Geminello Alvi: differenze tra le versioni

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*Il [[Zeppelin|dirigibile]] si sollevò male fuori dalla rimessa, cadde e tirato dalle correnti fu recuperato a fatica. Nel gennaio 1906 un altro tentativo e la rinnovata catastrofe: gonfiata troppo, l'aeronave salì rapida ma venne rovesciata dal vento per via della rottura del motore. L'atterraggio di fortuna riuscì, però un uragano completò la distruzione. Il conte ordinò che fosse fatta a pezzi e pareva finita; invece una seconda lotteria di 500 mila marchi in Prussia permise che LZ3 fosse pronto in autunno. Così il 9 ottobre 1906 per cento chilometri in due ore con velocità di almeno 12 metri al secondo l'argentea nube veleggiò in maestosa calma, reggendo la gondola con dentro il conte [[Ferdinand von Zeppelin|Zeppelin]] e la figlia: in veletta, bella e svagata. Navigarono beati tra le funi e dietro l'elica di noce, splendida, che invertiva il senso di rotazione a comando. (da ''Ferdinand von Zeppelin, navigatore'', pp. 15-16)
*Fiero nel suo torace, nudo e rosaceo, di centimetri centoventotto reso ancora più immenso dai braccioni brevilinei, dal culo basso, dagli stinchi ornati sotto il ginocchio dai reggicalze: così [[Giovanni Raicevich]], che era alto solo metri uno e settantadue, s'atteggiava in attesa del lampo fumante d'un fotografo al Teatro Dal Verme di Milano in quel 1909. La rasatura dei capelli, da galeotto, gli peggiorava la brevità d'una fronte già non alta. Eppure i suoi occhi miti tradivano quell'inclinazione al cruccio e a turbarsi, di cui pugilisti e lottatori facilmente soffrono. (da ''Giovanni Raicevich, lottatore'', p. 42)
*{{NDR|Su [[Giovanni Raicevich]]}} Fu nel 1915 volontario in guerra e perciò condannato a morte dall'Imperatore Cecco Beppe. Dopo la guerra recitò anche da Tarzan, dissipando nel cinema quanto aveva accumulato in epiche lotte. Fu attore, finanziatore di film in cui si dava la parte di punire i malvagi esibendosi in supreme prove di forza. Uomo fortissimo e buono, visse placido e assorto con modestissima pensione, ma sempre pronto all'aiuto di chicchessia. Morì a Roma nel 1957. E solo i più vecchi rammentarono che per suo merito la «[[La Gazzetta dello Sport|Gazzetta dello Sport]]» aveva superato le centomila copie, e che per tutti egli era stato una volta: l'uomo più forte del mondo. (da ''Giovanni Raicevich, lottatore'', pp. 45-46)
*{{NDR|Su [[Jules Védrines]]}} I giornali rimemorarono le sue imprese e pubblicarono l'incredibile foto di tre mesi prima: sullo sfondo di cinque o sei fasciati in eleganti cappotti che guardavano da una ringhiera il cielo plumbeo, c'erano i tetti di Parigi, e un aereo traballante, quello di Védrines, ripreso dal fotografo mentre stava per atterrare sopra l'ultimo piano delle Galeries Lafayette. (da ''Jules Védrines, temerario'', p. 48)
*Caddero come birilli a terra, tutti uno dopo l'altro: l'aereo si schiantò su un tetto adiacente, ma Védrines come un gatto era intanto saltato fuori, sulla terrazza, in salvo. Il gesto e la meraviglia amplificata dai giornali lo eccitarono a spacconate ancora più temerarie. Promise che gli sarebbe riuscito di volare da Parigi a Roma in due giorni. E ci sarebbe riuscito, se quella sera del 21 aprile 1919 il suo aeroplano non avesse perso un'ala, staccandogli l'anima linguacciuta dal corpo. (da ''Jules Védrines, temerario'', p. 50)