, l'uomo è chiaro, è il labirinto di se stesso.
*Mi ami?, e lei se ne sta zitta, guardandolo soltanto, impassibile e distante, rifiutando di pronunciare quel no che lo distruggerà, o quel sì che li distruggerebbe, concludiamone dunque che il mondo sarebbe assai migliore se ciascuno si accontentasse di quello che dice, senza aspettarsi che gli rispondano, e soprattutto senza chiederlo né desiderarlo.
*È quasi sempre così, un uomo si tormenta, si preoccupa, teme il peggio, crede che li mondo gli chiederà un rendiconto completo, e il mondo è già avanti, a pensare ad altri fatti.
*Questo soldato Mogueime segue Ouroana come chi dalla morte non vede altro modo di allontanarsi, sapendo comunque che se la ritroverà davanti una e tante volte e non volendo credere che la [[vita]] debba essere nient'altro che una serie transitoria di rinvii.
*Non di rado ciò che sta scritto è sfasato rispetto a ciò che, in quanto vissuto, dovrebbe avergli dato origine. Non si domandi pertanto al poeta ciò che ha pensato o sentito, è proprio per non doverlo dire che scrive versi.
*Un uomo deve sempre andare tutto intero se lo chiamano, non può affermare, Ho qui con me questa parte dell'essere che sono, il resto si è attardato per strada.
*Tutti noi soffriamo di una malattia, di una malattia di base, per così dire, che è inseparabile da ciò che siamo e che, in un certo modo, fa ciò che siamo, se anzi non è più esatto dire che ciascuno di noi è la propria malattia, per causa sua siamo così poco, così come per causa sua riusciamo a essere tanto [...].
*Solo una vaga pena inconseguente indugia un poco alla porta del mio animo e dopo avermi un attimo fissato passa, sorridendo di nulla [...]
*In fondo la vita non è molto di più dello starsene sdraiati, convalescenti d'una infermità antica, incurabile e recidivante, con intervalli che chiamiamo salute, un nome glielo dovevamo dare, vista la differenza che c'è fra i due stati.
*Chissà perché le parole si servono tante volte di noi, le vediamo avvicinarsi, minacciare, e non siamo capaci di allontanarle, di tacerle, e così finiamo col dire quel che non avremmo voluto, è come l'abisso irresistibile, cadremo e andiamo avanti.
*La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice.
*Adamo è ogni uomo, ogni donna è Eva, uguali, diversi e necessari, e ciascuno di noi è il primo uomo e la prima donna, unici ogni volta.
*Il corpo, di per sé, potendolo, evita i fastidi, per questo dormiamo alla vigilia della battaglia o dell'esecuzione, per questo, infine, moriamo, quando non riusciamo più a sopportare la luce violenta della vita.
*[..] considerando che non è possibile rimettere niente al posto dello spazio e al posto del tempo da dove qualcosa o qualcuno è stato tolto, [..] ciascuno di noi è unico e insostituibile, dirlo è veramente un luogo comune, ma quando lo diciamo non sappiamo fino a che punto.
*Un uomo deve leggere di tutto, un poco o quel che può, da lui non si pretenda più di tanto, vista la brevità delle vite e la prolissità del mondo. Comincerà da quei titoli che a nessuno dovrebbero sfuggire, i libri di studio, così comunemente chiamati, come se non lo fossero tutti, e questo catalogo sarà variabile in base alla fonte della conoscenza a cui si va a bere e all'autorità che ne governa il flusso [...] .
*Fintanto che taciamo le domande, manteniamo l'illusione di poter venire a sapere le risposte.
*(È come) vivere, nasciamo, vediamo gli altri vivere, ci mettiamo a vivere anche noi, a imitarli, senza sapere perché né per cosa.
*La vita è tutta fatta di [[coincidenza|coincidenze]].
*La vita, qualunque vita, crea i suoi legami, diversi dall'una all'altra, stabilisce un'inerzia che le è intrinseca, incomprensibile per chi dall'esterno osserva criticamente secondo leggi proprie, a loro volta inaccessibili alla comprensione dell'osservato, insomma, accontentiamoci di quel poco che saremo capaci di capire della vita degli altri, loro ci ringraziano e magari ci ricompensano.
*Se i secondi e minuti fossero tutti uguali, come li vediamo indicati sugli orologi, non sempre avremmo il tempo di spiegare quel che dentro di loro succede, il midollo che contengono, per nostra fortuna gli episodi di più ampia significazione capita che avvengano nei secondi lunghi e nei minuti dilatati, perciò è possibile discutere con indugio e particolari certi casi, senza infrangere scandalosamente la più sottile delle tre unità drammatiche, che è precisamente il tempo.
*Il mondo dimentica, te l'ho già detto, il mondo dimentica tutto, Credi che ti abbiano dimenticato, Il mondo dimentica a tal punto da non accorgersi neanche della mancanza di ciò che ha dimenticato.
*La cosa più inutile di questo mondo è il pentimento, in genere chi si dichiara pentito vuol solo conquistare perdono e oblio, in fondo, ciascuno di noi continua a stimare le proprie colpe.
*Saggio è colui che si contenta dello spettacolo del mondo.
*Si dice che il tempo non si ferma, che nulla ne trattiene l'incessante avanzata, lo si dice sempre con queste trite e ritrite parole, eppure non manca chi si spazientisca per la sua lentezza, ventiquattr'ore per fare un giorno, pensate, e quando si arriva alla fine si scopre che non è servito a niente, il giorno dopo è di nuovo così, sarebbe meglio che saltassimo le settimane inutili per vivere una sola ora piena, un folgorante minuto, se tanto può durare la folgore.
 
== ''IlTutti viaggioi dell'elefantenomi'' ==
===[[Incipit]]===
Sopra la cornice della porta c'è una placca metallica lunga e stretta, rivestita di smalto. Su sfondo bianco, le lettere nere annunciano Conservatoria Generale dell'Anagrafe. Lo smalto è crepato e sbrecciato in alcuni punti. La
Per quanto incongruente possa sembrare a chi non tenga in attenta considerazione l'importanza delle [[alcova|alcove]], siano esse sacramentate, laiche o irregolari, nel buon funzionamento delle amministrazioni pubbliche, il primo passo dello straordinario viaggio di un elefante verso l'Austria che ci proponiamo di narrare fu fatto negli appartamenti reali della corte portoghese, più o meno all'ora di andare a letto. Si registri sin da subito che non è un semplice caso se sono state utilizzate qui queste parole imprecise, più o meno. Ci siamo dispensati così, con notevole eleganza, di entrare in particolari di ordine fisico e fisiologico un po' sordidi, e quasi sempre ridicoli, che, tirati in ballo sulla carta, offenderebbero il cattolicesimo rigoroso di dom joão, il terzo, re di portogallo e degli algarvi, e di donna caterina d'austria, sua sposa e futura nonna di quel dom sebastião che andrà a combattere ad alcácer-quibir e laggiù morirà al primo assalto, o al secondo, quantunque non manchi chi afferma che trapassò per malattia alla vigilia della battaglia.
porta è antica, l'ultimo strato di vernice marrone si sta scrostando, le venature del legno, visibili, ricordano una
pelle striata. Ci sono cinque finestre sulla facciata. Appena si varca la soglia, si sente l'odore della carta vecchia. Certo è che non passa giorno senza che in Conservatoria entrino incartamenti nuovi, degli individui di sesso maschile e di sesso femminile che fuori continuano a nascere, ma l'odore non cambia mai, in primo luogo perché il destino di ogni foglio nuovo, subito dopo l'uscita dalla fabbrica, è quello di cominciare a invecchiare, in secondo luogo perché, di solito più spesso sui fogli vecchi, ma tante volte su quelli nuovi, non passa giorno che non si scrivano cause di decessi e relativi luoghi e date, ciascuno apportando i propri particolari odori, non sempre offensivi per le mucose olfattive, come dimostrano certi effluvi aromatici che di tanto in tanto, impercettibilmente, attraversano l'atmosfera della Conservatoria Generale e che i nasi più fini identificano come un profumo composto metà di rosa e metà di crisantemo.
 
===[[Explicit]]===
Il conservatore si alzò, Le lascio qui la chiave, non intendo usarla di nuovo, e senza dare al Signor José il tempo
Settimane dopo arrivò alla corte portoghese una lettera dell'arciduca. Vi si informava che l'elefante solimano era morto, ma che gli abitanti di vienna non lo avrebbero mai dimenticato, giacché aveva salvato la vita di una bambina il giorno stesso in cui era arrivato nella città. Il primo lettore della missiva fu il segretario di stato pêro de alcáçova carneiro che la consegnò al re, mentre diceva, È morto salomone, mio signore. Dom joão terzo fece un gesto di sorpresa e un'ombra di dolore gli rabbuiò il viso. Mandate a chiamare la regina, disse. Donna caterina non tardò, come se indovinasse che la lettera recava notizie che le interessavano, forse una nascita, forse un matrimonio. Ma di nascita e matrimonio non doveva trattarsi, l'espressione del marito raccontava ben altro. Dom joão terzo mormorò, Dice qui il cugino massimiliano che salomone. La regina non lo lascò finire, Non voglio sapere, gridò, non voglio sapere. E corse a chiudersi nella sua camera, dove pianse per tutto il resto del giorno.
di dire qualcosa aggiunse, C'è ancora un'ultima questione da risolvere, Quale, signore, Nella pratica della sua donna
 
sconosciuta manca il certificato di morte, Non sono riuscito a trovarlo, dev'essere rimasto laggiù, in fondo all'archivio, oppure l'ho fatto cadere strada facendo, Finché non lo troverà quella donna non sarà morta, Sarà morta anche se Io troverò, A meno che non lo distrugga, disse il conservatore. Voltò le spalle dopo queste parole, poco dopo si udì il rumore della porta della Conservatoria che si chiudeva. Il Signor José rimase immobile in mezzo alla stanza. Non era necessario riempire un nuovo modulo perché ne aveva già la copia nella pratica. Era necessario, invece, stracciare o bruciare l'originale dov'era stata verbalizzata una data di morte. E poi c'era ancora il certificato di morte. Il Signor José entrò in Conservatoria, si avvicinò alla scrivania del capo, aprì il cassetto dove l'aspettavano la torcia e il filo di Arianna. Si legò un capo del filo alla caviglia e avanzò nell'oscurità.
==''L'ultimo quaderno''==
*È morto [[Mario Benedetti|Benedetti]], un poeta che ha saputo farci vivere i nostri momenti più intimi e le nostre rabbie meno nascoste. Se con le sue poesie siamo scesi in strada – uno accanto all'altro siamo ben più di due –, se leggendo ''Geografias'', per esempio, abbiamo imparato ad amare un paese piccolo e un continente grande, ora, a giudicare dalle lettere che arrivano alla Fondazione, si sono recuperati momenti d'amore che hanno dato senso a tempi passati, e forse anche presenti. Questo pure lo dobbiamo a Benedetti, al poeta che morendo ci ha lasciato in eredità il bagaglio di una vita fuori del comune. (da ''Poeti e poesia'', p. 66)
*La cosa interessante, però, è che la [[Chiesa Cattolica]], nella sua vecchia tradizione di fare il male e il piagnisteo, se ne sta lì a lagnarsi di essere vittima di un ipotetico laicismo "aggressivo", una nuova categoria che le permette di insorgere contro il tutto fingendo di attaccare soltanto la parte. La doppiezza è sempre stata inseparabile dalle tattiche e dalle strategie diplomatiche e dottrinarie della curia romana. (da ''Laicismo'', p. 83)
*Ci sarebbe da essere grati se la Chiesa Cattolica Apostolica Romana smettesse di intromettersi in quello che non la riguarda, cioè, la vita civile e la vita privata delle persone. Non dobbiamo, però, stupirci. Alla Chiesa Cattolica importa poco o niente il destino delle anime, il suo obiettivo è sempre stato controllare i corpi, e il laicismo è la prima porta da cui cominciano a sfuggirle questi corpi, e via facendo gli spiriti, giacché gli uni non vanno senza gli altri dovunque sia. La questione del laicismo non è altro, dunque, che una prima scaramuccia. Il vero e proprio scontro arriverà quando infine si contrapporranno credenza e miscredenza, quest'ultima andando alla lotta con il suo vero nome: [[ateismo]]. Il resto sono giochi di parole. (da ''Laicismo'', p. 83)
*Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano per ben tre volte ha eletto per servirgli da modello, questo è il cammino della rovina verso cui si stanno trascinando i valori che di [[libertà]] e dignità impregnarono la [[musica]] di [[Giuseppe Verdi|Verdi]] e l'azione politica di [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]], quelli che fecero dell'[[Italia]] dell'Ottocento, durante la lotta per l'unificazione, una guida spirituale dell'Europa e degli europei. E questo che la cosa [[Silvio Berlusconi|Berlusconi]] vuole gettare nel cassonetto dei rifiuti della Storia. E gli italiani, glielo permetteranno? (da ''La cosa Berlusconi'', p. 86)
*Lo scrittore, se appartiene al suo tempo, se non è rimasto ancorato al passato, deve conoscere i problemi del tempo in cui gli è capitato di vivere. E quali sono questi problemi oggi? Che non ci troviamo in un mondo accettabile, anzi, al contrario, viviamo in un mondo che sta andando di male in peggio e che umanamente non serve. (da ''Del soggetto su se stesso'', p. 115)
*Lo studio del testo dell'abiura di [[Galileo Galilei|Galileo]] dovrebbe farsi con l'adeguata attenzione in tutte le sedi d'insegnamento del pianeta, qualunque sia la religione dominante, non tanto per confermare quella che oggi è ormai un'ovvietà per tutti, che il Sole sta fermo e la Terra gli si muove intorno, ma come metodo per prevenire l'insorgere di superstizioni, lavaggi del cervello, idee preconcette e attentati vari contro l'[[intelligenza]] e il senso comune. (da ''E pur si muove'', p. 138)
*Il primo riferimento a ''Il processo'' si trova nei ''Diari'', fu scritto il 29 luglio 1914 (la guerra era scoppiata il giorno precedente) e comincia con queste parole: "Una sera, Josef K., figlio di un ricco commerciante, dopo un'accesa discussione che aveva avuto con il padre...". Sappiamo che non è così che prenderà avvio il romanzo. (da ''L'ombra del padre (1)'', p. 149)
*La ''Lettera'' assume, per così dire, la forma e il tono di un libello accusatorio, si pone come un regolamento di conti finale, è un bilancio tra il dovere e l'avere di due esistenze che si scontrano, di due reciproche ripugnanze, per cui non si può respingere l'ipotesi che vi si trovino esagerazioni e deformazioni dei fatti reali, soprattutto quando [[Franz Kafka|Kafka]], nell'epilogo del testo, passa improvvisamente a usare la voce del padre per accusare se stesso... Ne ''Il processo'', Kafka può disfarsi della figura paterna, oggettivamente considerata, ma non della sua legge. (da ''L'ombra del padre (2)'', p. 151)
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
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*José Saramago, ''Caino'', traduzione di Rita Desti, Feltrinelli, 2010. ISBN 88-07-01806-0
*José Saramago, ''Cecità'' (''Ensaio sobre a Cegueira''), traduzione di Rita Desti, Einaudi, Torino, 1995. ISBN 88-06-14866-4
*José Saramago, ''Cecità'' (''Ensaio sobre a Cegueira''), traduzione di Rita Desti, Einaudi, 1996. ISBN 8806141619
*José Saramago, ''Il vangelo secondo Gesù Cristo'' (''O Evangelho segundo Jesus Cristo''), traduzione di Rita Desti, Feltrinelli, 2010. ISBN 88-07-72169-4
*José Saramago, ''Il viaggio dell'elefante'', trad. di Rita Desti, Einaudi, 2009. ISBN 88-06-19433-8
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*José Saramago, ''Oggetto quasi'', traduzione di Rita Desti, Feltrinelli, 2014. ISBN 88-588-1752-4
*José Saramago, ''Saggio sulla lucidità'' (''Ensaio sobre a Lucidez''), traduzione di Rita Desti, Einaudi, Torino, 2004. ISBN 88-06-17941-1
*José Saramago, ''Saggio sulla lucidità'' (''Ensajo sobre a Lucidez''), traduzione di Rita Desti, Einaudi, 2007. ISBN 8806170430
*José Saramago, ''Storia dell'assedio di Lisbona'' (''História do cerco de Lisboa''), traduzione di Rita Desti, Bompiani, 1989. ISBN 88-452-1907-0
*José Saramago, ''Tutti i nomi'' (''Todos os Nomes''), traduzione Rita Desti, Einaudi, 1998. ISBN 88-06-18180-7