Giuseppe Tomasi di Lampedusa: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*Il ragazzo divenneera diventato serio: il suo volto triangolare assunse una inaspettata espressione virile. "Parto, zione, parto fra mezzun'ora. Sono venuto a salutartidirti addio." Il povero Salina si sentìsentí stringere il cuore. "Un duello?" "Un grande duello, zio. ControUn duello con Franceschiello Dio Guardi. Vado nelle montagne, a CorleoneFicuzza; non lo dire a nessuno, sopratutto non a Paolo. Si preparano grandi cose, zionezio, ed io non voglio restarmenerestare a casa,. dove,Dove del resto, mi acchiapperebbero subito, se vi restassi." Il Principe ebbe una delle sue solite visioni improvvise: una crudele scena crudele di guerriglia, schioppettate nei boschi, ed il suo Tancredi per terra, sbudellato come quel disgraziato soldato. "Sei pazzo, figlio mio! Andare a mettersi con quella gente!. Sono tutti mafiosi e imbroglioni. Un Falconeri dev'essere con noi, per il Re." Gli occhi ripresero a sorridere. "Per il Re, certo, ma per quale Re?" Il ragazzo ebbe una delle sue crisiaccessi di serietà che lo rendevano impenetrabile e caro. "Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto [[cambiamento|cambi]]. Mi sono spiegato?" Abbracciò lo zio un po' commosso. "Arrivederci a presto,. Ritornerò col tricolore." La retorica degli amici aveva stinto un po' anche su suo nipote; eppure no., Nellanella voce nasale vi era un accento che smentiva l'enfasi. Che ragazzo! Le sciocchezze e nello stesso tempo il diniego delle sciocchezze. (pp. 40-41-42)
*Aprí una delle finestre della torretta. Il paesaggio ostentava tutte le proprie bellezze. Sotto il lievito del forte sole ogni cosa sembrava priva di peso: il mare, in fondo, era una macchia di puro colore, le montagne che la notte erano apparse temibilmente piene di agguati, sembravano ammassi di vapori sul punto di dissolversi, e la torva Palermo stessa si stendeva acquetata attorno ai conventi come un gregge al piede dei pastori. Nella rada le navi straniere all'ancora, inviate in previsione di torbidi, non riuscivano ad immettere un senso di timore nella calma maestosa. Il sole, che tuttavia era ben lontano dalla massima sua foga in quella mattina del 13 maggio, si rivelava come l'autentico sovrano della Sicilia: il sole violento e sfacciato, il sole narcotizzante anche, che annullava le volontà singole e manteneva ogni cosa in una immobilità servile, cullata in sogni violenti, in violenze che partecipavano all'arbitrarietà dei sogni. «Ce ne vorranno di Vittorî Emanueli per mutare questa pozione magica che sempre ci viene versata!». (p. 53)
*Per il Principe, però, il giardino profumato fu causa di cupe associazioni di idee. "Adesso qui c'è buon odore, ma un mese fa..." Ricordava il ribrezzo che le zaffate dolciastre avevano diffuso in tutta la villa prima che ne venisse rimossa la causa: il cadavere di un giovane soldato del 5° Battaglione Cacciatori che, ferito nella zuffa di S. Lorenzo contro le squadre dei ribelli era venuto a morire, solo, sotto un albero di limone. [...] Quando i commilitoni imbambolati lo ebbero poi portato via un De Profundis per l'anima dello sconosciuto venne aggiunto al Rosario serale; e non se ne parlò più. [...] L'immagine di quel corpo sbudellato riappariva però spesso nei ricordi come per chiedere che gli si desse pace nel solo modo possibile al Principe: superando e giustificando il suo estremo patire in una necessità generale. Perché morire per qualche d'uno o per qualche cosa, va bene, è nell'ordine; occorre però sapere o, per lo meno, esser certi che qualcuno sappia per chi o per che si è morti; questo chiedeva quella faccia deturpata; e appunto qui cominciava la nebbia.