Iosif Stalin: differenze tra le versioni

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*Egli non era capriccioso nella sua vita privata; al contrario, era di poche pretese, semplice e cordiale con la servitù e, se dava una lavata di testa, lo faceva solamente con i «capi»: i generali del corpo di vigilanza, i generali-comandanti. La servitù non poteva lagnarsi né di dispotismo, né di crudeltà; al contrario, sovente gli chiedevano di aiutarli in qualcosa e non ricevevano mai un rifiuto.
*Il giardino, i fiori e il bosco intorno erano la distrazione preferita di mio padre, il suo riposo, il suo motivo d'interesse. Personalmente non zappava mai la terra, non prendeva in mano la vanga, come fanno i veri appassionati di gardinaggio. Ma gli piaceva che tutto fosse fatto a modo, curato, che tutto fiorisse in modo lussureggiante, abbondante, che da ogni parte spuntassero frutti maturi e rosseggianti: visciole, pomodori, mele, e questo appunto esigeva dal suo giardiniere e tagliava i rami secchi: questo era il suo unico lavoro in giardino. Ma dappertutto nel giardino, nel bosco (anch'esso curato, mondato, come un parco) c'erano qua e là vari chioschi con il tetto o senza, o anche semplicemente un piancito di assi con un tavolino, un divano di vimini, una sedia a sdraio. Mio padre vagava sempre per il giardino e sembrava che si cercasse un posto comodo e tranquillo, che lo cercasse e non lo trovasse...
*Lui amava la Russia, si era legato d'amore alla Siberia, alle sue severe bellezze e alla sua gente rozza e taciturna, non poteva soffrire le «onoranze feudali» che gli tributavano i georgiani. Si ricordò della Georgia solamente quando cominciò a invecchiare.
*Mio padre non amava gli oggetti, la sua vita privata era puritana, egli non si esprimeva negli oggetti; e la casa, le stanze, gli alloggi che sono rimasti non lo esprimono.
*Mio padre viveva come uno studente povero: aveva una stanza nella quale dormiva su un divano e lavorava ad un semplice tavolo...
*Non conosco un solo georgiano che abbia tanto dimenticato le proprie caratteristiche nazionali e abbia amato con tanta forza tutto ciò che era russo. Già in Siberia mio padre aveva cominciato ad amare la Russia nel modo più vero: e la gente, e la lingua e la natura. Egli ricordava gli anni di deportazione come se per lui fossero stati semplicemente tutta una partita di pesca, di caccia, e passeggiate attraverso la grandiosa ''taiga''. E quest'amore rimase in lui per sempre.
*Non credo affatto che i metodi indiscriminati e senza scrupoli di mio padre fossero necessari per il raggiungimento dei fini che egli si era proposto.
*Quando l'hanno messo nel mausoleo nessuno mi ha chiesto cosa ne pensavo. Ora hanno deciso di portarlo via e di nuovo non mi chiedono niente. Pensano che io non ci sia più. E invece io esisto.