Geminello Alvi: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Su [[Jules Védrines]]}} I giornali rimemorarono le sue imprese e pubblicarono l'incredibile foto di tre mesi prima: sullo sfondo di cinque o sei fasciati in eleganti cappotti che guardavano da una ringhiera il cielo plumbeo, c'erano i tetti di Parigi, e un aereo traballante, quello di Védrines, ripreso dal fotografo mentre stava per atterrare sopra l'ultimo piano delle Galeries Lafayette. (da ''Jules Védrines, temerario'', p. 48)
*Caddero come birilli a terra, tutti uno dopo l'altro: l'aereo si schiantò su un tetto adiacente, ma Védrines come un gatto era intanto saltato fuori, sulla terrazza, in salvo. Il gesto e la meraviglia amplificata dai giornali lo eccitarono a spacconate ancora più temerarie. Promise che gli sarebbe riuscito di volare da Parigi a Roma in due giorni. E ci sarebbe riuscito, se quella sera del 21 aprile 1919 il suo aeroplano non avesse perso un'ala, staccandogli l'anima linguacciuta dal corpo. (da ''Jules Védrines, temerario'', p. 50)
*Le foto ritraggono l'intrepido pioniere in canotta del volo librato: Otto Lilienthal meticoloso e assai candido. Identico allora nell'anima a quando da bambino spiava meravigliato in Pomerania il volo planato dei gabbiani o quello ampio delle cicogne, costruiva rozze ali di legno e correva in discesa col fratellino, nelle notti di luna perché nessuno vedesse e li deridesse. A tredici anni erano già orfani. Tuttavia calmo Otto si laureò in ingegneria meccanica. Sperimentò con scientifico furore un velivolo fatto di palissandro e piume d'oca, che aveva ali mobili a valvole, e l'altro mirabile con sei ali in tandem, che si sbattevano a gruppi di due in moto alternato. Ma delle due macchine nessuna volava. (da ''Otto Lilienthal, pioniere del volo'', p. 60)
*{{NDR|Su [[Giovanni Gerbi]]}} È pur vero che fu primo nel Giro della Lombardia di quell'anno. Ma al casello di Busseto s'accordò col casellante perché chiudesse il passaggio a livello dietro di lui; e al medesimo casello i suoi tifosi trattennero i francesi Garrigou e Petit Breton; e il gregario Chiodi che aveva prezzolato per esserne allenato, durante la corsa per eccesso di zelo cadde addosso ai sopraddetti francesi; e Chiodi stesso poi, scontento per quanto poco Gerbi l'avesse pagato, confessò l'inghippo e il suo zelo prezzolato. Ma soprattutto nel finale del Giro, subito dopo Monza, fu trovata una benda di cuoio con dentro infissi dei chiodi in serie; accanto c'erano due paracarri. Fu la prova incontrovertibile che costrinse alla squalifica del collerico brachicefalo Gerbi. (da ''Giovanni Gerbi, ciclista'', pp. 91-92)