Vincenzo Consolo: differenze tra le versioni

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*Arrivammo a [[Pantalica]], l'antichissima Hybla, ci arrampicammo su per sentieri di capre, entrammo nelle tombe della necropoli, nelle grotte-abitazioni, nei santuari scavati nelle ripide pareti della roccia a picco sulle acque dell'[[Fiume Anapo|Anapo]]. Il vecchio parlava sempre, mi raccontava la sua vita, la fanciullezza e la giovinezza passate in quel luogo. Mi diceva di erbe e di animali, dei serpenti dell'Anapo, e di un enorme serpente, la biddina, fantastico drago, che pochi hanno visto, che fàscina e ingoia uomini, asini, pecore, capre. Fermo sulla soglia, sotto l'arco d'una grotta, tra la luce e l'ombra, lo guardavo questo vecchio sopravvissuto, la faccia nera e rugosa, le grosse mani terrose, e mi sembrava che, dopo millenni, uscisse in quel momento dal fondo buio della grotta, estraneo, remoto, metafisico.
*Ma che siamo noi, che siamo?... Formicole che s'ammazzano di travaglio in questa vita breve come il giorno, un lampo. In fila avant'arriere senza sosta sopra quest'aia tonda che si chiama mondo, carichi di grani, paglie, pùliche, a pro' di uno, due più fortunati. E poi? Il tempo passa, ammassa fango, terra sopra un gran frantumo d'ossa. E resta, come segno della vita scanalata, qualche scritta sopra d'una lastra, qualche scena o figura.<ref>Citato in ''[http://www.lavocedinewyork.com/arts/libri/2014/01/21/vincenzo-consolo-e-il-ritratto-di-una-sicilia-suggestiva-e-straziante/ Vincenzo Consolo e il ritratto di una Sicilia suggestiva e straziante]'', ''La Voce di New York.com'', 21 gennaio 2014.</ref>
*Ignazio si mise a raccontare la vita di Rosa, la cantante popolare, una vita di disgraziata, di emarginata; di Rosa che accoltella il marito; di Rosa, sagrestana in una chiesa, che ruba i soldi dalla cassetta delle elemosine e scappa a Firenze per assistere al funerale del padre morto impiccato; della forza di Rosa, della vitalità di Rosa. (da ''Malaphorus'', p. 109)
*[[Antonino Uccello|Uccello]] si chiamava e somigliava a un uccello. Era piccolo e magro, la testa aveva minuta, sormontata da un ciuffetto di capelli fini e bianchi, l'occhio tondo e vivace, le guance incavate, un naso affilatissimo, le labbra sottili, il mento a punta. Una vocetta fine poi, melodiosa. Antonino Uccello era canario, cardello e codatremula. Era poeta non laureato, ma aveva pubblicato vari libretti di versi preziosi e delicati. Era maestro e per questo s'era fatto piccione migratore, nel '47 si era trasferito a Cantù, nella Brianza. (da ''La casa di Icaro'', pp. 119-120, 1990)